L'autodifesa di Monda e i panegirici rivoltigli da star del cinema mondiale ed esponenti internazionali della cultura che questi giorni abbiamo letto sui giornali, non sono serviti a mantenergli la direzione della Festa del Cinema di Roma, dove è rimasto per un settennato.
Perchè di fronte al potere politico sempre cieco, sordo e sguaiato, non c'è merito che tenga. Bastava dire che dopo sette anni si può, direi anche si deve cambiare direzione, il cambiamento non è mai negativo in sè, e basta. Invece no.
Si cerca di gettar fango sulla sua direzione: 'poco pubblico', ha detto un fedelissimo del sindaco, e invece ha volontariamente letto al ribasso le cifre (non è squallido?). Si è detto che occorreva fare spazio alle donne, e per avviare il lavoro hanno mandato a casa Laura Delli Colli, presidente ( travestito!), si è poi detto che la festa non si è riversata sulla città, mentre avrebbero dovuto dire che Monda non andava d'accordo con la Bettini - sorella di Goffredone, il ras romano - affidataria di 'Alice' nella città. Insomma uno schifo, con l'imprimatur di Gualtieri e di Bettini che da sempre agisce come burattinaio della sinistra romana, dai tempi di Veltroni. Poi per dimostrare che loro fanno largo alle donne, sono andate a cercare una dirigente Rai che lavora a Rai Cinema in sostituzione di Monda, mentre alla presidenza hanno messo Farinelli, della Cineteca di Bologna - forse l'unica sostituzione con le carte davvero in regola.
Ora a Monda voglio raccontare una storia simile, ma non per consolarlo, bensì per fargli capire che i politici sono quasi sempre volgari, ignoranti e sprezzanti del merito e delle persone, e che così va il mondo che amministrano.
La racconto solo a lui, perchè ai lettori di questo blog credo di averla raccontata già, se poi non l'ho fatto ne approfitto ora.
Nel 2004 - mi perdonerai se vado indietro negli anni, caro Monda -su indicazione di Salvatore Sciarrino, uno dei più importati e noti musicisti - mi venne affidata la direzione artistica di un festival di musica, il Festival delle Nazioni di Città di Castello. Accettai volentieri la sfida - per me era tale la direzione di un festival, visto che fino a quel momento la mia principale attività in campo musicale era stata la critica o il giornalismo e l'insegnamento di Storia della Musica.
Preparai il programma, invitando le migliori forze della musica italiana delle giovani generazioni, quelle insomma che la vulgata della organizzazione musicale in Italia snobba volutamente a vantaggio di musicisti altrettanto bravi ma stranieri.
Parentesi: noi abbiamo sempre avuto il sospetto (convinzione?) che vi fossero interessi loschi dietro questa pratica, e lo abbiamo sempre detto; naturalmente non abbiamo le prove, ma non riusciamo a spiegarcela altrimenti.
A Città di Castello, esattamente come a Roma, c'era il politico che comandava, anche lì del PD, che non era però il sindaco, una signora assai dimessa che però ha fatto carriera nell'amministrazione pubblica. Bensì un vecchio trombone, perchè aspirante cantante, ex senatore, portatore di voti, con figli avviati nella professione musicale da sistemare (almeno uno dei due, l'altra ci aveva pensato da sola), e poi un referente romano, Verini, della cerchia Veltroni, Bettini - tutto torna: le iene non perdono nè il pelo nè i vizi. Monda, ti dice qualcosa un simile affresco?
Io lo incontrai Verini una volta e la prima cosa che mi disse, sapendo in anticipo che avrei avuto qualche discussione con l'ex senatore - ed io gli confermai di averne avute già più d'una - di rivolgermi a lui che avrebbe messo tutto a posto. Anche la sindaca, brava donna ripeto, mi manifestò fiducia ed apprezzamento per il programma che Castello non aveva mai avuto di quella qualità.
Particolarmente lusinghiera e generosa nei miei riguari fu la sindaca perché Castello veniva appena fuori da una bruttissima storia che, incidentalmente, aveva lambito qualcuno molto in alto del festival. Dunque si trattava anche di ridare alla città la sua onorabilità. E ci riuscii con il festival. Anche attraverso una bellissima mostra dedicata a Enrico Prampolini, con materiali offertici dall'Opera di Roma, e che si avvalse della cura di Maurizio Calvesi. Parlano i giornali dell'epoca, sui quali i postumi del tragico 'fattaccio' erano del tutto scomparsi.
Senonchè sia il vecchio trombone, che il vice presidente del festival, un farmacista, una sorta di ras della zona, si videro tolto di bocca l'osso da spolpare per iniziative comunque di piccolo cabotaggio che avevano sempre gestito con la precedente direzione durata un ventennio circa (e, presumo, come hanno continuato a fare anche negli anni successivi alla mia direzione). Alla fine del festival quando si trattò di riconfermarmi, colsero la palla al balzo per opporsi. E gliela offrii involontariamente io stesso, quando chiesi un aumento del compenso che l'anno precedente avevo accettato ridotto, sobbarcandomi anche troppe spese, e diviso con Antonio Lubrano che avevo fatto venire a Castello, nella veste di divulgatore musicale ( con lui avevo fatto sei edizioni della popolare trasmissione di Rai Uno All'Opera!). Mi dissero che neanche un Euro in più mi avrebbero dato. Devo aggiungere che la mia direzione era filata liscia, aveva avuto successo, e non aveva lasciato debiti.
E aggiungere ancora che il presidente del festival che era un illustre professore di economa della Luiss, prof. Franco Fontana, che conosceva da tempo i 'polli' di Castello, e che era stato sempre al mio fianco ogni volta che i 'polli' tentavano qualche manovra ai miei danni, avrebbe di lì a poco lasciato la presidenza, lasciando me, per gli anni successivi, in balia di quella ciurma che mi aveva giurato vendetta, dopo che io gli avevo tolto di bocca l'osso dei loro meschini interessi, al solo scopo di dare lustro al festival. Non avevo nessuna intenzione di macchiare seppur minimamente la mia carriera di critico musicale che andava avanti da oltre vent'anni, senza alcun neo, senza nessun compromesso.
Naturalmente da quel momento in avanti Verini, la sindaca e gli altri sparirono. Neanche una parola in mia difesa e neppure il riconoscimento che quell'edizione del festival era stata superlativa, concedendo la vittoria a quella ciurma i cui 'pregi' (!!!) sia Verini che la sindaca conoscevano bene. Mi difese, senza ottenere nulla, la nipote di Romano Prodi che era all'epoca assessore regionale alla cultura, e che, partecipando a molte serate del festival, venendo appositamente da Perugia, aveva toccato con mano la qualità dell'edizione 2004.
Che accadde dopo? Accadde che nominarono un nuovo direttore artistico che è lì tuttora, il quale, ogni anno da allora in poi, formula un programma di routine, senza infamia e senza lode, che però soddisfa gli appetiti della ciurma e via così. Nominarono un nuovo presidente, un giornalista perugino, Giuliano Giubilei - con lo zampino di Verini - che si è presentato poi per il PD, alle ultime recenti elezioni perugine, beccandosi una batosta solenne.
Giuilei era un mio amico, ma da quel momento in poi non si è fatto più vedere nè sentire, per il timore che lo trattassi a pesci in faccia perchè certamente era stato messo a conoscenza della storia. Lui, assolutamente ignorante in materia, ubbidì a Verini, negli anni ha avallato qualunque cosa, reggendo l'ufficio di 'rappresentanza' del festival; tanto a lui come a Verini e soprattutto alla 'ciurma' bastava non avere 'rogne' di nessun genere, che era poi ciò che da lui tutti si aspettavano.
Fino a quando, un anno fa, alla presidenza hanno nominato un noto cittadino di Castello, un manager che ha fatto carriera in una multinazionale, ma che certamente terrà a mantenere l'attuale direzione, salvo che non faccia qualche scivolone, anche perchè non avrà tempo e voglia di immischiarsi in beghe cittadine. Ed anche perchè vive altrove.
Non ti sembra, Monda, che purtroppo, non c'è mai nulla di nuovo sotto il sole della politica che mira alpèotere, ma solo di volgare e spregevole?
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