Durante i lunghi mesi di chiusura dei teatri, alcuni in Italia si sono inventati un modo per non fare 'arrugginire' le maestranze e i musicisti, con le braccia incrociate per mesi e mesi. E l'Opera di Roma, guidata da Carlo Fuortes, decise di produrre, con/per Rai Cultura, due film-opera, affidandone la regia di ambedue (Barbiere e Traviata) a Mario Martone e la direzione a Daniele Gatti, allora direttore musicale del teatro della Capitale, ora emigrato a Firenze, e il cui posto viene occupato da Michele Mariotti.
Quella duplice operazione aveva un senso. I teatri erano chiusi, lo Stato in qualche maniera aveva assicurato a tutti i dipendenti la sopravvivenza, e produrre qualcosa che facesse sentire ancora vivi ed utili era necessario. E così Fuortes aveva pensato a trasformare il teatro, platea compresa, in un set cinematografico. I due film-opera sono stati trasmessi da Rai Tre, se ricordiamo bene, ma senza imprimere un colpo d'ala all'audience (ricordiamo bene: Barbiere 650.000 telespettatori circa; Traviata circa 1.000.000; share fra 3,6 e 4%).
Adesso che i teatri sono aperti, pur con qualche restrizione in fatto di capienza, viene da chiedersi che senso ha produrre ancora un film opera nello stesso teatro che aveva prodotto gli altri due e con lo stesso regista, oltre naturalmente che con lo stesso produttore ( Rai Cultura)? Domanda lecita quando a capo della Rai c'è Fuortes, artefice di quelle due precedenti operazioni da sovrintendente.
La domanda, lecita, si fonda su diversi elementi. Innanzitutto, la decisione di produrre Bohème di Puccini, sempre con Martone regista, ma con Mariotti direttore, era stata assunta al tempo degli altri due, o è successiva, destando, come abbiamo detto, il sospetto che l'Ad della Rai stia favorendo il teatro nel quale ha comandato per anni?
In passato segnalammo come fra l'Opera di Fuortes e la Rai fosse nato un feeling che non ricordavamo uguale, dacché ci occupiamo di musica. Poi all'improvviso... Ma ora la cosa si fa più seria, dopo il passaggio di Fuortes in Rai e la conferma della Calandrelli a Rai Cultura.
Quale bisogno c'è di produrre un film opera che ha dei costi, certamente non irrilevanti, quando i teatri hanno ripreso a funzionare? C'è forse una richiesta di mercato per prodotti simili che giustifica una tale produzione? Non ci riferiamo ovviamente alla trasmissione Rai, pensiamo ai mercati esteri, senza i quali un simile sforzo produttivo risulta inutile ed economicamente oneroso, specie per la Rai i cui conti Fuortes fatica a tenere in ordine.
Si sa che verrà girato a Roma ma non al Costanzi come le altre due durante i mesi di stop all'attività, bensì in un luogo assai suggestivo che noi conosciamo bene, e cioè nei laboratori/magazzini di scene e costumi di via dei Cerchi, che hanno sede nel palazzone alle spalle della Bocca della verità.
E che verrà girato nel mentre che al Costanzi viene ripreso Luisa Miller di Verdi, diretto da Mariotti e con la regia di Damiano Michieletto. Sia Verdi che Puccini - sappiamo che in tanti lo pensano - si rivolteranno nelle tombe. Ma come, nello stesso periodo la medesima orchestra suona Verdi e Puccini , magari la mattina Puccini e la sera Verdi? Che roba è questa? Non sarà che serve per dare un pò di soldi in più agli orchestrali che, con l'arrivo di Fuortes - il signor 'risolvoproblemi' - hanno dovuto accettare condizioni economiche svantaggiose?
Ora che i teatri sono riaperti, rifarsi, nell'attività produttiva, a logiche di epoca pandemica, vuol dire non essere aggiornati, non stare al passo con i tempi, perché un film-opera come anche il cosiddetto streaming, sono, di fatto, la negazione del teatro, e non rappresentano il futuro dell'opera lirica, che è nello spettacolo 'dal vivo', di cui lo streaming o il film-opera possono solo essere complementi ma solo se il mercato, di nuovo ricco, lo richieda.
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N.B.
In una intervista letta ieri sul Corriere, a firma Cappelli, al neo direttore musicale del Teatro dell'Opera, Michele Mariotti, si è letto un passaggio che al giornalista del Corriere mette pensiero, in quanto sembra adombrare che il ruolo dell'attuale direttore artistico Alessio Vlad, sarebbe in discussione.
Spieghiamoci. Il neo sovrintendente, Giambrone, che già altrove (Palermo), ha avuto la responsabilità anche della direzione artistica oltre alla sovrintendenza, adesso che ha un direttore musicale che lavora con lui, pensa che avere anche un direttore artistico che ambisca dire la sua, vuol dire dover governare un 'pollaio' con troppi altri galli a cantare, e che sia sufficiente la presenza del direttore musicale al suo fianco, e semmai una segreteria artistica che faccia solo il lavoro di 'segreteria' senza mettere bocca nelle scelte.
E allora che ci faceva Alessio Vlad al tempo di Di Martino e Fuortes, e perchè ora il suo ruolo viene messo in discussione?
Al tempo di Di Martino - assolutamente analfabeta in fatto di musica - faceva il segretario di Muti che comandava e che, con sua moglie, faceva anche i cast (come accusò la buonanima di Isotta, dopo che interruppe i rapporti di grande amicizia con il maestro). Altro non gli era concesso, e Vlad, pur di restare al fianco di Muti - che lo aveva voluto - 'zitto e mosca'.
Con Fuortes, altrettanto analfabeta in fatto di musica, e prima dell'arrivo di Gatti come direttore musicale, forse ha avuto un qualche ruolo Alessio Vlad. Perchè certamente Fuortes non avrebbe saputo da dove cominciare. Nonostante tutte le arie che si è sempre dato, lui aveva un gran lavoro da fare: tenere i conti in ordine, e ci è riuscito.
Con l'arrivo di Giambrone che certamente di musica sa qualcosa più di Fuortes, ma che crede di saperne 'ad abundantiam', e con la presenza di un direttore musicale, il direttore artistico è di fatto in condizione dimezzata o pleonastica. E prima che Giambrone ci litighi con Vlad - dovrebbe costituire un ammonimento l'esempio di Oscar Pizzo prima chiamato a Palermo da Giambrone e poi dallo stesso liquidato - o si definisca il suo ruolo, come dichiara 'diplomaticamente' Mariotti, sarebbe bene che dia le dimissioni. Sicuro che non resterà a spasso, perchè nonostante la nostra scarsa stima nei suoi confronti (ma siamo i soli a pensarla così) Vlad conta molti estimatori in Italia, a cominciare dai dirigenti del Ravello Festival e del Teatro delle Muse di Ancona. Ed altri sicuramente ne avrà avuto e ne avrà perché uno che è stato all'Opera di Roma, a Napoli, a Genova, al Festival di Spoleto, a quello di Ravello, al Teatro delle Muse e che ha coprodotto infiniti spettacoli con istituzioni prestigiose di tutto il mondo ( nella veste di direttore artistico se ne attribuisce la paternità!) ed è stato assistente (in che senso?) nientemeno che di Bernstein, vuoi che resti disoccupato?
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