domenica 2 febbraio 2020

La Cassazione bacchetta gli editori di giornali che sfruttano i 'collaboratori', cosiddetti..( dal blog di Franco Abruzzo) Se fossi ancora in piena attività la userei a mio vantaggio

Storica sentenza della Cassazione a Sezioni Unite Civili di grande importanza per i pubblicisti che svolgano attività giornalistica in modo esclusivo in una redazione.



2.2.2020.  Storica sentenza della Cassazione a Sezioni Unite Civili di notevole rilievo per i pubblicisti che svolgano attività giornalistica in modo esclusivo in una redazione. La Suprema Corte, presieduta da Giovanni Mammone, su conforme richiesta dell'Avvocato Generale MARCELLO MATERA, decidendo su una questione di massima di particolare importanza in tema di rapporto di lavoro giornalistico, ha affermato che "l'attività svolta dal collaboratore fisso espletata con continuità, vincolo di dipendenza e responsabilità di un servizio rientra nel concetto di "professione giornalistica". Ai fini della legittimità del suo esercizio è condizione necessaria e sufficiente la iscrizione del collaboratore fisso nell'albo dei giornalisti, sia esso elenco dei pubblicisti o dei giornalisti professionisti: conseguentemente, non è affetto da nullità per violazione della norma imperativa contenuta nell’art. 45 della legge n. 69 del 1963 il contratto di lavoro subordinato del collaboratore fisso iscritto nell’elenco dei pubblicisti, anche nel caso in cui svolga l’attività giornalistica in modo esclusivo". 




La sentenza n. 1867 del 28 gennaio 2020, redatta da Adriana Doronzo, é scaricabile, cliccando su http://www.italgiure.giustizia.it/xway/application/nif/clean/hc.dll?verbo=attach&db=snciv&id=./20200128/snciv@sU0@a2020@n01867@tS.clean.pdf 




E' stato così accolto il ricorso di una giornalista pubblicista milanese, assistita dagli avvocati Bruno Del Vecchio, Mario Fezzi e Maurizio Borali, nei confronti del quotidiano Il Sole 24 Ore. Il tribunale di Milano aveva dichiarato l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a decorrere dal gennaio 1996, riconoscendo alla giornalista la qualifica di collaboratrice fissa e ordinando alla società di regolarizzare il rapporto con l'attribuzione alla suddetta di una retribuzione mensile di € 2.500. La Corte d'appello di Milano aveva però riformato la sentenza di 1° grado dichiarando la nullità del rapporto di lavoro subordinato intercorso tra le parti dal 1997 al 2008, ai sensi dell'art. 2 del Contratto Collettivo Nazionale dei Giornalisti, e respinto ogni altra richiesta della giornalista, compensando le spese del giudizio. La situazione si é ora capovolta. Sarà la Corte d'appello di Milano a riesaminare le carte, ma attenendosi alla lettera agli importanti principi fissati dalla Cassazione che potrebbero riflettersi positivamente anche sull'INPGI.



Pierluigi Franz

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