Quando avevamo più diretti e regolari contatti con compositori e musicisti di ogni risma ed età, Matteo D'Amico che insegnava come noi al Conservatorio aquilano, ci disse che Battistelli, nel gruppo dei compositori romani e non, della sua generazione, incarnava la figura dell'intellettuale, con tutto quello che ne conseguiva, mentre gli altri della 'bottega' della musica erano più semplici artigiani.
Non ricordiamo più se quella discussione aveva luogo all'indomani di una risposta piccata di Stockhausen ad un gruppo di compositori italiani che spingemmo ad interrogarsi , dalle pagine di Piano Time, sul futuro dell'opera; in quel gruppo c'era anche Battistelli.
Non chiedeteci, per favore, di andare a riprendere per riassumerla quella accesa discussione. Pietà per la nostra pigrizia e la poca voglia di tornare al nostro lontano passato - metà degli anni Ottanta - sulle barricate.
Solo che oggi, leggendo la lunga intervista a Battistelli, pubblicata da La Repubblica, la sua intellettualità, sebbene non ribadita, è riemersa. Battistelli ha parlato di 'dubitanza': 'che è cosa ben diversa dal dubbio', sebbene del termine più usato sia anche sinonimo, a dimostrazione che lui frequenta anche Dante, pane quotidiano per un intellettuale che si rispetti; e poi di 'ageismo' che per i meno avveduti sta ad indicare il vizio oggi invalso di prendersela con i vecchi, senza che nulla si faccia per i giovani, in favore dei quali ci si spende ma solo a parole.
E poi ha anche precisato che la caratteristica della sua musica è l'eterogeneità , che è cosa ben diversa dal dilagante 'eclettismo'; e via di riflessione in riflessione, culminando poi in una dichiarazione, che sembrerebbe la negazione del compositore intellettuale ( premettiamo che detta riflessione è di Berio, ma Battistelli l'ha fatta sua) e cioè: " ho messo a fuoco il carattere della mia musica mediante la scrittura, la pura teorizzazione mi avrebbe portato alla paralisi. Berio diceva sempre: Ricordati che la musica è il veicolo per entrare in qualsiasi luogo' - e Berio, conclude Battistelli, aveva ragione, perchè attraverso la musica, conclude, ho indagato qualunque tema.
Infine, Battistelli tocca il tema dell'impegno sociale e politico - nel senso più alto del termine - degli intellettuali, musicisti in primis. Ma su questo preferiamo glissare perchè una voce venire da quel mondo in moltissime occasioni che l'avrebbero pretesa, non l'abbiamo ancora udita.
E non l'ha fatto in un caso, neppure da Battistelli. Se vogliamo dirla tutta, avrebbe dovuto rivoltarsi contro Fuortes, quando dopo un solo anno di sua responsabilità per i concerti e per il festival contemporaneo all'Opera di Roma, gli diede il benservito. Battistelli allora ed anche in seguito tacque sulla scarsa considerazione che quel sovrintendente - che non era certo l'unico - aveva della musica di oggi. Forse che quel suo silenzio ebbe come compenso Giulio Cesare?
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