L'avvicendamento, alla viglia del Festival di Sanremo, alla direzione di Rai Uno, ha generato qualcosa di insolito che, dispiace dirlo, non avremmo voluto constatare.
Il progetto di Sanremo con Amadeus - che per noi è un onesto professionista, senza infamia e senza lode; che, comunque, ha retto il Festival, anche con l'aiuto preziosissimo della 'spalla' Fiorello, consentendo che si svolgesse senza troppi scossoni, salvo le sue improvvide dichiarazioni della vigilia sul 'passo indietro' delle donne - di cui si è appropriato Coletta, nuovo direttore di Rai Uno, nominato pochi giorni prima dell'inizio del Festival di Sanremo, era stato in realtà seguito ed anche difeso da critiche rivelatesi ingiuste, dalla De Santis che ha lasciato, suo malgrado, rete e festival nelle mani di Coletta.
Tutto normale in un'azienda, se il capo in testa decide in qualuqnue momento di cambiare i vertici dei rami d'azienda, anche se le circostanze avrebbero dovuto consigliargli di effettuare tali cambi o un pò prima o un pò dopo.
Non è, invece, normale che il nuovo direttore, Coletta, non abbia, nelle reiterate presenze in video a fianco dei protagonisti del festival e dei campioni dell'auditel della sua rete, mai fatto il nome della De Santis, per renderle almeno, a battaglia (processuale) contro l'azienda appena iniziata, l'onore delle armi.
Semplicemente occorreva che avesse detto, almeno una volta, una volta sola, che il merito del successo di questo festival "va anche a chi mi ha preceduto alla direzione di Rai Uno, cioè la De Santis", la quale ha seguito l'organizzazione di Sanremo, fin quasi alla conferenza stampa precedente il debutto.
Cosa gli sarebbe costato a Coletta fare quella dichiarazione, doverosa sotto qualunque profilo la si esamini? Male ha fatto a tacerla.
Questa storia di palese 'irriconoscenza' ce ne ha fatto venire in mente una analoga, di una ventina di anni fa, occorsa in ambito musicale, che è quello che conosciamo meglio.
Verso la fine dell'anno 2000 i Berliner organizzarono una loro tournée in Europa; meglio una 'residenza' in Europa, e la capitale prescelta era stata Parigi. Senonchè deve essere successo qualcosa, che ora non ricordiamo ma che non ha peso nella storia che vi stiamo raccontando, per cui i Berliner offrirono a Roma quella residenza' di una settimana, nel corso della quale avrebbero eseguito sinfonie e concerti di Beethoven, sotto la direzione di Abbado, appena ripresosi dalla grave malattia, ma ancora evidentemente sofferente, e con il contributo di solisti di gran nome. Quella settimana beethoveniana a Roma si svolse a gennaio del 2001, e coincise - permetteteci di ricordarlo - con l'inizio della nostra collaborazione con il quotidiano Il Giornale, che si è poi protratta per oltre un decennio.
(Una successiva 'residenza' a Roma di Abbado, nel 2005, ma con l'Orchestra di Lucerna, favorì e coincise con lo sbocciare di un fiore che si è poi appassito nel breve volgere di qualche stagione: la cosiddetta Compagnia della Musica in Roma, che contribuì concretamente a quell'iniziativa come anche ad altre, capeggiata da Ludovica Rossi Purini, che, come s'è visto poi, ha mutato quel 'mecenatismo' musicale nel presenzialismo salottiero nella Capitale).
Torniamo alla 'residenza' del 2001. Chi aveva trattato con i Berliner per la settimana a Roma, era stata l'allora presidente di 'Musica per Roma', la 'ricordiana' Mimma Guastoni, un tempo suo editore, con la quale avrebbe dovuto avere un certo riguardo. E invece no. Spietato!
Nel tempo intercorso fra l'accordo con i Berliner e lo svolgimento della serie di concerti ( che furono ospitati nell' Auditorium di via della Conciliazione , non essendo ancora pronto il nuovo Auditorium di Renzo Piano, ci fu un terremoto dirigenziale nella Roma musicale, con lo sbarco di Luciano Berio, prima come commissario dell'Accademia di Santa Cecilia e poi come Sovrintendente (I danni che a Roma ha fatto Berio e il suo cattivo rapporto con la città, li raccontammo - senza partigianeria nè sconti per l'una o per l'altro- all'indomani della sua morte, su Il Giornale, dettando un necrologio non proprio esaltante da Parigi, dove eravamo per lavoro.
Torniamo alla tournée-residenza dei Berliner, nel corso della quale Berio, appena insediatosi, si attribuì tutto il merito di averli fatti sbarcare a Roma, quando invece lui se li trovò senza che avesse mosso un dito. Mai che fosse una volta citò il suo predecessore per ringraziarlo di quell'inizio strepitoso della sua sovrintendenza ceciliana, del quale si pavoneggiò senza averlo nè promosso nè organizzato.
Berio fece la stessa cosa con la Guastoni che oggi ha fatto Coletta con la De Santis. E non è bbuono!
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