domenica 1 gennaio 2023

Teatro La Fenice-Rai 1. Concerto di Capodanno, o 'delle commemorazioni e anniversari', che inizia con il 'Requiem' (Lacrymosa)

Comincia con  Nureyev, morto trent'anni fa,  e nel cui ricordo si esegue 'Panorama' da La bella addormentata' danzata da Jacopo Tissi, il ballerino italiano stabile al Bolshoi, tornato in Italia allo scoppio delle guerra in Ucraina; mentre le immagini di Nureyev che ballava quello stesso brano, alternate quelle di Tissi, accentuavano il carattere commemorativo. 

Di commemorazione in commemorazione, si prosegue con Maria Callas, a cent'anni dalla nascita, per inserirvi nel programma del concerto  Casta diva da Norma, cantata da Federica Lombardi. Qui  la direzione artistica del concerto ha evitato - e meno male -  di ripetere il medesimo gioco con  le immagini della Callas che canta Casta diva.

 Ed ancora l'Intermezzo della Cavalleria rusticana, per la ricorrenza dei 160 della nascita di Pietro Mascagni.

 E per finire, colmo dei colmi, il massimo del 'politically correct',  che  si trasforma in sommamente scorretto e inopportuno, il Lacrymosa dal Requiem di Mozart, per commemorare Benedetto XVI scomparso appena 24 ore prima. Non bastava averlo commemorato attraverso le parole dello speaker, il sempre ottimo Roberto Chevalier, si è ricorso al Lacrymosa,

 Come si fa ad aprire un Concerto di Capodanno con il Lacrymosa di Mozart? Neppure la mente più perversa avrebbe pensato quel che ha fatto Ortombina, d'accordo ovviamente con Harding, che ha dovuto concertare il brano in tutta fretta, visto che la morte del Papa emerito risale a 24 ore fa.

Il papa viene ricordato anche per il brano d'apertura, Ouverture da Le nozze di Figaro - lui che amava tanto Mozart, ha commentato Chevalier; e perfino una terza volta, verso la fine del concerto nell'annuncio del brano corale da Turandot, Padre augusto. A proposito del quale, riascoltarlo pochi minuti dopo Nessun dorma che ha il medesimo coro, è davvero fuori luogo ed ingiustificabile.

 Si potrebbe aggiungere che mettere in programma l'Ouverture de Le nozze mozartiane, nel concerto del 2023, dopo che lo stesso Harding l'aveva fatta ascoltare a Capodanno del 2021 (lo ha ricordato lo speaker), fa capire più di ogni altra cosa quanto ristretti siano gli orizzonti della conoscenza del melodramma da parte di Ortombina e di  quanta pigrizia pecchi il  suo operato. 

 E, ancora, che l'Allegro vivace dall'Ouverture del Guglielmo Tell di Rossini messo dove lo abbiamo ascoltato risultava davvero fuori posto. noi la facemmo ascoltare in uno dei primi concerti, ma in apertura di programma.

 E, per finire, che quel brevissimo coro mozartiano (Che del ciel che degli dei) dalla Clemenza di Tito, certamente una perla non discutiamo, poteva essere benissimo sostituito da tanti altri del nostro melodramma magari molto più conosciuti, rubando un pò di tempo all'aria del tenore: La fleur que vous... che termina con Carmen je t' aime, cantata Freddie De Tommaso e  che ci resterà nella memoria  soprattutto perchè il regista Fabrizio Guttuso Alaimo ( che passa dalle pastasciutte della cucina clericiana alle musiche del Concerto di Capodanno, senza soluzione di continuità e con la stessa mano leggera) ha colto il sindaco Brugnaro, seduto nel palco reale, mentre bacia  con tenerezza la moglie (di fatto), Stefania, alla fine dell'aria, dichiarandole  Je t'aime, e lei, di risposta, che posa sulla sua spalla, languidamente, la testa.

 Per ora basta, è già troppo così. Attendiamo l'esito degli ascolti tv.

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Subito dopo Rai 2 ha trasmesso il Concerto di Capodanno da Vienna, diretto da un algido ed inespressivo, anche  nel fisico, Franz Welser-Most.              

A dimostrazione che la sciatteria ormai non risparmia più nessuno, si è visto il disappunto del pubblico  che ha atteso qualche minuto il ritorno del direttore  sul podio, senza che  nessuna giustificazione potesse  essergli concessa, e nonostante che la speaker avesse da un bel pò finito di introdurre i brani successivi.

 Dalla stessa voce fuori campo abbiamo appreso che nel concerto di quest'anno si sarebbero ascoltati brani poco noti, perchè si voleva scoprire  il repertorio viennese che, salvo pochi numeri conosciuti anche troppo, resta sconosciuto.

 Se anche Ortombina, che vanta studi approfonditi del melodramma italiano, seguisse il consiglio dei viennesi, non ascolteremmo gli stessi brani  riproposti a breve distanza di anni,  e  ci  eviterebbe, data la vastità del repertorio, il ricorso alle Carmen o alle Belle addormentate, come asbbiamo dovuto ascoltare quest'anno. 

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