L'abbiamo detto e scritto tante volte. Nella periferia (geografica) del melodramma italiano, stante il disinteresse totale della stampa a seguirne e raccontarne l'attività dei teatri, direttori artistici e sovrintendenti ricorrono spesso all'espediente di proporre titoli sconosciuti, desueti o fatti riemergere dalle nebbie del tempo, senza che ve ne sia urgenza, nella speranza di adescare soprattutto la stampa nazionale, anche quando quegli stessi teatri spendono bei soldi per presentare su alcune testate nazionali le loro stagioni, alla vigilia delle rispettive inaugurazioni.
Cagliari - gestione Meli - ha fatto leva proprio su tale criterio, per portare ( invitare, ospitandoli?) sull'isola critici musicali italiani e stranieri. Qualche volta gli è riuscito di ottenere i risultati sperati, altre, più spesso, no.
Come nel caso della ripresa, unica in tempi moderni, a quasi ottant'anni dalla prima scaligera diretta dall'autore, di Palla de' Mozzi che molto probabilmente a Meli la segnalò Paolo Isotta, da sempre interessato a rispolverare autori e titoli di un passato italiano che reputa tuttora degno di attenzione.
Noi, sebbene abbiamo frequentato a lungo i figli di Marinuzzi, l'amico Gino Marinuzzi jr. e sua sorella, autrice di una biografia del grande direttore/compositore, non conosciamo affatto la sua musica; mentre conosciamo solo un pò - per quel pochissimo che ci resta - le sue interpretazioni, su tutte l'ouverture del Manfred di Schumann, da Byron.
Gino jr, ci ha spesso mostrato le partiture dei classici con le annotazioni di suo padre, (ci vengono in mente quelle delle sinfonie di Schumann, con correzioni strumentali ed aggiunte di Marinuzzi; roba che oggi si brucerebbero in pubblico) sulle quali un giorno sarebbe da fare degli studi per approfondire gusti e tradizioni passate.
Comunque per tornare a Cagliari. Di Palla de'Mozzi - unico nuovo allestimento della stagione ora nelle mani di Colabianchi (nelle quali non sappiamo quanto vi resterà, perchè la precedente esperienza di Colabianchi all'Opera di Roma, epoca Alemanno, non è che abbia brillato, anzi !) - abbiamo potuto leggere solo un articolo della Moreni sul Sole 24 Ore, nel quale si sottolineava la disabitudine a raccontare le trame delle opere, necessaria invece per il titolo cagliaritano, perché la maggior parte dei teatri punta su titoli del grande repertorio (vivaddio! , se non lo facessero, i teatri comincerebbero a svuotarsi drammaticamente!). E basta.
Nessun altro giornale, oltre gli ovvii isolani, ne ha scritto, e forse il Sole potrebbe averlo fatto perchè ad inizio di stagione ha ricevuto dal Teatro di Cagliari, l'obolo sotto forma di pubblicità, a pagamento, della stagione. Non ne siamo certi - perchè abbiamo deciso di non acquistare più il quotidiano della Confindustria, da quando i vertici vennero accusati e processati per aver diffuso falsi dati sulle vendite del giornale, con il direttore Napoletano in testa - ma forse una scommessa la accetteremmo.
Cagliari perciò, al di là dell'interesse musicologico e storico per la ripresa del Marinuzzi, crediamo abbia impegnato risorse in una impresa che non produrrà frutti nè ora nè in futuro, neppure allo stesso teatro che certamente non riprenderà l'opera nelle prossime stagioni, giacchè - come riferisce anche la Moreni - già ora mostrava evidenti posti vuoti. Valeva la pena?
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