Votato oggi in Commissione Cultura al Senato l’emendamento che introduce l’indennità di discontinuità, la misura che consente di sanare le fragilità del lavoro intermittente.
Arriva oggi la prima, vera buona notizia per il settore dello spettacolo, dopo due anni di pandemia e una crisi che ha prodotto tra l’altro una dispersione di personale tecnico e artistico senza precedenti. Lavoratori e lavoratrici senza certezze, 1/5 dei quali ha abbandonato il settore, che nel 2019 produceva 1,4 miliardi di euro.
Mercoledì 4 maggio 2022, i parlamentari in Commissione Cultura al Senato hanno votato a favore dell’emendamento che introduce l’indennità di discontinuità, uno degli emendamenti alla legge di delega al Governo, presentati dai relatori Roberto Rampi (Pd) e Nunzia Catalfo (M5S). Obiettivo di questa misura è quello di riconoscere la specifica natura “discontinua” delle professioni creative. L’indennità di discontinuità, infatti, riconosce i tempi di preparazione, formazione e studio quali parti integranti dei tempi di lavoro effettivo, perché connaturati e indispensabili per chi svolge un lavoro delle arti performative. In altre parole, l’indennità di discontinuità riconosce il tempo fino ad oggi ritenuto di non attività come tempo di lavoro indispensabile.
Unita e La Musica Che Gira si sono incontrate durante la pandemia con altre realtà in una comunione di intenti: riformare il settore sul tema del lavoro, sul riconoscimento degli spazi culturali e sulla costruzione di un nuovo paradigma per le imprese culturali e creative. Le due realtà, oltre ad impegnarsi per le misure emergenziali ottenendo aiuti concreti per il settore, hanno dal principio richiesto che la ripartenza trovasse basi solide su un radicale cambio di rotta in ambito legislativo. Il settore è normato poco e male, da leggi vecchie che non tengono conto dei rapidi cambiamenti ai quali il lavoro in questo ambito è da sempre esposto. L’indennità di discontinuità è solo una delle misure che contribuiscono al miglioramento delle condizioni di chi lavora in questo mondo, ma è di certo il cuore di un percorso di riforma che oggi può finalmente rendere i lavoratori e le lavoratrici meno fragili. Riconoscere le caratteristiche intrinseche del lavoro nel mondo dello spettacolo e la differenza sostanziale che sussiste tra lavoro intermittente e lavoro discontinuo è oggi il primo vero passo del cambiamento.
Una battaglia che è durata due anni con lo studio e il confronto tra Unita, La Musica Che Gira e altre realtà come Fondazione Centro Studi Doc (alla quale dobbiamo anche il primo studio sulla dispersione di personale tecnico all’interno del settore spettacolo a causa del Covid-19) e il FAS (Forum Arte e Spettacolo), che ha elaborato agli inizi della pandemia una proposta di legge che è stata seminale per il lavoro che ne è seguito. Un lavoro di dialogo complesso e articolato confluito nella proposta di legge Orfini-Verducci (lo Statuto sociale dei lavori nel settore creativo, dello spettacolo e delle arti performative) e che sta per concludersi con l’iter di votazione avviato oggi in Commissione Cultura al Senato. Un segno che il mondo dello Spettacolo non è destinato all’immobilità normativa, che i lavoratori, le lavoratrici e chiunque ne faccia parte possono contribuire con la propria voce a determinare dei cambiamenti importanti. Il grande lavoro di riforma dell’intero settore, che è ancora da completare, può è deve partire da questo primo importantissimo risultato.
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