«La cosa paradossale è che noi possiamo dare la nostra disponibilità per avere un minorenne ucraino in affidamento ma non possiamo avere il bambino che consideriamo nostro figlio». Dario Castagna ha 50 anni e un mezzo sogno nel cassetto. Mezzo perché il bambino ucraino che lui e sua moglie Mariafrancesca stavano per adottare è quasi loro figlio. E quel «quasi» oggi li tiene lontani da lui: loro a Marmirolo, vicino Mantova; lui da qualche parte in Polonia, dov’è arrivato una settimana dopo l’inizio della guerra.
L’ok del tribunale ucraino all’adozione
Dario e Mariafrancesca avevano già fatto quello che si chiama «abbinamento» fra genitori adottivi e bimbo. Mancava soltanto l’ok del tribunale di Cerkasy, una cittadina a sud di Kiev, e poi sarebbero andati a prenderlo. Lui si chiama Denys, ha cinque anni e mezzo, da quando li ha conosciuti li chiama «mamma» e «papà», gioca con l’orsacchiotto che gli hanno regalato loro, sogna di vivere in Italia. «Quando venite a prendermi?», ha chiesto mille volte nelle videochiamate prima dell’invasione. La sua cameretta è pronta, il futuro è qui che lo aspetta, nel nostro Paese. Ma al momento nessuno sa dire che ne è stato dei documenti del tribunale di Cerkasy e che ne sarà delle adozioni non ancora completate. La sola informazione che Dario e Mariafrancesca hanno avuto è che Denys sta bene ed è in salvo, fuori dalla sua Ucraina in fiamme. Va peggio ad altri bimbetti in attesa di una famiglia adottiva italiana. Ce ne sono alcuni rimasti intrappolati chissà dove, all’interno del Paese, e di cui non si hanno più notizie.
Le coppie italiane in attesa dei bimbi adottati
Il giorno dell’invasione, il 24 febbraio, oltre a Dario e Mariafrancesca c’erano altre 22 coppie di italiani in attesa di chiudere una pratica di adozione in Ucraina. La maggior parte di loro ha saputo se e dove le stesse autorità ucraine sono riuscite a trasferire i piccoli, ma di qualcuno si sono perse le tracce. «Fra di noi siamo in contatto», confermano loro. «Sappiamo di una coppia rientrata in Italia il 23 sera. Loro avevano già il decreto di adozione del tribunale ucraino quindi erano formalmente genitori del loro piccolo. Dovevano completare soltanto il giro dei documenti italiani e sarebbero andati a prenderlo. Ora di lui sanno soltanto che è ancora lì, nella zona della centrale nucleare di Zaporizhzhia (Ucraina sud orientale, nda). Un’altra coppia ha adottato due bambini. Di uno dei due hanno saputo che è in salvo, dell’altro non sanno più nulla…»
L’appello a Di Maio e alla ministra per le pari opportunità Bonetti
La presidente della Commissione per le adozioni internazionali, la ministra per le Pari Opportunità Elena Bonetti, è al corrente dei numeri e della situazione e sta cercando una soluzione. «Ma tutti noi siamo in ansia per i nostri figli», si preoccupano Dario e Mariafrancesca. «Fosse per noi partiremmo adesso e andremmo a cercare Denys in ogni metro quadrato della Polonia ma per la burocrazia non siamo i suoi genitori e non abbiamo il diritto di portarlo a casa con noi. Quello che possiamo fare è tenere accesi i riflettori sul suo e su tutti gli altri casi. Il nostro appello – dice la voce commossa di Dario - è per la ministra Bonetti e per il ministro degli Esteri Di Maio: sappiamo che state facendo ciò che è necessario, e di questo vi siamo grati, ma vi chiediamo di fare più del possibile per aiutare noi e, soprattutto, per aiutare quei bambini. Sono piccoli e la vita con loro era già stata dura prima della guerra. Non osiamo immaginare adesso… Siamo certi che lo sapete bene anche voi: questi bambini se la meritano, un po’ di felicità».
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