Patrick George Zaky “ha chiesto di essere visitato da un medico legale per mettere agli atti le tracce della tortura subita”. Lo riferisce Hoda Nasrallah, uno degli avvocati che segue il caso dello studente egiziano dell'Università di Bologna arrestato al Cairo. “È stato sottoposto a scosse elettriche e colpito, ma in maniera da non far vedere tracce sul suo corpo”, dice la legale contattata dall'Ansa al Cairo.
Ventisette anni, da venerdì si trova in carcere con le accuse di istigazione a proteste e propaganda di terrorismo, dopo il suo arresto avvenuto non appena messo piede in Egitto. Per il ricercatore, che secondo i legali egiziani ha già subito torture, con modalità che richiamano la fine tragica di Giulio Regeni, ora dopo ora diventa sempre più forte la mobilitazione di politica e società civile.
Proprio l’attenzione richiamata dall’Italia ha innescato l’attenzione del Servizio europeo per l’azione esterna (Seae), l’organismo che gestisce le relazioni diplomatiche dell’Ue con altri Paesi al di fuori dell’Unione, guidato dall’Alto rappresentante Josep Borrell. Il portavoce Peter Stano, ha spiegato che il Seae è “al corrente del caso” di Zaky e lo sta “valutando” con la sua delegazione Ue al Cairo.
L’Unione europea “sta cercando di stabilire tutti i fatti, e se sarà necessaria un’iniziativa l’Unione sosterrà in pieno le autorità italiane”. “Nulla è inutile in questa fase – sottolinea Riccardo Noury, portavoce di Amnesty in Italia – ma ci aspettiamo un’azione incisiva e costante a partire dalla presenza di osservatori Ue all’udienza o alle udienze che seguiranno, la prima delle quali il 22 febbraio”.
Questa è una prima data clou per il destino di Zaky, al netto di novità precedenti: il 22, infatti, scadono i 15 giorni della prima ordinanza e quindi ci sarà a Mansoura un’udienza per decidere se rinviare a giudizio il ricercatore, se prorogare di altri 15 giorni la detenzione per supplemento di indagini o nel caso più favorevole se disporre il rilascio del 27enne.
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