Pochi minuti fa ascoltavo in tv, nel corso di una trasmissione religiosa, un intervento del card. Ravasi, presidente del Pontifico Consiglio della Cultura, un ricordo di padre David Maria Turoldo.
Ha riferito il card Ravasi un giudizio che del frate diede Carlo Bo: David Maria Turoldo aveva ricevuto due doni: la fede e la poesia, e per tutta la vita ha coltivato la fede attraverso la poesia.
Ed ha aggiunto, commentando la recente riedizione della traduzione dei Salmi, nella traduzione di Turoldo, con una sua prefazione, che un salmo ( n. 46 o 47, a seconda della numerazione seguita) dice:
Pregate( cantate) Dio con ARTE...
Corretta o meno che sia tale traduzione calza a pennello per quello che da sempre vado sostenendo e cioè che la preghiera pubblica, se fatta in forme brutte esteticamente, può ottenere l'effetto contrario, non su Dio si intende, ma sugli uomini. Può cioè allontararli dalla esprimerla pubblicamente.
Mi sono sempre battuto nel sostenere che la preghiera pubblcia non può fare a meno di esprimere con i canoni della bellezza, che aggiungono valore a valore. La bellezza è espressione di Dio, hanno scritto molti Papi negli ultimi tempi, e rivolgersi a lui attraverso la 'bella' preghiera non fa reincarnare interra la sua immagine.
Questo che è stato sempre salvaguardato nel rito, dagli inizi del culto pubblico curato con grande precisione e gusto, non sempre, di recente, ha avuto attuazione soprattutto nella musica - canti- che acocmpagnano il rito liturgico , e che è di una bruttezza infinita.
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