lunedì 14 febbraio 2022

L'opera e il teatro come edificio, che sogna Giorgio Battistelli, più che una UTOPIA sono una IDIOZIA

Giorgio Battistelli è oggi fra i compositori d'opera italiani uno dei più prolifici. Nel giro di una stagione ha rivisto un suo precedente lavoro, ne ha scritti due nuovi ( Julius Caesar, Le baruffe chiozzotte) e  ne ha in cantiere un terzo, da Carrère, per il Massimo di Palermo, dal titolo L'avversario, debutto l'anno prossimo. 

 Ed anche fra i più impegnati, giacchè unisce all'attività di compositore quello di organizzatore musicale ( Presidente della Società di concerti ' Barattelli' dell' Aquila, Consigliere di amministrazione dell'Accademia di Santa Cecilia) e, in special modo, di direttore artistico ( Festival Puccini di Torre del Lago, Orchestra Haydn di Trento e Bolzano).

Insomma non è uno che sta con le mani in mano - e forse non lo vorrebbe neanche - incurante del rischio oggettivo che qualcosa la faccia con la 'mano sinistra'. Che è però il medesimo rischio che corre chiunque, anche senza essere pressato, come lui, da impegni di ogni genere.

 Alla vigilia del debutto,  fissato per il 22 febbraio, de Le baruffe chiozzotte, alla Fenice, con la regia di Damiano Michieletto, la sua giornalista 'di fiducia', Giuseppina Manin, l'ha intervistato per il Corriere della Sera.

Che cosa ha detto Battistelli, quando gli è stato chiesto di immaginare un futuro per l'opera dopo la pandemia?

 "Potrebbe essere, invece, una grande opportunità (la pandemia, ndr): uscire dalla dittatura dei numeri, dalla logica del botteghino. Di recente alcuni studenti mi hanno spiegato cosa li tiene lontani dall'opera; la lunghezza eccessiva e l'essere costretti in spazi stretti. La pandemia ci ha fatto riscoprire il piacere del sofà, i nuovi media un'attenzione più stringata".

 " I teatri , se non vogliono chiudere, devono reinventarsi: spettacoli brevi un'ora e mezza al massimo due. Poltrone comode, non più di due nei palchi, magari un tavolino per le bibite. La Scala, L'Opera di Roma, il San Carlo sono troppo grandi. Si sta pigiati, si sente male. Chiamiamo bravi architetti, trasformiamoli in spazi accoglienti".

"Basterebbe cambiarli all'interno. I teatri sono fatti per il pubblico e sul pubblico devono modificarsi. Lo so è un progetto utopico ma senza l'utopia nulla accade. Diamo via libera ai visionari".

"Boeri alla Scala, Piano all'Opera di Roma. Invitiamoli a ripensare gli spazi, a renderli vivi e nuovi, magari a far spuntare un giardino... Se è nato un bosco verticale a Milano, perchè non far nascere un teatro verde? Nel segno di una nuova alleanza fra cultura e natura".

Ammesso che... chi pagherebbe i costi molto alti ?

" La cultura è un bene comune a cui tutti devono contribuire: Stato, Comune, privati, finanziamenti europei. Il futuro dei teatri vi rientra a pieno titolo". 

 E che si fa con le opere molto lunghe del passato,  con Wagner ad esempio?

"Basta dividerla. Una sera la prima parte, la sera dopo la seconda. Se ti piace torni di certo. Non guardi l'orologio, non sei stanco,  te la godi"...

                                      *****

 In sintesi è questa l'utopia 'operistica' e 'teatrale' di Giorgio Battistelli, che, se non attuata, si dovrà dire addio all'opera e chiudere con doppia mandata i teatri.

Detta in maniera più semplice, smettendo l'aura del visionario e sognatore che ha  Battistelli:  se i compositori faranno opere brevi, e i teatri diventeranno luoghi di ascolto ed anche di piacere, dove si può stare seduti comodamente sotto un albero e magari sorseggiare uno spumantino, mentre sul palcoscenico - su quale però non ha detto una parola! -  i cantanti si sbattono senza risparmiarsi, sgolandosi, l'opera avrà un futuro; altrimenti fin d'ora possiamo dire che l'opera ha i giorni contati e i meravigliosi teatri antichi, se non ci ha pensato il fuoco, ci pensa Battistelli a distruggerli.

Battistelli  non si rende conto che la sua non è utopia, bensì idiozia bella e buona;  e quando, ad esempio, sostiene che le opere non possono durare più di 'un'ora e mezza, al massimo due, sarebbe come dire, in un campo appena diverso: scrittori basta con i romanzi,  scrivete un paio di capitoletti,  qualche battuta, altrimenti nessuno vi legge.

 E, tanto per fare un esempio concreto, riferendosi ad Aldo Busi, dargli del 'fesso'  perchè ci ha messo dieci anni per scrivere il suo ultimo romanzo, che nessun editore  ha voluto finora pubblicare. 

Battistelli si sente dalla parte della ragione quando dice che i social ci hanno abituato ad una concentrazione più stringata. Se tutta la nostra comunicazione fosse basata su battute, concetti semplificati espressi attraverso messaggini e nessuno più amasse riflettere, pensare, esprimere idee, che non nascono mai all'improvviso e senza fatica, sì, avrebbe ragione. Anche se il già folto esercito di idioti umani andrebbe ulteriormente ad ingrossarsi.


Battistelli non ci ha fatto capire cosa ce ne  facciamo del grande patrimonio operistico del passato. Non ce lo ha fatto capire perché sa bene che il pubblico che ama andare nei nostri meravigliosi teatri storici, ci va per ascoltare Verdi o Puccini, un pò meno Battistelli.  E Wagner? Un pezzo oggi, uno domani. La stessa cosa vale anche per tante sinfonie, o per le Passioni bachiane, perchè no? 

 E se i teatri fossero da architetti, visionari quanto lui, trasformati radicalmente,  in una parola 'battistellati', forse  sarebbero  a completa disposizione e consumo dei soli studenti, di cui ha raccolto le confessioni; i quali, a suo dire, amano  assistere ad opere brevi e star  seduti comodi, in poltrone larghe, come quelle della 'business class', o il sofà di casa, e magari con una hostess che gli serve il prosecchino. 

Se è questa la sua visione, allora, lasci perdere i teatri, scriva opere brevi - lui, compositore moderno può farlo - e le faccia rappresentare in qualunque altro posto che non sia un teatro, magari in un parco, con gli spettatori distesi sull'erba,  mentre consumano un operistico pic nic.

Però poi anche lui non deve più scrivere opere da Shakespeare, o dalla Bibbia, che impongono qualche minuto di riflessione; altrimenti di  Battistelli molti farebbero volentieri a meno, preferendogli di gran lunga una barzelletta raccontata magnificamente che so da Gigi Proietti e perfino da Berlusconi, mondandola dal solito 'pecoreccio'.  


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