Non soltanto le conseguenze legate a un conflitto, in grado di provocare decessi e di lasciare migliaia di persone invalide. La guerra in corso in Ucraina rischia di avere anche altre ripercussioni sulla salute: più subdole, ma non per questo meno pericolose. In un Paese caratterizzato da un sistema sanitario già fragile, l’altro volto dell’emergenza è rappresentato dalle malattie infettive: Covid-19 e poliomielite. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione Mondiale della Sanità. «Il diritto alla salute e l’accesso ai servizi devono essere preservati anche in tempi di crisi - si legge in una nota diffusa nelle scorse ore - Gli ospedali e il personale sanitario non devono essere il bersaglio di alcun bombardamento, per poter continuare a rispondere ai bisogni di salute della comunità».
Covid-19: la pandemia in Ucraina
La pandemia, innanzitutto. In Ucraina, dal 3 gennaio 2020 a ieri, sono stati registrati quasi cinque milioni di casi di infezione da Sars-CoV-2 e oltre 105mila decessi. Oltre 31 milioni le dosi di vaccino somministrate, su una popolazione di poco più di 44 milioni di abitanti. Come dichiarato da Hans Kluge, direttore generale europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, quella in corso è una fase di ripresa della pandemia in tutti i Paesi dell’Est. Quasi dodicimila i nuovi contagi registrati nelle ultime ventiquattro ore in Ucraina. Un dato che, letto così, dice poco. Ogni conflitto porta però con sé il rischio di una recrudescenza delle malattie infettive, come spiegato in un articolo redatto nel 2007 da un gruppo di esperti dell’Organizzazione e pubblicato sulla rivista «Emerging Infectious Diseases». Da qui il timore che quanto sta accadendo da due giorni possa contribuire a una crescita dei contagi e una maggiore difficoltà da parte degli ospedali ucraini nell’assistere i pazienti più fragili. Senza trascurare i rischi del Long-Covid, condizione cronica che, per quel che si inizia a vedere, necessita di un’assistenza regolare e duratura.
L’epidemia di poliomielite
Il rischio più subdolo e meno noto è invece quello rappresentato dalla poliomielite, malattia infettiva che intacca il sistema nervoso: colpendo in modo particolare i neuroni motori del midollo spinale. Solitamente, la poliomielite ha effetti principalmente sui muscoli delle gambe. Ma nella sua forma più critica, è in grado di paralizzare i muscoli innervati dagli ultimi nervi cranici: riducendo la capacità respiratoria, la capacità di ingestione del cibo e la parola. L’infezione, potenzialmente letale, colpisce soprattutto i bambini ed è provocata dai polio-virus. L’Ucraina è un’area ad alto rischio per la loro circolazione, a causa della bassa proporzione di vaccinati. Nel 2014, secondo le statistiche in possesso dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, appena 1 bambino su 2 è stato correttamente immunizzato. Ciò, oltre che per un compatto fronte no-vax, anche a causa dell’instabilità politica e dei conflitti nel Paese, che a fasi alterne perdurano però da tempo. Proprio a febbraio era partita una campagna per recuperare le somministrazioni perse nei bambini (6 mesi-6 anni). L’obbiettivo era vaccinarne oltre 140mila. Ma la guerra rischia di rappresentare un ostacolo insormontabile per questa massiccia campagna mirate a tutelare la salute pubblica. L’ultimo caso di poliomielite in Ucraina è stato registrato a ottobre, in un bambino di diciotto mesi di Rivne Oblast: a pochi chilometri dal confine con la Bielorussia. «I genitori avevano deliberatamente rifiutato le vaccinazioni mediche a causa delle loro convinzioni religiose», è quanto riferito allora dal ministero della Salute. Il verificarsi di questo caso - dopo i due registrati nel 2015 - lascia intendere che negli anni recenti si siano accumulati soggetti suscettibili che ora sostengono la trasmissione dell’infezione. Da qui le preoccupazioni. Duplici, se si considera che l’Europa è un’area «polio-free» da oltre dieci anni. Ma che, con la migrazione di migliaia di cittadini da Kiev e dintorni, potrebbe ritrovarsi a ospitare nuovi casi di «importazione».
L’importanza della vaccinazione
In Italia il vaccino anti-polio è obbligatorio dal 1966. La sua somministrazione ha fatto crollare il tasso dei decessi: da 5,3 morti ogni diecimila abitanti (1929-1963) a 0,06 sullo stesso target di popolazione (1964-2012). Complessivamente si stima che siano oltre undicimila i decessi evitati. Il farmaco è attualmente è uno dei componenti del vaccino esavalente (difterite, tetano, pertosse, poliomielite, epatite B, haemophilus influenzale di tipo B) che viene somministrato in tre dosi entro il primo anno di vita, seguite da un richiamo tra i 5 e i 6 anni e da un’ultima dose in adolescenza (12-13 anni).
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