Il G7 ha deciso unanimemente di penalizzare finanziariamente la Russia a causa dell'invasione all'Ucraina. Nel tardo pomeriggio di ieri anche il Giappone si è agganciato al treno Usa-Ue-Gran Bretagna-Canada-Australia che ha concordato pesanti sanzioni nei confronti di Mosca. «Stop alle transazioni con la banca centrale russa e congelamento dei suoi asset all'estero. Esclusione di importanti banche russe da Swift», ha sintetizzato la presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, ieri sottolineando che «saranno colpiti gli asset degli oligarchi russi».
Sebbene il premier ucraino Volodymyr Zelensky abbia sollecitato la chiusura totale del circuito internazionale telematico che garantisce l'affidabilità degli intermediari bancari, esso resterà aperto per alcuni istituti «scelti», tra i quali dovrebbe esserci Gazprombank, in modo da consentire ai Paesi sviluppati (in primis Germania e Italia) di procedere ai pagamenti di gas e petrolio. L'ok formale alla misura, comunque, non arriverà prima di oggi. L'occasione potrebbe essere rappresentata dal Consiglio dei ministri dell'Energia previsto, in presenza, nel pomeriggio a Bruxelles. «Crediamo che si debbano tenere aperte delle possibilità finanziarie perché si possano mandare soldi alle famiglie o pagare cose necessarie. Non vogliamo fare lo stesso errore fatto con l'Iran», ha spiegato il rappresentante Ue per la politica estera, Josep Borrell.
Il freezing dell'operatività della Banca centrale russa impedirà a Mosca di intervenire contro una probabile svalutazione del rublo. «È stato congelato circa il 50% delle riserve perché sono le riserve tenute in Paesi nel G7. Puntiamo alla ricchezza dell'élite putiniana», ha detto Borrelll. Nel medio periodo questo potrebbe comportare, oltre a grandi difficoltà negli approvvigionamenti, un ulteriore incremento dell'inflazione con pesanti ripercussioni in un Paese nel quale il reddito pro-capite si aggira attorno ai 10mila euro.
In ogni caso, l'instabilità dei mercati a partire da stanotte (Sydney apre all'una ora italiana; ndr) è assicurata. «È difficile pensare all'oggi perché il tema saranno le prossime giornate: la settimana scorsa si è chiusa sull'ipotesi di una guerra lampo e di una soluzione rapida, poi sono giunte notizie contraddittorie che spaziano dall'apertura dei negoziati all'alert nucleare», sottolinea Gianluca Verzelli, senior banker di Banca Aletti. «È difficile identificare il driver che possa far propendere i mercati a interpretare qualcosa che non accadeva dal 1945: la violenza della correzione della Borsa russa e il crollo del rublo sono segnali», aggiunge.
«Ci aspettiamo una giornata interlocutoria di consolidamento ma il mercato rimane vulnerabile», evidenzia Wlademir Biasia, Chief strategy officer di Wb Advisors. «Non pensiamo - prosegue - di trovarci in una situazione in cui il peggio sia alle spalle a meno che non ci sia l'apertura di una trattativa concreta». Ecco perché le reazioni saranno determinate dall'atteggiamento delle banche centrali. Le riunioni di politica monetaria della settimana riguardano Australia e Canada, generalmente prodromiche degli istituti maggiori. Il presidente della Fed, Jerome Powell, parlerà al Congresso e al Senato. «La scorsa settimana erano attese politiche restrittive; ora con la guerra tutto questo perde di significato e si potrebbe guardare a un nuovo scenario visto che la presidente Christine Lagarde ha già detto che la Bce metterà a disposizione la liquidità necessaria per far fronte ai costi della crisi», conclude Biasia.
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