giovedì 12 maggio 2022

Augias. C'è chi ne elogia il Nulla, scambiandolo per il Sublime ( La voce delle voci, di Luciano Scateni)

 Giugno del 1976, primo giorno dell’edizione napoletana di Paese Sera. Ore 23 e 45, quindici minuti prima del termine massimo per l’invio a Roma delle pagine. Un dispaccio ANSA ‘batte’ la notizia di un’operaia morta nell’incendio di una fabbrica di materassi. In fretta, un paio di accertamenti, l’articolo scritto in sette minuti, neppure il tempo per una rapida ricerca di possibili refusi, menabò riveduto e corretto, invio a pochi secondi dalle 24 con il ‘telecopier’ (marchingegno antesignano del fax). 

Il breve prologo evidenzia lo sconcerto di stamattina per la ricerca vana, nelle pagine di Repubblica, (avrebbe avuto tutto il tempo per occuparsene) dell’elogio per un capolavoro che solo le conclamate intelligenze della Rai, purtroppo non valorizzate da chi elabora i palinsesti delle tre reti, riescono a incastonare in antitesi alla televisionite della mediocrità, o peggio della ‘distrazione di massa’, che emargina colpevolmente l’offerta culturale. 

Non un rigo sul gioiello dei venticinque minuti (e peccato, meriterebbe tempi più adeguati) di Corrado Augias, impeccabile guida del capolavoro televisivo ‘La Gioia della Musica’. La memoria connette questo esempio di perfezione (che a torto si ritiene specifico per un ristretto circuito dei cultori della musica classica), al precedente di pari eccellenza, che per merito di Alessandro  Baricco (“L’amore è un dardo”, 1993) calamitò l’attenzione del grande pubblico sulla musica ‘colta’, un po’ come il maestro Manzi aveva operato per avvicinare alla lingua di Dante il popolo degli analfabeti. 

Ieri sera, lo straordinario Augias, raffinato padrone di casa di Rai 3, ha illuminato d’immenso la grandezza della bella musica, con l’esecuzione dell’orchestra sinfonica Rai dell’ouverture del Guglielmo Tell, trascinante esempio della creatività di Rossini, composta in un momento ‘buio’ della sua tormentata esistenza. È impossibile la narrazione dettagliata dei venticinque minuti di televisione ‘terapeutica’, idonea a dimostrare lo scellerato percorso della televisione pubblica, delle incomprensibili derive che approdano al trash e non pongono la minima attenzione alla programmazione di qualità.  Senza altri preamboli: se a sera, alle 20 e 20, sintonizzate il piccolo, medio, o grande schermo Tv sul canale 103 della Rai, avrete la conferma che l’elogio di Augias, di ‘La gioia della Musica’ è senza dubbio sottodimensionato.  Sera dopo sera, anche chi è estimatore dei ‘Maneskin’, di Achille Lauro, delle decine di rapper in circolazione, saprà che esiste un altro mondo della musica, di là dalle frivolezze di ‘Tale e quale show’, di ‘Il cantante in maschera’ della Carlucci.

Questo è un invito esplicito all’empatia con i grandi della musica classica, da Bach a Puccini, raccontati in modo leggero e avvincente, avvicinando tutti ai misteri e alle difficolta di una partitura, ai segreti degli strumenti, alle esaltanti fatiche dei compositori, delle orchestre. È una sfida: “La musica colta è considerata quasi intoccabile, pericolosissima, garanzia di insuccesso, specialmente se proposta al grande pubblico di una rete generalista”. 

Accompagnano Augias, in questa stimolante avventura televisiva i direttori d’orchestra Speranza Scappucci e Aurelio Canonici, per svelare cosa c’è dietro i capolavori della ‘nona sinfonia di Beethoven, che compose l’ ‘Inno alla gioia’ quando era in cattive condizioni di salute, della lirica italiana, da Verdi a Puccini, dell’immenso Mozart. Lo scrigno di questo spazio, che precede i format di prima serata, accoglie un’altra perla e si congiunge ad altre, per esempio al ‘Via dei matti numero zero’ di Bollani, alle interviste di Gad Lerner ai partigiani. Viva la Rai.

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