Media chiusi, anziani e bambini portati in questura, irruzione negli appartamenti privati e da oggi forse anche la legge marziale. La Russia bombarda l’Ucraina, ma dentro i suoi confini nazionali il presidente russo Vladimir Putin sta abbattendo tutte le voci critiche, le poche che erano rimaste dopo anni di progressivo autoritarismo.
Ieri pomeriggio l’emittente televisiva Dozhd, che già trasmetteva solo su Internet, ha annunciato l’interruzione temporanea della programmazione. Appena tre giorni fa, Roskomnadzor, l’authority per le telecomunicazioni russa, aveva già bloccato il sito ufficiale della storica Radio Echo Moskvi, un punto di riferimento per gli abitanti della capitale, che non utilizza più le frequenze Fm ma, almeno per il momento, continua a trasmettere su YouTube, in condizioni sempre più precarie. «Continuiamo a lavorare», si legge su un banner accedendo al loro sito. Ma sembra l’ultima, strenua resistenza a un assedio il cui destino è già segnato.
Ad avere una relativa libertà di movimento, sono media come Meduza , che però hanno parte della loro redazione all’estero, e ieri hanno espresso forte preoccupazione per i giornalisti indipendenti sul territorio russo. «Non potete zittirci», titolava l’editoriale del sito di informazione, in cui si sottolineava come questa guerra sia servita anche per distruggere l’operato dei pochi media liberi rimasti nel Paese.
Oggi a Mosca si riunisce in seduta il Consiglio federale, la Camera alta del Parlamento russo: fra le sue competenze c’è anche quella di approvare la legge marziale. E, secondo molti analisti, sarà esattamente quello che succederà nelle prossime ore. Nonostante una propaganda sempre più martellante, le difficoltà dovute alla situazione economica che peggiora con il passare dei giorni, e una censura che non risparmia neanche i social, il popolo russo non sta rinunciando a scendere in piazza. Lo fanno a gruppi di centinaia di persone, che nelle grandi città cercano di dividersi in modo da costringere la polizia a operare su più fronti, nella speranza che la repressione sia meno efficace.
Invece, in questura finiscono tutti, dagli anziani ai bambini. Fino a questo momento, gli arresti in tutto il Paese sono stati 7.600. Ieri era la scrittrice e avvocato Maria Eismont, nota per il suo impegno civile, è stata portata via dalla polizia per essersi messa, sola e in silenzio, davanti al celebre teatro Bolshoij con in mano un cartello contro la guerra.
La propaganda si avvale di ogni mezzo. Il ministero per l’Istruzione ha organizzato una lezione online per spiegare che «la missione in Ucraina è una necessità». Alla Duma è stata presentata una legge contro i «socialnewtwork americani» che hanno lanciato una guerra dell’informazione contro la Russia. Chi diffonde quelle che Mosca considera «false notizie» rischia fino a 5 milioni di rubli di multa (circa 42mila euro al cambio attuale) e 15 anni di carcere. «Non possiamo fare a meno di reagire a ciò che sta accadendo – ha affermato Vyacheslav Volodin, presidente della Duma e uomo vicino al presidente Vladimir Putin –. Per noi è importante che le informazioni siano veritiere, e che coloro che le creano e distribuiscono siano responsabili della loro affidabilità».
Alcuni commentatori hanno fatto sapere su Twitter che rischiano una denuncia penale solo per aver parlato apertamente di «invasione» e non di «operazione militare speciale», come la chiamano in Russia. Ma la voce più potente che si è levata ieri è stata quella del direttore di Novaya Gazeta, Dmitrij Muratov, premio Nobel per la Pace 2021. In video-collegamento con la Commissione giuridica del Parlamento Europeo, il giornalista ha lanciato accuse pesanti e avvertimenti molto seri. «Il vero pericolo oggi – ha spiegato Muratov – è la minaccia nucleare, una possibilità che è diventata reale dopo le parole di Putin». Il premio Nobel ha poi denunciato il fatto che le forze armate russe stanno nascondendo le forti perdite subite in questa prima settimana di guerra, sostenendo che i sondaggi del Cremlino non sono da tenere in considerazione. «Il popolo russo questa guerra non la vuole», ha sottolineato.
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