“Le potenzialità della rete sono straordinarie, Itsart è un modo nuovo di offrire la cultura italiana a tutte le persone che potranno da casa aggiungersi a quelle che continueranno ad andare a vedere gli spettacoli dal vivo”. E ancora: “Itsart è un palcoscenico virtuale che si aggiunge a quello reale per moltiplicare il pubblico, nella consapevolezza che la fruizione digitale non potrà mai sostituirsi a quella dal vivo”. Con queste parole il Ministro Fraceschini, esponente di spicco del Pd presentava Itsart nel maggio del 2021, voluta dal suo ministero e realizzata da Cassa Depositi e Prestiti in collaborazione con Chili.
Un progetto partorito nel 2020, durante i mesi di lockdown: il governo voleva sfidare i colossi privati per esportare la cultura nostrana e “proiettarla nel futuro”. Film, serie, spettacoli, documentari, musica: di tutto e di più.
Entusiasmo alle stelle, ma solo da parte di Franceschini. Sono bastati pochi mesi per capire il potenziale fallimentare di Itsart: come confermato da Il Foglio, appena 141 mila utenti registrati per un totale di 246 mila euro di incassi. Cifre decisamente ridicole, considerate le spese: nel 2021 sono stati sborsati 7,5 milioni di euro, di cui 900 mila per il personale.
Un disastro che non sorprende. I dubbi su Itsart non sono mai mancati. Gli artisti in prima fila, con qualche incertezza su tempistica, metodo e merito, a partire dalla questione diritti. Ma è stato un altro il dettaglio a fare storcere il naso a molti: diversi contenuti a pagamento sulla piattaforma erano in realtà disponibili gratis altrove. Basti pensare a uno dei pezzi pregiati della collezione della Netflix franceschiniana, ovvero il concerto di Claudio Baglioni, disponibile su Youtube senza sborsare un euro.
Insomma, un disastro annunciato. E ora potrebbe agire la Corte dei Conti, che ha tutte le carte a disposizione per valutare eventuali richieste di risarcimento.
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