Musica dell’anima in Vietnam con la World Youth Orchestra
La World Youth Orchestra ad Hanoi - -
«La musica è il linguaggio dell’anima. Per questo è universale». Lo ribadisce dal palco dell’Opera di Hanoi, in Vietnam, il maestro Damiano Giuranna, direttore della World Youth Orchestra (Wyo). Ma basterebbe guardare i volti gioiosi di questi giovani musicisti provenienti da tutto il mondo e l’entusiasmo del pubblico in sala per rendersene conto immediatamente. Italia, Germania, Giappone, Cina, Malaysia, Spagna, ma anche Panama e Sudafrica, e chiaramente Vietnam, e molti altri Paesi ancora: sono 19 le nazionalità rappresentate in questa straordinaria orchestra di circa 70 elementi, tra i 20 e i 27 anni: un’orchestra ad “assetto variabile”, che si compone e ricompone, armonizzando strumenti e differenze - di lingua, cultura, formazione, tecnica… - per dar vita ogni volta a un’esperienza unica e, appunto, universale. Nel segno del dialogo e della fratellanza. E proprio “Suoni di fratellanza” è lo slogan del progetto che la Fondazione World Youth Orchestra ha promosso in Vietnam, in collaborazione con l’Ambasciata italiana ad Hanoi e il sostegno di Fondazione Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) che, per la prima volta, “esce” dall’Italia, per «permettere a giovani artisti di esprimere le proprie potenzialità, senza barriere e ostacoli, e utilizzando le leve dell’arte e della musica come strumento di diplomazia culturale», fa notare la direttrice generale di Cdp Francesca Sofia. Questo progetto ha aperto un nuovo orizzonte geografico e culturale anche a quest’orchestra nata nel 2001, all’indomani della tragedia delle Torri Gemelle a New York. Prima di approdare in Vietnam, la Wyo ha portato il suo messaggio di musica, dialogo e pace all’Onu e in Paesi come Israele, Palestina, Giordania, Libano, Tunisia, Algeria, Iran… Luoghi di frattura, ma anche di incontro. «La fratellanza nasce da emozioni condivise e da esperienze coinvolgenti - sostiene il Maestro Giuranna -. E la musica, in questo, ha un grande potere: suscita atmosfere di intima comprensione, è uno strumento ideale per accogliersi, anche nelle differenze: ha una dimensione di universalità che permette di incontrare l’umano che è in ciascuno uomo e in ciascuna donna, ovunque nel mondo».
Quest’anno il progetto si è arricchito di un’attività teatrale, “Dialoghi sonori”, portata avanti da tre attori italiani, Valeria Almerighi, Federico Brugnone e Carolina Leporati, con gli studenti dell’Hanoi Academy of Theatre and Cinema; e di un’iniziativa sociale di insegnamento del canto e della musica rivolta a un’ottantina di orfani accolti dalle Missionarie della Carità, alla periferia di Ho Chi Minh City (cfr. ???). Inoltre, grazie alla collaborazione con La Sapienza di Roma, il professore Simone Caputo ha tenuto una conferenza all’Istituto di Italianistica dell’Università di Hanoi, su “Le suggestioni orientali di Giacomo Puccini”. E a questo straordinario compositore, di cui si celebra quest’anno il centenario della morte, è stato dedicato anche il Gala che si è tenuto all’Opera House, con il soprano Angela Nisi e il tenore Vitali Kovakchuk. «I concerti sono la parte più “spettacolare” di un progetto molto più ampio e articolato - spiega l’ambasciatore Marco Della Seta -. Sono infatti previsti vari scambi con realtà vietnamite, sia in termini di master class con gli studenti di musica e teatro, sia di borse di studio multidisciplinari per artisti locali. Per questo, come ambasciata, abbiamo partecipato al progetto sin dall’inizio. Il Vietnam è un Paese che cresce molto velocemente non solo dal punto di vista economico. C’è grande sete di cultura. L’Italia è ancora poco conosciuta, ma è percepita come una potenza culturale sia per il suo glorioso passato sia per l’arte contemporanea e il design. Quella della World Youth Orchestra è un’iniziativa molto bella e utile per far conoscere l’Italia e promuovere scambi con questo Paese.
Nguyen Nguyen Le ha solo 16 anni e studia violino all’Accademia nazionale di musica del Vietnam. Sembra una bambina, ma quando imbraccia il suo strumento assume una postura e uno sguardo da adulta. Così come quando riflette sull’esperienza che sta vivendo: «È una grande opportunità poter far parte di questa orchestra e di questo progetto - dice -. Sto imparando molto, confrontandomi con altri musicisti. La musica classica non è molto popolare in Vietnam, ma l’interesse sta crescendo. Per me suonare è un sogno: un sogno impegnativo, che chiede studio e dedizione. E un’esperienza come questa è estremamente incoraggiante: musicisti di Paesi così diversi suonano la stessa musica, hanno lo stesso feeling, stanno bene insieme. Credo che tutto questo arrivi anche al pubblico».
Scélo Chris Njopha, 26 anni, viene dall’altro capo del mondo: il Sudafrica. È l’unico rappresentante di un continente dove la musica classica è poco conosciuta. «Eppure - riflette Scélo - la musica è parte integrante della nostra vita e della nostra cultura; unisce le persone nei momenti importanti dell’esistenza. Siamo un Paese con così tanti popoli: dobbiamo vivere insieme, trovare soluzioni ai conflitti e una strada per coesistere». Nella ricerca faticosa di un’armonia delle differenze, il Sudafrica può contare su tanti giovani di talento come Scélo: «Sono entusiasta di suonare insieme a giovani di tutto il mondo. La musica crea connessioni straordinarie!». È quello che hanno percepito con forza anche due promettenti musicisti italiani, Nicolò Benucci, 24 anni di Firenze, figlio d’arte - il padre Luca è primo corno del Maggio Fiorentino - e Johannes Baldo, 21 anni di Bolzano, mamma corista e padre fisarmonicista. Entrambi suonano il corno francese e si considerano amici fraterni: uno inizia una frase, l’altro la finisce. La musica li unisce fortemente e, al tempo stesso, li sollecita a nuove esperienze. «Servirebbero più iniziative come questa», sostiene Nicolò. «Qui ci confrontiamo con mentalità e attitudini diverse, c’è uno scambio e un venirsi incontro, che ti aprono la mente», aggiunge Johannes.
Keyu Lu, 21 anni, di Shangai (Cina), flautista, e Shina Yamamoto, 22 anni di Tokyo (Giappone), violinista, hanno entrambe un aspetto esile e delicato, dietro il quale però celano una grande determinazione e molta consapevolezza: di quello che vivono e di quello che desiderano. «La musica è comunicazione e se voglio fare una carriera musicale è necessario essere aperti», dice Keyu, che dall’esperienza con la Wyo ha tratto grande ispirazione anche per il suo futuro. Lo stesso Shina: «Non ho avuto molte opportunità di suonare con musicisti europei e di altri Paesi. Qui abbiamo sperimentato la possibilità di intenderci gli uni gli altri senza usare la stessa lingua, ma suonando la stessa musica». È d’accordo anche il Maestro Tran Nhat Minh, direttore d’orchestra molto conosciuto in Vietnam, che ha diretto la prima parte del concerto sinfonico alla Concert Hall di Hanoi con alcuni brani classici locali: «È stata un’esperienza memorabile poter dirigere giovani musicisti di così alto livello. Ci siamo sentiti tutti molto coinvolti. La musica è davvero capace di superare molti confini».
Per i bambini con le Missionarie della Carità
Il cancello della grande casa delle Missionarie della Carità di Bin Dhuong separa un mondo da un altro. Lasciata alle spalle la sconfinata e caotica città di Ho Chi Minh (Saigon), fa entrare in uno spazio di insperato silenzio, interrotto solo dai vagiti dei neonati e delle voci di un coro di bambini che viene dal piano di sopra. Suoni invece di rumori. È un’oasi di pace questa casa che accoglie vite ferite e custodisce germogli di nuove esistente, offrendo un’opportunità a chi non ha niente e nessuno. Sono circa un’ottantina gli orfani e i bambini con situazioni familiari particolarmente difficili ospiti di questa casa. Ci sono dodici neonati e alcune ragazze-madri, che sono state rifiutate dalla famiglia o sono vittime di violenze. E ci sono moltissimi bambini e ragazzi con storie drammatiche alle spalle, che hanno trovato in questa struttura una casa e una famiglia. Sono accolti e accuditi da una ventina di suore di Madre Teresa, che qui però non portano il tradizionale sari, ma pantaloni neri e una camicetta bianca o azzurra.
Suor Marie-Lucie, ex superiora della comunità, racconta storie di povertà, emarginazione, violenza, criminalità, abbandono. Ci presenta una ragazza giovanissima che tiene in braccio il suo piccolo e ne culla un altro nel lettino accanto: «Ha 15 anni - ci dice - ma a volte sono ancora più giovani. Cerchiamo di rintracciare i genitori per provare a rimandarle a casa. Essere una ragazza-madre è una vergogna per la famiglia». Nella stanzetta accanto ci sono i piccolini che stanno imparando a camminare e, poco distante, quelli che frequentano la materna. Si avvicina una ragazza: è la più grande della comunità, ha appena compiuto 18 anni e vorrebbe frequentare l’università, ma è molto costosa. «La provvidenza ci aiuterà anche in questo», dice suor Marie-Lucie, che ci mostra il nuovo edificio inaugurato nel 2020: «Lo abbiamo costruito grazie a tantissime piccole donazioni».
In effetti, tutto qui parla di gratuità, dedizione e cura, ma anche di legami speciali e di incontri carichi di conseguenze inaspettate. Come quello che ha portato sin qui anche la Fondazione World Youth Orchestra con il progetto Wyo4Children. E così, dallo scorso gennaio e sino a settembre, ogni sabato si tengono lezioni di canto e di musica, che coinvolgono tutti gli ospiti della struttura. All’origine, però, c’è appunto un incontro fortuito, la scorsa estate a Taizé, tra l’organizzatore della tournée dell’orchestra, Matteo Penazzi, e un prete vietnamita, padre Dominic Nguyen, in viaggio verso la Gmg di Lisbona. Da quell’incontro è nato anche questo laboratorio, che vede coinvolti cinque maestri tutti molto giovani e motivati.
Il coordinatore, Nguyen Hoang Le Vu, 23 anni, insegna musica in una scuola di Ho Chi Minh e dirige il coro della sua parrocchia. È rigoroso ed esigente, ma mostra anche grande umanità ed empatia: anche qui la musica e il canto sono uno straordinario strumento di dialogo e fratellanza, ma anche di disciplina e pedagogia. «A volte - dice con un sorriso gentile - dopo una settimana impegnativa, non si avrebbe voglia di alzarsi presto anche il sabato e di fare più di un’ora di viaggio. Poi, però, quando vedo il loro impegno e la loro gioia nel cimentarsi con gli strumenti e il canto mi sento felice. Mi trasmettono una grande energia».
Anche Bao Tran, 20 anni, maestra di violino, è entusiasta di questa esperienza: «Quando dovevo sostenere l’esame per il conservatorio - ricorda - la parrocchia mi ha aiutata economicamente. Adesso voglio restituire quello che ho ricevuto. E poi per questi ragazzi imparare a suonare uno strumento è qualcosa di speciale. Avevano visto un violino solo nei cartoni animati e mai avrebbero pensato di poterlo suonare loro stessi!».
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