L'ultima volta si erano sentiti al telefono quasi un mese fa. Ad alzare la cornetta era stato sempre Papa Francesco che, dal suo studio della residenza Santa Marta, aveva voluto manifestare a voce la sua vicinanza al presidente dell'Ucraina Volodymir Zelensky. Ieri mattina, così come annunciato su Twitter dall'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede e confermato dalla sala stampa vaticana, c'è stato un nuovo colloquio telefonico tra Bergoglio e il leader ucraino, questa volta per avere aggiornamenti sulla situazione nel Paese e rassicurare di star «pregando e facendo tutto il possibile per la fine della guerra».
In effetti, sin dai primi giorni del conflitto, era il 26 febbraio scorso, a parte gli appelli, finora caduti nel vuoto, Francesco si era presentato a sorpresa alla porta dell'ambasciatore russo presso la Santa Sede, Alexander Avdeev, per chiedere di fermare l'attacco. Da quel momento il Papa in persona e la diplomazia vaticana hanno fatto presente, in svariate occasioni pubbliche, di essere «disposti a tutto per garantire la pace», di essere «a disposizione» a far da mediatori tra Ucraina e Russia. Disponibilità, come ha rivelato il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, che non ha trovato però una risposta da parte di Mosca che ha preso atto ma non ha mai reagito alla proposta. Di diverso avviso, invece, il presidente Zelensky che nella telefonata di ieri mattina ha invece detto al Pontefice che «il ruolo di mediazione della Santa Sede nel porre fine alla sofferenza umana sarebbe accolto con favore». Ma il leader ucraino ha, ovviamente, aggiunto una richiesta, così come aveva già fatto anche l'ambasciatore ucraino in Vaticano: «Sua Santità è qui l'ospite più atteso, il nostro popolo è diventato esercito».
Dopo l'invito ufficiale del sindaco di Kiev al Papa, recapitato con una lettera datata 8 marzo, a chiedere, seppur in via informale, una visita nel Paese martoriato è adesso proprio il presidente, nella speranza che la presenza del Santo Padre, in quelle zone devastate, possa fermare «la follia della guerra». Zelensky ha riferito a Bergoglio della difficile crisi umanitaria in corso e del «blocco dei corridoi di soccorso da parte delle forze russe» e facendo leva proprio su questi elementi ha chiesto al Papa, che ha già inviato due cardinali sul posto, di raggiungerli personalmente per rendersi conto della situazione. Un invito che, però, secondo quanto si sussurra nelle stanze d'Oltretevere, nella situazione attuale di continui bombardamenti nel Paese, Papa Francesco difficilmente può accettare: da un lato per una questione di sicurezza personale ma anche perché il rischio di un incidente diplomatico con la Chiesa ortodossa russa, con la quale i rapporti sembrano essersi ristabiliti, sarebbe dietro l'angolo. Una visita di Bergoglio in Ucraina, infatti, potrebbe esser letta come una presa di posizione politica. E sarebbe un controsenso, anche perché, nemmeno una settimana fa, Francesco ha detto al patriarca russo Kirill che la Chiesa «non deve usare la lingua della politica ma quella di Gesù».
E poi ci sarebbe un altro aspetto: per raggiungere il cuore del Paese, Kiev, si dovrebbe trattare con la Russia per avere una tregua di alcuni giorni, innescando dunque un meccanismo diplomatico che potrebbe esser controproducente per eventuali richieste da parte di Mosca. «È chiaro che una visita del Papa in Ucraina - spiega al Giornale un diplomatico della Santa Sede - non per forza deve avere una valenza politica: il Santo Padre andrebbe per incontrare il popolo ferito, per pregare con loro e manifestare ancor di più la sua vicinanza. Al momento, però, non si è discusso di questa eventualità. Se si dovesse concretizzare, è chiaro che si dovrà lavorare molto a livello diplomatico e ci vorrà un po' di tempo».
Intanto, il Papa chiede incessantemente preghiere a tutti i fedeli: venerdì 25 marzo, insieme a tutti i vescovi del mondo, su richiesta della Conferenza episcopale del Paese bombardato, consacrerà la Russia e l'Ucraina al Cuore immacolato di Maria. Non soltanto Mosca, così come avrebbe chiesto la Madonna durante le apparizioni di Fatima, ma anche Kiev, per lanciare un messaggio a entrambi i popoli, perché ritrovino la fratellanza e non cedano all'odio.
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