Non capita a tutti di avere in casa un’opera di Gian Lorenzo Bernini, ancor più raro è possederne un dipinto, essendo l’artista barocco noto soprattutto come architetto e scultore. Ma c’è addirittura chi è cresciuto circondato da due opere e da piccolo si lanciava con i fratelli la colombina dello stemma Pamphilj posta sul modello della Fontana dei quattro fiumi – colombina che, non a caso, non è arrivata fino a noi. Parliamo dei discendenti dello scultore, che fino al secolo scorso hanno abitato Palazzo Manfroni Bernini, in via del Corso a Roma.
Quattro dipinti provenienti da quella collezione di famiglia sono ora ospitati in un’altra collezione domestica e familiare, quella della Casa Museo Zani di Cellatica (“Bernini privato. La forza e l’inquietudine”, fino a domenica 19). Aperta al pubblico nel 2020, dopo la morte del collezionista e imprenditore bresciano Paolo Zani, la casa museo è uno scrigno di arte e arredo barocco e rococò. E le opere del Bernini sono accolte tra le sculture in legno dorato e le console realizzate dai suoi allievi.
Pezzo forte i dipinti. Il figlio di Gian Lorenzo, Domenico, nella sua biografia gliene attribuiva tra i 150 e i 200, ma oggi di questi ne conosciamo solo 25. «Il motivo è semplice», spiega l’erede e proprietario delle opere Fabiano Forti Bernini – non lui ma il nonno giocava da piccolo con la colombina Pamphilj. «Gian Lorenzo dipingeva solo per diletto e per studio personale, in alcuni casi propedeutico alla realizzazione di opere successive, quindi i suoi dipinti non furono mai ufficialmente commissionati, eccezion fatta, probabilmente, per i ritratti di Urbano VIII. Ne consegue che molti dipinti realizzati da Bernini si siano persi e negli inventari spesso siano riportati senza l’attribuzione al maestro». Da qui la missione che Forti Bernini si è dato negli anni: «Scovarne altri per ricostruire la più grande raccolta privata berniniana, sia come sculture che come pittore».
Le quattro tele protagoniste della mostra bresciana – tre soggetti religiosi e un ritratto – sono state esposte raramente al pubblico, una per la prima volta. A queste si affianca un bronzetto del David della Galleria Borghese, anche questo dalla collezione privata dell’erede, realizzato dagli allievi su suo disegno. In un periodo in cui molti talentuosi plastificatori romani si cimentavano nella produzione di piccoli manufatti come souvenir del viaggio in Italia, Bernini continuava a prediligere il monumentale, limitandosi a fornire il disegno per le sculture in piccolo formato.
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