L'evento che ha convinto 'La Lettura', inserto domenicale del Corriere della Sera, a parlare dei Concerti pe violino di Mozart ( cinque in tutto) è, nientemeno che una uscita discografica. Accade da molto tempo che in un mondo in cui non accade nulla di interessante, almeno a leggere i giornali, anche un'uscita discografica, del tutto ininfluente come chiunque sa, può diventare un 'caso'.
Naturalmente c'è qualcosa di musicale di cui i giornali si occupano, anche spesso. Nel caso di Muti, Riccardo Muti, sempre e solo lui, che diriga da qualche parte, e nei mesi di pandemia, non andando a Chicago, più frequentemente di sempre in Italia, la sua 'Cherubini'; ogni volta viene intervistato dal alcuni giornalisti fedelissimi, sempre gli stessi, ma uno su tutti, al seguito.
Ed anche, secondo caso, qualora gli editori di giornali decidano di uscire in edicola con prodotti discografici o editoriali allegati ai loro prodotti giornalistici. Trattasi di Muti, ancora lui, o di Morricone, come nel caso de La repubblica che ha fatto uscire una collezione discografica che racchiude il 'meglio di Morricone al cinema'.
Perché dicevamo dell'informazione sofisticata, ma basata sul nulla, per tutto il resto?
Perchè proprio ieri sull'inserto culturale, allegato la domenica al corriere, Helmut Failoni ci ha riservato una intervista ad un noto direttore, Norrington, ottanta passati da tempo, che per la prima volta affronta i Concerti per violino di Mozart, solista la violinista Francesca Dego, al semplice scopo di reclamizzare una uscita discografica.
Capite, ai giornali non frega nulla di ciò che avviene nel mondo della musica, ma un'uscita discografica, della quale non frega nulla a quasi tutto il mondo - anche perché di incisioni di detti concerti ne esistono decine, forse centinaia, alcune senz'altro migliori di queste di Norrington-Dego, quantomeno di pari qualità - ai giornali frega. Alla base di tale interesse ci possono essere anche ragioni bassissime, banalissime che legano giornali e case discografiche. La nostra lunghissima e vastissima esperienza in tale campo ci consente di avanzare qualche ipotesi.
Norrington, nell'intervista che per Failoni capovolge tutte le convinzioni e convenzioni su Mozart, dice in buona sostanza che è importante rivolgersi direttamente alle fonti, che sbaglia chi vuol fare di testa sua, ad esempio nell'interpretazione dei 'tempi' ritmici; e quanto ai concerti in oggetto, il trattato che il papà di Mozart, Leopold, pubblica sul 'violino, proprio nell'anno in cui nasce Wolfgang, deve costituire la bibbia per ogni esecutore dei concerti e di ogni altra musica per violino di suo figlio.
Accade talvolta, come nel caso de 'La Lettura', che per mascherare il vuoto assoluto dell' intervista spacciata per 'rivelatrice' o 'rivoluzionaria', si ricorra ad una titolazione sofisticata che forse noi, con, pochissimi altri, riesciamo a decifrare.
Il tiolo dell'articolo/intervista: Noi facciamo vibrare il cuore di Mozart ma non il suo violino' , mette in seria difficoltà, lo spiazza, il lettore comune. Ma come, questi suonano brani per violino di Mozart e non 'fanno vibrare' il violino? Suonano allora uno strumento di legno, o di pietra, incapace di vibrare nelle mani di un interprete, mentre proprio agli strumenti si domanda di entrare in vibrazione con l'interprete, per rendere al meglio la musica eseguita.
E, invece, il dotto titolista, probabilmente incoraggiato da Failoni, voleva soltanto dire, prosaicamente, che il vibrato - che è una tecnica violinista - secondo Leopold Mozart e Norrington, non è adatto a questo repertorio, e che addirittura lo danneggia.
Ma chi avrebbe potuto capire questa sottigliezza? Nessuno salvo chi abbia studiato violino o sia addentro alle teorie, talvolta contraddittorie, delle prassi esecutive del passato.
Dunque la prossima volta, 'La Lettura' faccia a meno di tale sofisticata titolazione e, soprattutto, ci offra interviste più sostanziose, E comunque si occupi di musica, non ridotta ad una banalissima uscita discografica che conta meno di niente.
Tante volte ci siamo detti che per rispondere alla crisi del mercato discografico - che tuttavia ora sembra avere qualche sussulto dopo il coma profondo degli anni passati - le case produttrici basterebbe che rimettessero in circolazione le migliaia e migliaia di incisioni dei grandi di ogni tempo; potrebbero azzerare praticamente i costi e far riscoprire agli amanti della musica, tesori di cui si era persa traccia.
Nessun commento:
Posta un commento