Giorgia Meloni sceglie la linea del silenzio per tutta la giornata, fino alle 21.30 passate quando alza il telefono e chiama la trasmissione Stasera Italia su Rete4. Per dire la sua sul caso Cospito, ma senza entrare nel merito della spinosissima vicenda che coinvolge il sottosegretario Andrea Delmastro Delle Vedove e il vicepresidente del Copasir Giovanni Donzelli. «Il governo - spiega - non ha alzato i toni, né aizzato la piazza. La sfida non è all'esecutivo, ma allo Stato. Non è tema di destra o di sinistra, ma riguarda tutti. È per questo consiglio responsabilità».
Un'accelerazione, quella serale, che serve per ribadire quello che Meloni pensa da tempo, cioè che l'opposizione (in particolare il Pd) abbia tenuto sul tema Cospito una posizione «ambigua». Ma forse ha anche l'obiettivo di spostare i riflettori dalla bufera che sta coinvolgendo i due esponenti di Fratelli d'Italia. E che già si è abbattuta sul ministero della Giustizia, se il Guardasigilli intervenendo alla Camera e al Senato si limita a esporre i fatti, rimandando la palla alla magistratura «perché c'è un'inchiesta in corso». Certo, Carlo Nordio precisa che il governo «non si parerà dietro la procura di Roma», ma con una premessa che è difficile non leggere come un biasimo al suo sottosegretario Delmastro e a Donzelli. «In linea di principio dice tutti gli atti riferibili a detenuti al 41bis sono per loro natura sensibili, ragion per cui ai fini della loro ostentazione occorre una verifica preventiva». Quasi a lasciare intendere che, comunque vadano gli approfondimenti in corso a via Arenula, la scelta di Delmastro di condividere informazioni «sensibili» con Donzelli non è stata opportuna.
Il caso, insomma, non è chiuso. Perché non c'è solo il fronte giudiziario, con l'inchiesta aperta dalla procura di Roma, ma anche quello politico, con il giurì d'onore della Camera che dovrà pronunciarsi presto. La delicatezza della vicenda, inoltre, impone prudenza per un serie di fattori che si vanno a sovrapporre pericolosamente. Peraltro, alla vigilia del voto in Lombardia e Lazio, che insieme contano quasi 16 milioni di abitanti, inevitabilmente un test anche sul governo. Non c'è, infatti, solo lo stupore del Quirinale per quanto accaduto martedì alla Camera, anche se ovviamente il Colle si guarda bene dall'esprimere qualsiasi tipo di giudizio su una vicenda i cui accertamenti sono già affidati ad altri organi giurisdizionali. Ma pure la freddezza degli alleati. Silvio Berlusconi in primis, anche se perfino la Lega si sta muovendo con circospezione, nonostante la solidarietà arrivata da un Matteo Salvini che oggi in Consiglio dei ministri dovrebbe finalmente incassare un primo via libera al disegno di legge sull'autonomia differenziata.
Ma c'è anche il fronte interno, che Meloni non sottovaluta. Interno al governo, ma anche a Fdi. Sul primo, pesa il fatto che Delmastro è il plenipotenziario della premier a via Arenula. E quindi c'è chi sospetta che un suo ridimensionamento non agiti poi troppo i sonni di Nordio (che, infatti, non sarebbe stato contrario a un suo passo indietro e che starebbe valutando di toglierli la delega al Dap). Sul secondo, invece, gravano le tensioni interne a Fdi. Con la faida che ha portato al commissariamento della federazione romana che fa capo a Fabio Rampelli. E commissario è stato nominato proprio Donzelli, con strascichi che per ora sono rimasti sotto traccia. Ancora ieri, quando i due si sono incrociati in Transatlantico e Donzelli ha fatto notare a Rampelli di avergli dato ragione per non aver censurato chi lo accusava di «analfabetismo istituzionale» durante la seduta di martedì. «Vogliono raccontare chissà quali divisioni nel nostro partito, ma io ho detto che hai fatto bene e che non c'è nessun retroscena», dice il responsabile organizzazione di Fdi. Con Rampelli che si limita a un cenno di assenso con la testa e un sorriso che ai più pare un po' tirato.
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