“…Devo essere come un fantasma che aleggia e che cercano in tutti i modi di allontanare. È evidente che in questo momento, con Taormina si crea una certa cosa, con la Sinfonica si crea un’altra cosa, succede che il Teatro Massimo rimanga l’unica espressione della vecchia governance. E questo è evidente, poi non si sa quali saranno le decisioni della politica. Vedremo…”.
Chissà cosa avrà pensato il discreto e garbato Marco Betta, compositore di livello internazionale e sovrintendente del Teatro Massimo, nel leggere queste parole del ‘direttore’ Beatrice Venezi, intervistata da Mario Barresi per ‘La Sicilia’. Una chiacchierata raccolta dopo le polemiche sul rapporto tra l’orchestra e la stessa Venezi, alla luce dei giudizi non proprio entusiasti di alcuni professori sulle capacità tecniche dell’artista, ascritta politicamente a destra.
Ed è su quel ‘politicamente’ che vorremmo tornare. Qui, pochi giorni fa, abbiamo riflettuto sul tic ideologico che potrebbe essere un movente per certe sentenze inappellabili sul ‘direttore’, come ama essere chiamata. E abbiamo criticato l’atteggiamento di chi, forse, punta alla bacchetta per prendersela con Giorgia Meloni. Siamo convinti – e non è difficile esserlo – che la musica sia un affare della musica, non delle fazioni in campo.
A maggior ragione, la sottolineatura di Beatrice Venezi ci sembra una stonatura oggettiva. Il fatto che la catena di comando di un teatro sia “espressione della vecchia governance” non può essere un argomento di rilievo per le “decisioni della politica”, quale che sia il significato al millesimo di quella frase. Una collaudata esperienza può continuare benissimo nel suo compito, come nel caso di Betta, alla luce dei risultati raggiunti e vidimati ai massimi livelli.
“I numeri registrati dal Teatro Massimo quest’anno – ha detto di recente il sindaco e presidente della Fondazione Teatro Massimo Roberto Lagalla – rappresentano il miglior viatico possibile per il 2024. In alcuni casi stiamo parlando di record che dimostrano il grande lavoro mirato al rilancio del Teatro e il grande sforzo profuso dal Sovrintendente e da tutti i lavoratori”. Sono fatti incontestabili. Se la politica, nel senso dell’appartenenza, va lasciata fuori dal golfo mistico dell’orchestra e dagli spazi idealmente annessi, va lasciata fuori per tutti.
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