giovedì 17 febbraio 2022

La Scala, dipendenti tutti, più coerente del suo sovrintendente attuale e di quelli che l'hanno preceduto

Circolava voce di una trasferta del Teatro alla Scala - dei suoi complessi musicali e di danza -  negli Emirati e in Egitto,  in quest'ultimo per spettacoli nel Nuovo Teatro dell'Opera.  Quello stesso nel quale ha diretto, senza porsi il problema che gli scaligeri pongono ora, Riccardo Muti sul podio dei Wiener.

 Il problema che le cosiddette 'masse' artistiche - che evidentemente 'masse' non sono, ma esseri pensanti!- pongono all'attuale sovrintendente Meyer, che sembra cadere dalle nuvole: - " non c'è nessuna trasferta in Egitto in vista, ha dichiarato, preso in contropiede - è che loro non intendono andare in Egitto, il paese che ha torturato e ucciso il nostro ricercatore  Giulio Regeni e che non si decide, benché sollecitato in tutti i modi dalla nostra magistratura, a consegnare all'Italia  i torturatori, almeno quelli materiali, del nostro ricercatore. 

Agendo in tal modo con maggiore determinazione e coerenza di quanto non abbiano fatto i governi che si sono succeduti in questi anni, da quando è successa la tragedia.

 Pur negando che tale trasferta sia in vista, dalla Scala fanno filtrare la voce che le casse del teatro perderebbero qualcosa come 4-5 milioni di Euro. Come a dire. non stiamo a guardare per il sottile, andiamoci e basta. La risposta, tacita, ma chiara è: chissenefrega!

 No, hanno detto le masse artistiche:  in Egitto non si va. Forti anche di un analogo precedente pasticcio di cui fu responsabile il predecessore di Meyer, Pereira, il quale aveva avviato una trattativa con l'Arabia saudita, per un finanziamento di quasi 6 milioni di Euro, a fronte di un posto nel Cda del teatro e della fondazione di una accademia 'La Scala' in quel paese.

Allora si rifiutò - dopo un tira e molla vergognoso fra alcuni membri del Cda, lo stesso Pereria e il sindaco Sala - perché si disse che la Scala non doveva prendere soldi da un paese che non rispettava i più elementari diritti umani.

 A maggior ragione  si deve farlo ora, ed è bene che le masse artistiche l'abbiano detto chiaro e forte al loro sovrintendente, perché anche l'Egitto è una dittatura e, cosa ancora più grave, ha un tragico conto aperto con l'Italia, per il caso Regeni, senza considerare quello, più recente, di Zacki.

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