Valeria Parrella, su Robinson - allegato a 'La repubblica' ieri racconta di tre mostre ospitate a Capodimonte e che illustrano la 'grande Napoli, la Napoli 'capitale' dei secoli passati: il Teatro San Carlo, il Conservatorio di San Pietro a Majella e la Scuola di ceramica.
E riferisce la grande considerazione che ebbe della città Mozart, quattordicenne, conscio che Napoli era all'epoca una grande capitale, specie per la musica, per i suoi Conservatori di Musica e per i musicisti usciti da essi e impegnati presso corti e teatri fra i maggiori in Europa.
Il quale in una lettera 'al padre' Leopold - scrive la Parrella - avrebbe dichiarato: "Il giorno in cui riuscirò a scrivere una partitura (usò il termine partitura il giovane Mozart, o non piuttosto opera?) che possa piacere al Teatro San Carlo varrà come cento concerti fatti per i tedeschi".
"Mozart - prosegue Valeria Parrella - scrisse questa lettera al padre dopo aver assistito alla rappresentazione del Demofonte di Jommelli al Teatro San Carlo".
La Parrella avrebbe potuto, giusto in relazione a quegli stesi anni dei viaggi di Mozart in Italia - che furono tre, ma solo nel corso del primo visitò, si fermò e assistette ad un'opera al San Carlo (maggio 1770) di Jommelli, alla presenza del Re e della Regina - riportare testimonianze di altri sulla centralità di Napoli nella musica del Sei-Settecento. Pensiamo ad esempio, a Charles Burney, in Italia nello stesso anno del primo viaggio di Mozart, per documentarsi sulla musica, in previsione e nell'imminenza della scrittura di una storia della musica, nella quale l'assenza di Napoli - la vera capitale della musica - sarebbe stata incomprensibile.
Alla Parrella è bastato Mozart e Mozart basta anche a noi.
Però, la Parella, nella foga laudativa, commette una serie di errori, uno dopo l'altro, che non le si possono perdonare.
Mozart, nel corso del suo primo viaggio in Italia, quando si ferma anche a Napoli, è in compagnia del padre, dunque improbabile che gli abbia scritto, dopo una serata al San Carlo. Dove andò, ma l'opera che vide ed ascoltò non era Demofonte, bensì l'Armida abbandonata del medesimo Jommelli, andata in scena il 30 di maggio.
Perciò se Mozart scrisse del Teatro San Carlo, dopo avervi assistito ad una rappresentazione, all'età 14 anni, non scrisse a suo padre che era lì con lui, bensì' alla famiglia, e l'opera che vide non era Demofonte che fu rappresentata al San Carlo alla fine di quello stesso anno ( 4 novembre 1770), quando lui da mesi era ripartito da Napoli ed era a Milano, da dove poi prese la via del ritorno a casa, a Salisburgo.
Tanto per essere utile anche a Valeria Parrella, riportiamo ciò che un notissimo studioso inglese (Charles Burney) scrisse di Napoli, alla fine dello stesso anno in cui vi era passato Mozart, cioè il 1770, dove si fermò per tre settimane, da metà ottobre alla prima decade di novembre, ed ebbe, perciò, modo - lui sì - di assistere anche alla rappresentazione del Demofonte, di cui sopra.
"Arrivando in questa città ero preparato all'idea di trovarvi la musica al più alto grado della perfezione. Solo Napoli, pensavo, poteva offrirmi tutto quello che la musica può offrire in Italia, quanto alla qualità ed alla raffinatezza.
Le mie visite alle altre città potevano rappresentare un dovere professionale, per adempiere un compito che mi ero imposto; qui , invece, ero venuto animato dalla speranza del piacere.
Del resto quale persona amante della musica potrebbe giungere nella città dei due Scarlatti, di Vinci, Leo, Pergolesi, Porpora, Farinelli, Jommelli, Piccinni, Traetta, Sacchini e tanti altri compositori ed interpreti di primo piano, sia vocali che strumentali, senza provare la più viva attesa...".
Per il racconto della Parrella su Napoli, Capitale della Musica, ora in mostra a Capodimonte, la testimonianza di Charles Burney sarebbe stata di gran lunga più efficace di quella di un bambino, pur geniale, impressionato dalla serata trascorsa col padre, Leopold, nel Regio Teatro di San Carlo.
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