I 220 film distrutti dalle fiamme al Centro sperimentale di cinematografia di Roma
Ecco l’elenco dei titoli finiti nell’incendio dell’8 giugno. Gran parte delle bobine in nitrato erano comiche di Charlie Chaplin, cinegiornali luce, e pellicole straniere di una collezione privata. Nell’elenco anche “Miracolo a Milano” di Vittorio De Sica e “Cronaca di un amore” di Michelangelo Antonioni. Il presidente Sergio Castellitto annuncia contromisure, ma la polemica non si placa
Il Centro Sperimentale di Cinematografia ha pubblicato la lista di film andati perduti nell’incendio avvenuto la notte dell’8 giugno, e che ha coinvolto il cellario B4.
In una nota stampa firmata dal presidente della fondazione Sergio Castellitto, l’istituto di via Tuscolana ha ricostruito l’iter di quanto avvenuto, spiegando anche il perché aveva inizialmente condiviso la notizia dell’incendio per poi rimuoverla dal proprio sito nella mezzora successiva. Una scelta, questa, della direttrice generale del Centro Monica Cipriani, che riteneva una tale comunicazione «lesiva dell’immagine del Csc», soprattutto a fronte di indagini in corso per chiarire cause e conseguenze dell’incendio.
Ad aver divulgato la notizia, quasi due mesi dopo, è stato il deputato di Allenza Verdi e Sinistra (Avs) Marco Grimaldi, in un’interrogazione parlamentare diretta al ministro della cultura Gennaro Sangiuliano e depositata alla fine del mese di luglio, chiedendo di intervenire con urgenza per «salvaguardare un’istituzione culturale quale il Csc».
Distrutti nelle fiamme sono 220 titoli, tra cui Miracolo a Milano di Vittorio De Sica, Quel bandito sono io di Mario Soldati e Cronaca di un amore di Michelangelo Antonioni. La maggior parte, però, sono comiche di Charlie Chaplin, cinegiornali luce, e pellicole straniere facenti parte di una collezione privata di José Pantieri, fondatore del Museo Internazionale del Cinema e dello Spettacolo (Mics), e arrivati alla Cineteca dopo la sua morte. Il titolare dei materiali di Pantieri è ora la Soprindendenza Archivistica e Bibliografica del Lazio.
Contromisure
Una fonte ha dichiarato a Domani che sarebbero 500 scatole di bobine in nitrato (altamente infiammabile) ad essere andate a fuoco, che non corrispondono a 500 film, soprattutto visto che molti lungometraggi potevano essere contenuti anche in sei scatole. In ogni caso, sarebbero film di cui esistono altre copie di protezione, dice il Centro.
«In questi giorni – si legge nel comunicato del Csc – è stato aperto un tavolo di lavoro al Ministero della Cultura per trovare finalmente una soluzione tecnica al problema che riguarda la Cineteca di Stato», scrive Castellitto. In una dichiarazione precedentemente ottenuta da Domani, il responsabile della comunicazione del Csc Mario Sesti aveva spiegato che il problema della conformità degli spazi sarebbe stato già preso in considerazione dall’attuale presidenza del Centro Sperimentale. Sempre Sesti aveva affermato che l’attuale location può soddisfare «solo in parte» le necessità di conservazione del patrimonio cinematografico nazionale, aggiungendo che «è stata sondata la possibilità di alcuni siti al fine di costruire strutture necessarie a questo scopo».
Tra le criticità che riguardano il Csc ci sarebbero gravi rischi alla sicurezza per via delle muffe, delle pellicole in nitrato, che sono conservate, scrive l’istituto, in cellari «inadeguati, pur considerati a norma dai vigili del Fuoco», e inoltre «mancanza di spazi per le pellicole safety (non infiammabili)».
«Qualche risposta in più»
In una nota, Grimaldi afferma: «Dopo mesi di silenzio Castellitto da Venezia prova a gettare acqua sulla cenere. Ho iniziato a occuparmi del Centro Sperimentale di Cinematografia quando sono venuto a conoscenza che si intendeva non rinnovare i contratti di 17 tecnici (pari a 189mila euro) impegnati nella digitalizzazione del patrimonio storico del cinema italiano; mentre venivano attivati a consulenti vari incarichi per oltre 700mila euro. E mi pareva una cosa gravissima. Poi sono venuto a scoprire dell’incendio “secretato”, dei mancati investimenti e dello stato di salute precario di questa istituzione così importante per la nostra memoria e per il futuro del Cinema Made in Italy». E conclude: «Mi sarei aspettato qualche parola in meno e qualche risposta in più».
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