giovedì 24 febbraio 2022

Musica e potere nella dittatura russa (da wanderersite.com, di Sara Zurletti )

Estratto della recensione del volume di Antoine Pecquer, dal titolo  "Atlante della cultura. Da Netflix allo yoga; il nuovo soft power", tradotto in italiano da Raffaele Cardone ed uscito di recente presso l'editore ADD.

 (La recensione di Sara Zurletti, pubblicata in data 21 ottobre 2021, si legge nella sua forma integrale, sul sito: wanderersite.com

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... Particolarmente impressionante e gravido di implicazioni etiche il connubio tra musica e potere nel caso della dittatura russa, che persegue una politica così aggressiva da spingere l'amministrazione Biden a un drastico cambiamento nella scala delle priorità nella politica estera statunitense. Impegnata in una serie di guerre, azioni militari, provocazioni, gesti di soppressione del dissenso e di negazione della democrazia (le ultime elezioni russe, concluse qualche giorno fa, sono state giudicate “le più truccate della sua storia”), la Russia ha un grande bisogno di artisti che forniscano il regime di una facciata presentabile. « Valerij Gergiev è uno degli uomini più potenti della Russia. […] Vicino a Vladimir Putin, di cui è una sorta di ministro ombra, Gergiev esercita la sua influenza in campo politico ed economico. Non è un caso che nel 2018, nel bel mezzo della crisi tra Russia e Francia, Emmanuel Macron lo abbia invitato a cena all'Eliseo : era perfetto per far arrivare messaggi direttamente a Vladimir Putin ». Gergiev non si tira indietro nemmeno quando c'è la guerra di mezzo. « Nel 2008, mentre la Russia conduce l'offensiva contro la Georgia in Ossezia e Abkhazia, il direttore d'orchestra, di origine osseta, tiene un concerto a Tskhinvali, in Ossezia del Sud. La scelta di Tskhinvali è simbolica : fu proprio l'attacco a questa città da parte delle truppe georgiane il casus belli. Prima del concerto Valerij Gergiev ha tenuto un discorso : intorno a lui gruppi di bambini, militari e rappresentanti della Chiesa ortodossa fra il pubblico, la bandiera russa a fare da sfondo, la messa in scena era perfetta. In russo e poi in inglese, Gergiev ha definito l'atteggiamento della Georgia un “atto di aggressione”… La musica porta la memoria di coloro che sono morti in battaglia », ha continuato il direttore d'orchestra, prima di dirigere una sinfonia di Čaikovskij : « musica russa, per sottolineare ulteriormente il potere culturale del paese », commenta Pecqueur. Del resto, lo stesso Gergiev tiene a elogiare pubblicamente il suo illustre protettore : « Putin è molto pragmatico e ha capito che la cultura era l'unica cosa che la Russia non aveva ancora perso. A mio avviso, è uno dei pochi politici che potrebbe evitare che il Paese si disintegri. Lo rispetto per quello che ha fatto in molti campi, specie – e soprattutto ! – nella cultura. Negli ultimi anni, il nostro Paese ha ritrovato un ruolo sullo scacchiere internazionale, siamo tornati a farci sentire ». Chissà se in questo positivo “tornare a farsi sentire” della Russia è incluso per Gergiev anche l'assassinio politico, come quello della spia Aleksandr Litvinenko, avvelenato su commissione del governo russo con il polonio-210, o quello della giornalista anti-regime Anna Politkovskaja, freddata con un colpo di pistola in pieno viso, o il recente tentato assassinio del maggior oppositore politico di Putin, Aleksej Naval'nyj, oggi rinchiuso in prigione. Impressionante la pagina 35 del libro di Pecqueur, dove una tabella mostra impietosamente la corrispondenza tra i concerti e i discorsi a favore di Putin tenuti da Gergiev, e alcuni dei più terribili fatti della storia recente che vedono implicata la Russia. Ha ragione lo studioso francese : a questo livello l'arte non è più un soft power ma un hard power come quello delle bombe e dei fucili, altrettanto esplicito, altrettanto brutale...

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