martedì 28 novembre 2023

EXPO 2030. Ha vinto Riad con 119 preferenze dei 182 delegati. Roma terza, anche dopo Burian ( Corea) che ha avuto 29 voti, con soli 17 voti ( da Il Messaggero, di Francesco Bechis)


Expo 2030, la delusione del governo per il terzo posto. Il nodo degli alleati Ue: chi (non) ha votato per Roma?
Expo 2030, la delusione del governo per il terzo posto. Il nodo degli alleati Ue: chi (non) ha votato per Roma?

Delusione, rabbia. Le bocche sono cucite ma parlano gli sguardi. A Palazzo Chigi attendevano con ansia e scetticismo il responso di Expo 2030. La sfida finale tra Roma, Riad e la coreana Busan per accaparrarsi una kermesse da 50 miliardi di euro. Ha vinto Riad, anzi ha stravinto la capitale saudita: 119 voti, quasi i due terzi. Roma è terza su tre, solo 17 preferenze.

La delusione

E' il "worst scenario" a cui si era preparata la premier Giorgia Meloni e con lei chi nel governo ha lavorato alla corrida di Roma Expo 2030. Che sarebbe stata difficile, tutti lo sapevano e per questo forse, conti alla mano, la premier e i ministri negli ultimi mesi avevano fatto più di un passo indietro dai riflettori.

L'ultimo blitz a giugno, con il viaggio della presidente del Consiglio a Parigi, a margine del bilaterale con Emmanuel Macron, il discorso all'assemblea generale del Bureau international des expositions, l'arringa per chiedere di votare compatti Roma. Tra ricevimenti, feste in ambasciata, fontane, giochi d'acqua e spettacoli per conquistare alla causa i 182 delegati del Bureau che avrebbero votato in finale. Non è bastato, evidentemente. Così come non è bastato l'impegno corale del comitato promotore Expo 2030, dei ministri e della stessa premier Meloni nella tessitura di una rete diplomatica trasversale: Ue, Africa, Asia, Stati Uniti.

I conti e la realtà

Il borsino in mano al governo, nelle ultime settimane, prevedeva ben altre cifre al primo turno della votazione finale. Tra i trenta e i quaranta voti. Più o meno quelli conquistati dalla sudcoreana Busan, protagonista di un sorpasso finale non del tutto inatteso ma certo molto doloroso: Roma era data per favorita al ballottaggio. E invece i sauditi hanno fatto en plein, sbaragliando la concorrenza.

Si infrange a Parigi il sogno di un'Expo capitale, del maxi-progetto che avrebbe rinnovato l'intera area sud-Est della Città Eterna, con il più grande parco solare al mondo progettato dall'archistar Carlo Ratti, un inno ai "popoli e ai territori" contrapposto ai pantagruelici piani sauditi. Non è bastata la discesa in campo delle istituzioni Ue con il sostegno aperto della rete diplomatica comunitaria.

Il nodo della diplomazia

Se il tabellone finale non mente, sono pochi, troppo pochi i voti incassati dai Paesi Ue. Che mancano all'appello - della Francia di Macron si sapeva, il voto alla saudita Riad era stato informalmente annunciato dall'Eliseo, un'altra spina nel fianco dei rapporti tra cugini d'Oltralpe - gli altri Stati membri Ue erano invece un'incognita.

Un mistero, ora, ricostruire le ragioni di questa defaillance. E pensare che in ogni bilaterale con i leader europei, ma non solo, Meloni non ha mancato di mettere sul tavolo la sfida Expo, di chiedere un sostegno aperto alla candidatura della Capitale. Si erano esposti gli Stati Uniti, si è esposto il Brasile di Lula, il Nord e il Sud del mondo. Chissà cosa è successo, però, nel segreto dell'urna.


I contraccolpi

La strategia italiana puntava molto sul secondo voto. Grazie anche a un patto informale siglato a Roma con i coreani: chi tra Roma e Busan sarebbe andata al ballottaggio, avrebbe ricevuto il sostegno e (almeno questa era la speranza) una parte del "pacchetto" di voti dell'altra concorrente eliminata. Ma l'en plein saudita ha chiuso tutto al primo turno. 

Sfuma l'Expo e ci vorrà tempo per attutire il colpo a Palazzo Chigi, dove l'incasso della quarta rata del Pnrr offre una consolazione in una giornata non proprio rosea. Ai piani alti del governo nessuno si espone, qualcuno a microfoni spenti cerca una spiegazione. C'è il tema del fair play e dei finanziamenti sauditi - soldi in cambio di voti - che hanno segnato una campagna elettorale che ai più è sembrata una campagna acquisti. Tant'è. Ma il dado ormai è tratto.  

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