I n occasione della prima nazionale di Inferno di Roberto Castello (in scena al Teatro India il 12 e il 13 novembre) un appuntamento per presentare il libro Nel migliore dei mondi possibili. Intorno all’opera di Roberto Castello, la prima pubblicazione che indaga il percorso artistico del coreografo in relazione alle sperimentazioni tra danza, arti visive e nuove tecnologie delle produzioni di ALDES, edito da Ephemeria nell’ambito della collana I Libri dell’Icosaedro diretta da Eugenia Casini Ropa e Antonello Andreani. Presentato da Andrea Porcheddu, Natalia Casorati e Andrea Cosentino, il volume curato da Valentina Valentini, Valeria Vannucci e Chiara Pirri Valentini si avvale della collaborazione di Roberto Castello, Graziano Graziani e Alessandra Moretti, nonché di diverse autrici e diversi autori che, attraversando quattro decenni di carriera, hanno affondato lo sguardo nella variegata vicenda del teatro di danza italiano, analizzando i diversi aspetti che compongono il percorso artistico di Roberto Castello/ALDES.
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Ed ora vi racconto come l'ho conosciuto ed invitato a creare uno spettacolo di danza per il Festival delle Nazioni di Città di Castello, nell'anno in cui mi fu affidata, dietro suggerimento di Salvatore Sciarrino al quale gli organizzatori si erano prima rivolti, la direzione. Era il 2004. L'incarico mi venne affidato nell'autunno del 2003, il Festival si svolgeva alla fine dell'estate dell'anno seguente.
Era consuetudine ospitare nell'ambito della programmazione del festival uno spettacolo di danza, ed io di danza sapevo veramente molto poco. Mi rivolsi perciò ad un critico di danza, Sergio Trombetta, per avere qualche consiglio, premettendogli che desideravo venisse creato appositamente per Città di Castello lo spettacolo; non mi piaceva l'idea di ospitare una di quelle compagnie che d'estate vanno di festival in festival con un loro repertorio e che nelle edizioni precedenti avevano toccato anche Città di Castello, alcune pure di fama. Lui mi fece alcuni nomi e fra questi quello di Roberto Castello, che fu quello che per il nome subito mi convinse, trovando d'accordo anche Trombetta che naturalmente conosceva il suo lavoro, avviato da una ventina d'anni.
Scherzando proprio sul nome, gli telefonai: mi sembra impossibile che Lei con quel suo cognome non sia stato mai invitato a Castello ( dizione abbreviata di 'Città di Castello'), è ora di porvi rimedio. Anche lui ne fu sorpreso. Gli manifestai la mia intenzione e soprattutto il luogo con tutto il suo fascino, nel quale sarebbe stato ospitato: il Museo Burri, non in città, ma nei mastodontici essiccatoi, in un sala particolare che espone una nutrita serie di lavori di Burri: 'neri'.
Castello accettò, qualche settimana dopo ottenne il Premio UBU 2003 per il miglior spettacolo di Teatro-Danza' con il ' Il migliore dei mondi possibili', che, come leggo, è il titolo della monografia dedicatagli e che viene presentato in questi giorni al Romaeuropa.
'Non danzeremo Burri - preavvertì Castello. Lo spettacolo è a lui dedicato, e nasce per lo spazio del Museo Burri, per essere fruito in quel contesto che lo compone, creato da lui stesso come le opere che lo abitano. Io vengo a portare il mio lavoro, e a collocarlo nel 'salotto di casa sua', ma solo come un ospite rispettoso....Di Burri conosco l'opera dagli anni dell'adolescenza, con mio padre appassionato d'arte... In Burri riconosco la capacità di restituire grandissima dignità artistica a materie poverissime, di uso comune. Ed è questo approccio rigoroso, non compiacente, che ammiro di lui, mentre mi pongo in relazione con un'estetica e una poetica che appartengono al mio lavoro.
Il suo nuovo lavoro coreografico Castello lo intitolò 'Non ama il nero', assumendolo da quello dalla grade sala del Museo dove erano esposte opere del grande artista riunite sotto il medesimo titolo.
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