Centodiciannove fra artisti e direttori d'orchestra di tutto il mondo - l'elenco si trova sul sito OperaWire (operawire.com) - hanno firmato una petizione contro la guerra in Ucraina. Ma non è che la prima parte della notizia, scontata.
Più interessante invece è la seconda: i firmatari chiedono anche di porre fine al boicottaggio contro gli artisti russi. Non devono essere cancellati dai teatri, dai programmi, dai festival per via della guerra. «Sosteniamo pienamente le sanzioni e le pressioni diplomatiche esercitate contro il regime di Putin. Tuttavia non tutti i russi e i bielorussi, e certamente non tutti gli intellettuali delle due nazioni, sostengono l'invasione. Pertanto troviamo ingiusto condannarli per le azioni del dittatore e dei suoi sostenitori senza alcuna prova diretta della loro collusione». Un punto a favore contro la folle «cultura della cancellazione» che chiede abiure, esami di coscienza, confessioni, delazioni (ieri l'agenzia di Anna Netrebko, la CSAM, ha espulso l'artista dalla sua scuderia...).
Tra i nomi di peso della petizione: Antonio Pappano, Simon Rattle (ex dei Berliner), Franz Welser-Möst (ha diretto l'ultimo capodanno da Vienna coi Wiener), Leonidas Kavakos, Frank Peter Zimmermann, Ian Bostridge, Isabel Faust, Renaud Capucon. Tra gli italiani: il pianista Maurizio Baglini, la compositrice Silvia Colasanti, Fabio Luisi, Rinaldo Alessandrini, Carlo Rizzi (ma mancano i direttori Gatti, Muti, Chailly).
È un inizio: la barbarie di chiedere patenti morali e dichiarazioni politiche agli artisti va fermata. È davvero necessario conoscere le idee di un musicista prima di ascoltarne l'esecuzione? Pronunciarsi sulla guerra è - e deve rimanere - una libera scelta, non un obbligo. E vale per ogni guerra, conflitto, governo. Chiediamo forse agli artisti cinesi, prima di andare in scena, di esprimersi sul regime del loro Paese? O a quelli musulmani di prendere le distanze dal diritto islamico sull'omosessualità?
La petizione contro il boicottaggio degli artisti russi è un punto fermo. All'inizio prevale sempre l'irrazionalità, il fanatismo, l'eccitazione, il «Crucifige!»: si sono fatti tentare anche sindaci, intellettuali, direttori di istituzioni prestigiose. Poi per fortuna arriva la riflessione, la razionalità, il buon senso. Adesso, non torniamo più indietro.
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