Negli ultimi giorni si è parlato tanto del coronavirus e della possibilità che questo si diffonda su scala globale diventando un’epidemia. Allo stato attuale delle cose solo la Cina si sta confrontando con un’epidemia, mentre nel resto dei Paesi sono stati riscontrati pochi casi isolati. Da noi, ad esempio, gli unici test negativi riguardano due turisti cinesi che si trovavano a Roma. Gli altri casi sospetti, invece, hanno dato esito negativo, compresi i turisti della Crociera che si trovava in Costa Smeralda.
Insomma al momento non c’è ragione di temere che i casi isolati che si sono verificati in Italia portino ad una diffusione epidemica del virus. Tanto più che il governo ha dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi e stanziato fondi per la diagnosi ed il contenimento della malattia. Misura questa che viene applicata in modo preventivo per evitare proprio una diffusione su larga scala.
sul Coronavirus, il prof. Mantovani
Proprio per spiegare quali potrebbero essere i rischi derivanti dalla diffusione del coronavirus, il ‘Corriere‘ ha intervistato Alberto Mantovani, direttore scientifico dell’Humanitas di Milano. Questo ha spiegato in prima istanza: “Al momento, la prima linea di difesa nei confronti di questa emergenza che sta diventando globale, è la diagnostica: cioè la possibilità di intercettare l’infezione in tempi rapidi con test a basso costo. E di conseguenza la possibilità di mettere in atto tutte le misure di contenimento disponibili per consentire l’isolamento dei malati infetti e impedire il contagio. È quello che sta avvenendo nel nostro Paese e in tutto il mondo Occidentale, che si può ritenere abbastanza al sicuro”.
Insomma in Italia e nei Paesi con un sistema sanitario avanzato possiamo ritenerci abbastanza sicuri che l’infezione non diventi un’epidemia. Diverso il discorso per quelli, come gli stati africani, il cui sistema sanitario è carente già in situazioni ordinarie. Lo stesso Mantovani infatti dice: “La vera preoccupazione riguarda, appunto, le aree povere, l’Africa innanzitutto, dove la mancanza di infrastrutture sanitarie è una seria minaccia al diffondersi su larga scala dell’infezione”. Bisogna specificare che i tassi di mortalità del coronavirus sono bassi (circa il 3%), ma ovviamente in caso di un alto numero di contagi i decessi saranno proporzionati.
La questione vaccini
L’esperto si sofferma poi sulla questione cure e vaccini. Al momento infatti non esiste un farmaco specifico e gli esperti stanno lavorando per verificare che alcuni farmaci già esistenti possano funzionare anche nel contrasto di questo virus. Lo stesso Mantovani lo spiega chiaramente: “Ci sono antivirali utilizzati in infezioni da altri virus con successo, ma occorre tempo per testarli anche sul nuovo Coronavirus”. Stesso discorso per i vaccini, per i quali ci vorrà anche più tempo prima che ne venga sintetizzato uno efficace: “Costruire un vaccino richiede molto tempo e molta ricerca”.
Infine l’esperto spiega che al momento è impossibile sapere quale sia la durata di questa infezione virale. La speranza è che, essendo un virus simile a quello della Sars, si possa esaurire rapidamente: “Per i Coronavirus, ci si deve basare sui dati della Sars, la sindrome severa respiratoria che si è diffusa nel 2002-2003, sempre provocata da un virus di questo tipo: alla fine si è esaurita con pochi decessi. Meno di quelli che si verificano con l’influenza stagionale dalle nostre parti, per chi non si vaccina”.
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