Per carità, si tratta di un problema di nessun o pochissimo conto, ma che comunque non può sfuggire a chi si occupa di musica ed osserva con occhio critico la vita musicale in Italia.
In questi giorni, mentre Tony Pappano è impegnato a Londra, sbarcano a Santa Cecilia - Roma - due direttori di pari importanza, all' italo americano.
Riccardo Chailly torna nella Capitale dopo molti anni; ed è davvero difficile accettare che un direttore del suo rango, italiano per giunta, non venga a Roma, a dirigere regolarmente.
E Daniele Gatti che, come fa ogni anno, anche anche dopo che è diventato 'direttore musicale' all'Opera, dirige a Santa Cecilia.
Diverso il passato dei due: Chailly è milanese e a Roma ha studiato molti anni fa; Gatti, anch'egli milanese, a Roma ci è già stato prima dell'incarico all'Opera, a santa Cecilia, dove per alcuni anni - quand'era giovane e la gioventù fu anche causa di incomprensioni, ora sanate - è stato 'stabile' in Accademia.
Chailly e Gatti, intervistati, hanno toccato un problema ricorrente ed irrisolto, al quale hanno fornito la solita falsa ed ipocrita giustificazione.
Ad ambedue i giornalisti hanno chiesto perchè non dirigono regolarmente nelle istituzioni musicali importanti d'Italia. E perché quando lo fanno, rarissimamente, impongono la 'propria' orchestra.
Gatti: anche Pappano, come io dall'Opera vado anche a dirigere Santa Cecilia, dovrebbe da Santa Cecilia venire all'Opera.
Riflessione giustissima, alla quale però sia lui che Chailly e lo stesso Pappano, in interviste precedenti, hanno dato la stessa ipocrita risposta: gli impegni già sottoscritti non ci concedono queste uscite fuori del perimetro delle nostre 'proprie' orchestre ed istituzioni.
A noi, comunque la mettiamo, questa risposta sembra pura follia,
e ci fa venire alla mente tempi lontanissimi, quando ad esempio, Pierre Boulez veniva a Roma (ci sembra di ricordare che accadeva anche con Igor Stravinskij) a dirigere all'Accademia Filarmonica, anche per l'amicizia che lo legava alla mitica sg.ra Adriana Panni, ma a Santa Cecilia, in quegli anni, non ci andava mai.
Un altro caso, riguardò un celebre pianista, che ci era amico: Gyorgy Sandor. E' venuto a Roma a suonare a Santa Cecilia solo negli ultimi anni della sua vita e carriera (suonò Bartok diretto da Gatti, a Via della Conciliazione; di lui ci disse di ammirare oltre che la bravura la formidabile memoria!), mentre per anni suonava al Teatro Ghione, lui che era stato ed era ancora una star mondiale, in un buco di sala.
Ecco tutte queste, che sono idiozie inutili, dovrebbero oggi finire e dar luogo a scambi normali: ad esempio, Gatti va a dirigere, semel in anno, Santa Cecilia, Pappano dovrebbe fare altrettanto con l'Opera, in concerto, e Chailly venire a dirigere regolarmente a Roma e invitare alla Scala i suoi pari grado.
( A questa lista potremmo anche aggiungere Riccardo Muti che sembra sempre lì lì per tornare a dirigere alla Scala, o anche a Santa Cecilia e all'Opera di Roma, ed invece non ci va, se non con la sua attuale orchestra di Chicago).
Farebbero anche capire al pubblico che per le ripicche di un tempo, non c'è più spazio fra musicisti che vanno ogni giorno predicando che la musica è la lingua più universale e che ha anche il compito di mettere pace tra fratelli. E poi nei fatti si comportano come fratelli 'coltelli'.
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