Dal 12 giugno sopravvive con un bicchiere di latte di soia e un brodo vegetale al giorno. Un digiuno non violento e tenace, dodici chili già persi, la decisione di non fermarsi fino a che il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi non ascolterà le sue ragioni e la dirigente scolastica della scuola primaria “Piero Donna” di Serravalle d’Asti non reinserirà il progetto didattico “Bimbisvegli” nell’offerta formativa delle sue classi. Fa sul serio il maestro Giampiero Monaca, 49 anni, insegnante elementare, sulla scia di quei disobbedienti della Storia di cui spesso racconta ai suoi allievi, in nome di un progetto didattico ispirato a Maria Montessori e don Milani, ma anche a Freinet e a Baden Powell, omaggio alla sua lunghissima militanza scout. “Il mio metodo è nato in quindici anni di lavoro con i bambini, prima alla “Rio Crosio” di Asti, poi qui, a Serravalle, in questo paese dove pensavano di avermi esiliato, sperando che non dessi più fastidio. Invece in quattro anni di lavoro abbiamo ricostruito una scuola fatiscente e grazie al metodo “Bimbisvegli” le iscrizioni sono raddoppiate”.
Niente cattedra e piedi scalzi, vita nella natura e libri di testo alternativi, compiti zero, didattica montessoriana dell’imparare da soli, laboratori, incontri con i migranti ed educazione alla pace. “Per quattro anni la bandiera della pace ha sventolato sulla nostra scuola di Serravalle. Poi la direzione ci hai imposto di ammainarla”, dice amaro il maestro Monaca.
Monaca, di cosa l’accusano?
“Di far salire i bambini sugli alberi, di aver offeso il decoro della scuola lasciando le loro scarpe infangate all’ingresso della classe, di aver utilizzato arredi non conformi all’habitat scolastico. La mia panca sotto la lavagna ad esempio, per aiutare i più piccoli a scrivere meglio, appunto, sulla lavagna”.
Tutto qui?
“Mica poco. Mi hanno accusato di aver messo in pericolo i bambini perché quel giorno eravamo usciti senza inviare la richiesta alla sede centrale di Asti. Premetto che da quattro anni la nostra scuola di Serravalle, grazie alla meraviglia di boschi che ci circondano, è anche una scuola all’aperto, outdoor. Con grande felicità di bambini e genitori”.
Quale è stata la sanzione?
“Una settimana di sospensione che poi l’ufficio regionale scolastico ha trasformato in una mini sanzione simbolica di un giorno. E l’obbligo, quando usciamo, di non allontanarci di oltre quattrocento metri dall’edificio scolastico”.
Ed è per questo che lei digiuna insieme ad altri genitori dei suoi allievi?
“No, la verità è più triste. Hanno cancellato il mio metodo dall’offerta formativa. Un metodo pedagogico che oggi è seguito dall’università di Macerata ed è studiato da gruppi di docenti in tutta Italia”.
Ci spieghi cosa è “Bimbisvegli”?
“E’ un metodo che ho messo a punto insieme ad una collega negli anni in cui lavoravo alla “Rio Crosio” di Asti. Sono un maestro elementare, credo fermamente nella missione educativa della scuola, anche per formare buoni cittadini di domani. Da un punto di vista didattico mi ispiro a Maria Montessori, al messaggio inclusivo della scuola di Barbiana, alla mia lunga esperienza scout. Tradotto nella pratica quotidiana vuol dire non impartire lezioni dall’alto, ma sviluppare un autoapprendimento guidato. Dove tutto è importante, i libri di testo e l’osservazione della natura, l’incontro con la realtà e le relazioni umane”.
Lei ad Asti faceva lezioni sulla non-violenza.
“Sono un pacifista convinto, ho raccontato ai bambini cosa è la guerra, leggevamo in classe le cronache da Gaza di Vittorio Arrigoni che poi fu assassinato. Per tutto l’anno lavoravamo sulla Shoah per preparare la giornata della memoria e nella nostra classe è venuto Giovanni Impastato per raccontarci chi era suo fratello Peppino”.
Tutto questo era gradito alla scuola e ai genitori dei bambini?
“C’era la fila per iscriversi alle nostri classi. Ancora oggi ho un bellissimo rapporto con gli ex alunni, molti dei quali usciti brillantemente dalla maturità. Il corpo docenti però mi ha sempre considerato un “irregolare”. Nella mia classe non c’era la cattedra, utilizzavo libri di testo alternativi, i voti soltanto se richiesti nelle situazioni formali. E unicamente dei nove e dei dieci”.
Perché?
“Perché con dei bambini bisogna certificare i successi, non sottolineare gli insuccessi. Comunque ad un certo punto di me, ad Asti, non ne potevano più. E mi hanno proposto di trasferirmi in campagna, in un’area dello stesso plesso scolastico, a Serravalle, dove c’era un edificio in disarmo in cui non voleva andare nessuno. Insomma una sorta di esilio".
La scuola davanti alla quale oggi ci sono i gazebo della vostra protesta “gandhiana”.
“Una scuola della pace che quattro anni fa era completamente fatiscente, senza più allievi, ristrutturata i una bellissima estate di quattro anni fa, insieme ai miei ex alunni, ai genitori dei nuovi bambini, e ad un gruppo di ragazzi migranti che si erano messi a nostra disposizione. Nel giro di un anno siamo diventati una scuola “outdoor” in cui crescevano le iscrizioni. Ricevevo visite da tutta Italia per studiare il metodo”.
Poi è cambiata la dirigenza scolastica. Però, Monaca, qualche errore lei l’avrà fatto.
“Forse qualche procedura burocratica l’ho omessa, però la verità è un’altra. Sono stato accusato di fare politica a scuola, mi è stato imposto di rinunciare al progetto di incontro tra i bambini e i ragazzi migranti di Serravalle, ho dovuto buttare giù la bandiera della pace, abolire le escursioni nei boschi se non nel raggio di quattrocento metri. E naturalmente impedire ai bambini di salire sugli alberi”.
Scusi, perché? Il progetto funziona, le iscrizioni sono aumentate.
“E’ quello che mi chiedo. Mi sono state contestate irregolarità formali, nessuna accusa sostanziale. Ma è evidente che l’innovazione fa paura la sistema scolastico”.
Adesso che farà?
“Continuerò a digiunare fino a che “Bimbisvegli” non verrà reinserito nell’offerta formativa di Serravalle. E aspetto che intervenga il ministro Bianchi. Anzi, visto che la nostra scuola è stata selezionata al festival dell’innovazione didattica di Valdobbiadene, spero di incontrarlo lì e di poter spiegare a lui la bellezza del nostro metodo”.
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