' I soldi sono la lingua che tutti parlano' - e che conoscono alla perfezione aggiungiamo noi alla efficace espressione di Vittorio Avanzini intervistato su Repubblica da Antonio Gnoli, per raccontargli l'avventura della sua casa editrice all'inizio malvista da tutti per il semplice fatto che aveva attuato una politica che riguardava anche i prezzi dei libri e che si fondava su due elementari principi: titoli non astrusi e prezzi di copertina bassi, ambedue causa del suo successo. Avanzini ci ha fatto venire in mente le discussioni di questi giorni sugli alti stipendi in RAI, discussioni subito sviate da un ciclone strumentale: il cambio dei direttori dei TG.
' La lingua dei soldi che tutti parlano' l'abbiamo ascoltata anche da Campo Dall'Orto e dalla Maggioni. Il primo, quando gli hanno chiesto se il suo stipendio ( 650.000 Euro) non fosse alto, ha risposto candidamente: mi hanno proposto quella cifra ed io ho accettato, non c'è stata nessuna discussione: perciò che volete da me? Forse che avrei dovuto dire, scusate, non vi sembra troppo alto? Praticamente quasi 2.000 Euro al giorno, lordi naturalmente. E che altro voleva?
Questo naturalmente non l'ha detto; lo diciamo noi. Peggio la Maggioni, dalla carriera direttoriale fulminante, prima a Rai News - senza grandi risultati almeno pari a quelli che Di Bella sta raggiun gendo da poco più di qualche settimana - e poi catapultata sul trono di presidente, ha spiegato così il suo stipendio che viaggia ben oltre i 300.000 Euro: se si vogliono i professionisti migliori bisogna pagarli, altrimenti quelli, secondo le leggi del mercato, vanno altrove. Per dire che una presidente di azienda come Lei, con tanta esperienza e ottimi risultati, sta sul mercato e viene pagata secondo le regole del mercato medesimo.
Allora noi, che non ci arrendiamo quasi mai, abbiamo fatto una semplice riflessione. Ma allora tutti quelli che hanno stipendi di molto inferiori a Campo Dall'Orto e Maggioni, appartengono al sottomercato, a quello dove la merce non è di prima qualità?
Ed il pensiero, per non buttarla sul personale che ci avrebbe depresso mortalmente, è andato a settori dei quali tutti si riempiono la bocca e si dichiarano paladini, come il settore della cosiddetta 'cultura', anche in RAI. Per vedere, in base agli stipendi dei vertici, in quale considerazione essi sono tenuti dalla azienda. Ed abbiamo scoperto - sempre che valga la logica di Campo Dall'orto e ancor di più della Maggioni - che Silvia Calandrelli, direttrice di Rai Cultura, ha uno stipendio al di sotto dei 240.000 Euro che dovrebbe costituire il tetto massimo dei dirigenti apicali nelle aziende pubbliche, e che, per la precisione, raggiunge i 226.000 Euro; e che Pasquale D'Alessandro, a capo di Rai 5 guadagna più di lei, e cioè 247.000 Euro, superando anche se di poco il tetto. Mentre, tanto per fare un nome ed un esempio di altro pianeta, esterno alla cultura, Andrea Vianello, campione di flop a Rai 3, guadagna 320.000 Euro.
Per non svuotare tale logica che misura i contenuti con i soldi, sarà ben difficile che si riportino tutti gli stipendi alla soglia dei 240.000 che è poi quanto guadagna il Presidente della repubblica.
Di ricordo in ricordo. Quando Luciano Berio, dopo essere stato commissario dell'Accademia di Santa Cecilia, venne eletto sovrintendente/Presidente/Direttore artistico, ritenne che il suo stipendio non fosse all'altezza e se lo aumentò ( intorno ai 350.000 Euro). Dopo la sua morte, il suo successore pensò bene di non toccarlo quello stipendio e per una decina d'anni lo ha avuto così alto ( ad una domanda sull'argomento avrebbe risposto come Campo Dall'Orto: l'ho trovato e me lo sono tenuto). Senza che mai gli sia passata in testa l'idea che l'azienda Rai per dipendenti e fatturato era almeno dieci volte quella di Santa Cecilia, mentre lo stipendio del suo direttore generale non era neppure il doppio di quello di Cagli.
Noi, in fondo, saremmo anche d'accordo nel riconoscere al solo direttore generale dell'azienda Rai - 13-14.000 dipendenti - uno stipendio che superi il tetto, ma non di tre volte; sebbene anche in altre grandi aziende pubbliche che hanno bilanci e dipendenti pari a quelli della Rai i capi si siano autoridotti lo stipendio fino al tetto stabilito per legge, ma aggirato bellamente, nelle more della discussione sulla natura pubblica o privata della Rai. Sì, magari il suo stipendio superi pure il tetto, ma deve rendere conto di quello che fa e dei risultati, altrimenti paga.
E questa è una regola che non si conosce da nessuna parte e non si attua mai, specie in Italia.
Obiettivo principale del Patto è quello di promuovere azioni congiunte e sinergiche per dare maggiore forza alle proposte per lo sviluppo dei settori che le due associazioni incarnano. Sia Agis che Federculture, infatti, sono sindacati di imprese ai quali afferiscono complessivamente oltre 7.000 aziende e circa 270.000 lavoratori e, per questo, come si legge nel Patto,“si pongono come “parti sociali” nei confronti delle Istituzioni nazionali e territoriali, perseguendo obiettivi di interesse generale con criteri di economicità e redditività sociale, culturale ed economica”. Sul fronte dell’offerta maggiormente connessa al patrimonio, le imprese di servizio pubblico associate a Federculture rappresentano la realtà non statale della gestione culturale, in particolare del patrimonio civico delle principali città d’arte – Roma, Torino, Milano, Venezia, Genova, Firenze – e in moltissimi altri comuni grandi e piccoli. Costituiscono, dunque, un’ampia fetta dell’offerta culturale del Paese, che intercetta un pubblico di residenti e turisti molto vasto: circa 11,5 milioni di visitatori nel 2015, considerando solo i musei comunali delle maggiori città gestiti dalle aziende Federculture, cresciuti dell11,6% rispetto all’anno precedente. Il settore dello spettacolo rappresentato da Agis – teatro, cinema, concerti, spettacolo, viaggiante – nel rapporto con il pubblico genera un volume d’affari di circa 3 miliardi di euro, producendo oltre 4 milioni di rappresentazioni per più di 178 milioni di biglietti staccati. Agis e Federculture sono portavoci, dunque, di un mondo molto ampio, che crea valore economico e arricchimento della qualità della vita dei cittadini e dei territori, con caratteristiche peculiari che non sempre trovano un adeguato riscontro nelle iniziative normative e politiche di settore. Da qui la necessità di intervenire per rimuovere alcuni dei nodi che ne impediscono il pieno sviluppo. “Vogliamo proporci all’esterno con un volto nuovo, rinnovato e moderno – commenta Carlo Fontana, presidente Agis -. Il patto che oggi sigliamo non è una bella enunciazione di principi ma un’autentica prospettiva per tutta l’impresa culturale. Mettere insieme il mondo dei beni culturali con quello dello spettacolo coincide perfettamente con il solco tracciato dal Ministro Franceschini. Questa è la strada su cui proseguiremo per restituire alla cultura la centralità che merita”.
A partire dal riconoscimento giuridico dell’impresa culturale e creativa, inserito tra i punti principali del Patto Federativo, che incardini tutti i diversi soggetti giuridici attivi nel settore in una normativa caratteristica che ne valorizzi le specificità, come accade ad esempio per l’impresa sociale. Altrettanto importante è la reale possibilità di ampliare il campo della collaborazione pubblico-privata a sostegno dell’azione delle imprese culturali attraverso la modifica delle specifiche di applicazione dell’Art bonus, che rappresenta una novità fondamentale per il finanziamento della cultura, ma non è efficace in tutti gli ambiti di questo variegato settore. Infatti,la norma, rivolta sostanzialmente agli interventi di manutenzione e restauro,non prevede la possibilità di destinare a spese di gestione e di produzione culturale quanto ricevuto grazie al meccanismo dell’Art bonus (opportunità estesa solo alle Fondazioni lirico sinfoniche e ai Teatri di tradizione). Inoltre, non possono beneficiarne i soggetti concessionari o affidatari dei servizi culturali (ad es. le Fondazioni che gestiscono musei civici) che possono ricevere erogazioni liberali eleggibili ai fini dell’Art Bonus, solo per la manutenzione, protezione e restauro dei beni culturali pubblici e non per le attività culturali che mettono in campo. E’ necessario, dunque, come proposto oggi al Ministro Franceschini, estendere la possibilità di usufruire dell’Art bonus anche ai tanti soggetti privati o di tipo privatistico che animano l’offerta culturale in città e territori, altrimenti esclusi dalla più importante riforma dei meccanismi di intervento dei privati nella cultura degli ultimi anni. A questi soggetti è destinata anche la proposta di prevedere una specifica eccezione culturale, per le istituzioni inserite nell’elenco Istat delle amministrazioni pubbliche soggette ad una serie di divieti e vincoli della cosiddetta “spending review”. Una deroga da questi limiti garantirebbe alle aziende culturali una maggiore autonomia di gestione con conseguente maggiore efficacia nell’erogazione dei servizi culturali ai cittadini.
“Grazie al Patto che sigliamo oggi con Agis, si rafforza il sistema di rappresentanza della cultura nel confronto con il Governo nazionale, il Parlamento i governi locali – sottolinea il presidente di Federculture, Andrea Cancellato. Finalmente assistiamo a un’inversione di tendenza nell’investimento in cultura e si sviluppano azioni concrete per il settore, come l’Art bonus, l’incremento delle risorse ministeriali, i 500 euro per i diciottenni, il Fondo Progettualità Culturale (proposto da Federculture e che assegna 5,6 mln di euro per la progettazione integrata delle Regioni del Mezzogiorno). Proprio ora sarà più incisivo il nostro impegno per perseguire concretamente gli obiettivi di crescita della cultura in cui tutti crediamo.”Con questi intenti Agis e Federculture, pur nel rispetto dell’autonomia di ciascuna associazione, con la stipula del Patto Federativo si impegneranno anche per: riconoscere in favore dei cittadini la detraibilità delle spese culturali per la frequentazione di musei, teatri, concerti, spettacoli, cinema e per l’acquisto di libri;introdurre l’esenzione IMU per le sale di spettacolo e per le strutture gestite dalle istituzioni culturali; definire proposte integrate al Governo ed alle Regioni per l’attuazione dei circuiti nazionali d’eccellenza “turismo della cultura”e “turismo delle arti e dello spettacolo”; realizzare congiuntamente studi e analisi, anche attraverso la raccolta e condivisione dei dati relativi ai settori rappresentati; attuare azioni di comunicazione coordinata per promuovere le iniziative congiunte intraprese per il perseguimento degli obiettivi enunciati all’interno del patto. La collaborazione operativa tra le due Federazioni sarà favorita anche dalla scelta di far risiedere gli uffici nazionali di Federculture e Agis nella sede comune di Villa Patrizi, che ci si auspica diventi così la “casa della cultura”.