Nonostante l’access prime time, la Gioia della musica finora non ha rivoluzionato gli ascolti di Rai 3 e per Fuortes è una scommessa (coraggiosa) a perdita e guadagno zero. Nel merito la grande passione di Augias per lo spartito non sempre corrisponde ad accuratezza. Tra sviste, errori e una regia poco attenta, il formato avrebbe bisogno di una sistemata.
Nella prima metà degli Anni 90, un Alessandro Baricco poco più che trentenne aveva debuttato in televisione – su Rai 3 – con una trasmissione di divulgazione musicale, dedicata essenzialmente all’opera, che aveva avuto un inatteso successo. L’amore è un dardo, così s’intitolava, aveva sorpreso chi pensava che non ci fosse spazio per questo tipo di iniziative, raggiungendo ascolti che all’epoca erano parsi decisamene fuori dall’ordinario. Le puntate di quel programma andavano in onda di pomeriggio e riuscivano ad attirare una platea media di circa 1 milione di persone. Tanto che un anno e mezzo più tardi erano state riproposte, senza che peraltro si modificasse l’incrollabile convinzione dei dirigenti Rai che non fosse il caso di azzardare orari ad altro vocati. E quindi la mezz’oretta con Baricco era relegata dopo tutto il resto, sul far della mezzanotte.
La grande passione per la musica di Augias non sempre coincide con l’accuratezza
Trent’anni dopo, la divulgazione della musica colta torna al centro dell’attenzione di Rai 3. E questa volta, non è nascosta negli anfratti del palinsesto, ma campeggia al centro del cosiddetto access prime time, la fascia oraria che precede la prima serata, grossomodo fra le 20 e le 21. Il programma s’intitola La gioia della musica e lo conduce Corrado Augias, 87 anni portati magnificamente e una passione per la grande musica che non sempre coincide con l’accuratezza, pur tenendo conto delle necessità divulgative. Il titolo è la traduzione letterale di quello di un bestseller del grande direttore americano Leonard Bernstein, per inciso uno dei più formidabili divulgatori musicali del Novecento, come dimostrano le sue apparizioni nel programma Omnibus della CBS, oggi facilmente reperibili in Dvd. La trasmissione andrà in onda fino al 10 giugno, cinque puntate a settimana, dal lunedì al venerdì, con inizio alle 20.20 – subito dopo Blob – e conclusione alle 20.45, quando lascia la ribalta alla soap di lungo corso Un posto al sole. Su Raiplay sono a disposizione tutte le puntate.
La scommessa di Fuortes è a perdita e guadagno zero
A giudicare dai dati Auditel della prima settimana, la scommessa dell’amministratore delegato della Rai, Carlo Fuortes, sembra essere finora a perdita e guadagno zero. Quando tocca alla divulgazione musicale, siamo sempre agli Anni 90: nonostante lo sviluppo di una rete quasi “dedicata” come Rai5 e nonostante il sostanziale sdoganamento dell’opera anche sulle reti maggiori (per non parlare di un canale come Classica su Sky e dell’ormai imponente offerta in streaming), rimangono circa un milione gli italiani attratti dall’idea di scoprire qualche “segreto” della grande musica. Con una discesa al venerdì (823 mila) ma una sostanziale tenuta gli altri giorni, e share mediamente intorno al 5 per cento. A voler pensare positivo, si può dire che l’access prime time di Rai 3 non ha subito scossoni. L’andamento appare infatti stabile anche con l’inserimento della novità: si parte dai circa 800 mila che seguono Blob per arrivare al milione e mezzo che non perderebbe per nulla al mondo una puntata di Un posto al sole. A voler puntualizzare, inevitabile sottolineare come il programma di Baricco fosse trasmesso in orari assai meno “facili” e favorevoli. Quanto al merito, dopo avere seguito le prime quattro puntate l’impressione è che il formato avrebbe invece bisogno di essere messo a punto meglio, ferma restando l’impostazione generale. Il programma – che viene registrato all’auditorium Toscanini di Torino – è basato da un lato sulla presenza quasi costante di Augias e dall’altro sull’apporto musicale “pratico” di due giovani direttori, Speranza Scappucci e Aurelio Canonici, e sulla presenza assai collaborativa dell’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai, come insieme e nei singoli strumentisti.
Tecnicismi ostici, inesattezze e qualche problema di regia
Ogni puntata mette a fuoco un “pezzo famoso”: la Sinfonia del Guillaume Tell di Rossini, il Finale della Sinfonia Eroica di Beethoven, la romanza celeberrima Che gelida manina dalla Bohème di Puccini, il Concerto La Primavera di Vivaldi. L’asserita volontà di tenersi lontani da ogni tecnicismo è contraddetta quando i due direttori al pianoforte illustrano qualche dettaglio dei brani all’attenzione. Per dire, discettare sulla complessità armonica e sui continui cambi di tonalità della musica nel finale del Tell può risultare ostico. Ed è semplicemente fuorviante estrarre un metronomo parlando della Primavera e dei tempi nei tre movimenti, a meno di non chiarire che il metronomo all’epoca di Vivaldi non esisteva proprio. E anche: va benissimo andare alla scoperta dei singoli strumenti e delle loro voci rispetto alle pagine di cui si sta parlando (corno e arpa nella Romanza di Puccini, ad esempio), ma se poi quando avviene l’esecuzione la regia non punta su quegli stessi strumenti al momento opportuno, mostrandoli in azione, la “presentazione” precedente perde molto di valore. Augias è notoriamente uomo di televisione (oltre che molto altro) e racconta affabilmente e con bella disposizione comunicativa, anche se talvolta un po’ troppo a orecchio, per restare nella terminologia musicale. Le considerazioni storiche a volte sono precise altre meno, quelle storico-musicali altrettanto. Per esempio, era davvero troppo complicato spiegare che la Sinfonia Eroica non è mai stata dedicata a Napoleone, ma era “intitolata Bonaparte”, e fu quel titolo a essere cambiato da Beethoven? E ancora, va bene suggellare la puntata sulla Primavera vivaldiana citando Leopardi (“Primavera d’intorno brilla nell’aria” …), ma non si può arrivare solo negli ultimi secondi, dopo vario e vago discettare sulla musica a programma, a dire che le Stagioni di Vivaldi sono ciascuna preceduta da un Sonetto (non da versetti…) che è l’esatta “spiegazione” di quello che la musica intende descrivere. Quello era il semplicissimo punto di partenza della puntata.
Della Sinfonia del Tell è stata eseguita solo la seconda metà, del Finale dell’Eroica e della Primavera uno spezzatino
In generale, la messa a fuoco delle epoche e degli autori è sempre piuttosto generica, migliore quando è realizzata con l’aiuto di spezzoni di film in costume. Ma fino a questo momento i compositori non sono mai emersi davvero come “personaggi”, anche se non saremo certo noi a lamentarci dell’assenza di certa fastidiosa aneddotica. E soprattutto, la loro musica, già individuata in esemplari minimi, al momento dell’esecuzione è stata quasi sempre spietatamente tagliata. Solo Che gelida manina è stata proposta integralmente. Della Sinfonia del Tell solo la seconda metà, del Finale dell’Eroica e della Primavera uno spezzatino. Ma è davvero un affare tagliare la musica per sentire Corrado Augias dire, ad esempio, che Rossini «come pochi seppe esprimere nella sua musica l’animo italiano»? Sorprendente, fra l’altro, considerando che l’argomento era un’opera scritta in francese per l’Opéra di Parigi. Ma questo non è mai stato neanche accennato.
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