" Elvira è troppo in tocchi per intraprendere il lungo viaggio... e Turandot? Mah! non averla finita quest'opera mi addolora, Guarirò? Potrò finirla in tempo? E' già pubblicato il cartellone (della Scala) - così scriveva Puccini a Riccardo Schnabl, il 3 novembre 1924, alla vigilia del suo viaggio a Bruxelles, dove giunse il 6 novembre - per sottoporsi alle cure del prof. Ledoux. Il quale lo opera del tumore alla gola, il 24 novembre, si nota qualche miglioramento che fa ben sperare,; pii la situazione precipita e il successivo 29, alle ore 11,30 Puccini muore.
Il 3 dicembre , nel Duomo di Milano, dove la bara è stata trasferita, viene officiata una solenne cerimonia funebre, durante la quale l'Orchestra della Scala, diretta da Toscanini esegue il Requiem dal terzo atto di Edgar. Poi, sotto una pioggia battente, il corteo funebre muove verso il Cimitero monumentale dove viene sepolto, temporaneamente, nella tomba della famiglia Toscanini. Il 29 novembre del 1926, la salma viene trasferita a Torre del Lago e deposto in un piccolo mausoleo, nella villa del musicista.
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Il 25 aprile 1926, alla Scala viene presentata la Turandot, completata da Franco Alfano. Mussolini manifestò la sua volontà di essere presente alla 'prima' dell'opera di Puccini, diretta da Toscanini.
Sem ra che Mussolini avesse chiesto che , in apertura di serata, venisse eseguito l'inno Giovinezza e che Toscanini si fosse rifiutato di dirigerlo, minacciando, in caso contrario, di abbandonare il podio. Mussolini rinunciò allora ad intervenire, comunicando la sua rinuncia con la motivazione "che la sua presenza venisse in alcun modo a distrarre l'attenzione del pubblico che doveva essere interamente dedicata a Puccini".
Dopo la morte do Liù, a sipario alzato. nel silenzio generale,, Toscanini evidentemente commosso, si girò verso il pubblico e disse: "Qui finisce l'opera lasciata incompiuta dal Maestro, perché a questo punto il Maestro è morto".
Il sipario calò, Toscanini lasciò il podio, il pubblico si levò in piedi, e nella sala del Piermarini si udì una voce gridare: Viva Puccini.
L'opera con il finale scritto da Alfano, venne eseguita solo a partire dalle recite successive, che non furono più dirette da Toscanini ma da Ettore Panizza.
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Le incompiute nella musica non si limitano al capolavoro di Puccini; fra le più importanti, il Requiem di Mozart, l'Incompiuta di Schubert, ed anche l'Arte della fuga di Bach.
E la drammatizzazione offerta, al momento della 'prima' scaligera dell'opera, nel 1926, non corrisponde alla realtà. Perchè Puccini l'opera l'aveva terminata da tempo, quasi tutta, interrompendosi alla morte di Liù, forse anche indeciso sull'esito, al quale pure aveva accennato e che sarebbe stato lo 'svelamento' di Calaf, e lo 'scioglimento' della 'principessa di ghiaccio'.
Franco Alfano fu incaricato, dopo il successo di una sua opera di carattere 'orientale' (La leggenda di Sakuntala) da Casa Ricordi d'acordo con gli eredi del musicista, di completare l'opera, sulla scorta degli appunti via via più scarni e radi sui quali il musicista, prima dell'aggravarsi della malattia, intendeva lavorare.
Alfano scrisse una finale che non venne accettato da Toscanini, dovette riscriverne un secondo più breve, ma meno chiaro e che è poi, nonostante le critiche il finale che viene normalmente eseguito.
Sul finale primo, più lungo ma anche più completo ed articolato, è calato il silenzio, salvo qualche rarissima eccezione. Come nel caso della registrazione di Turandot per la Warner, che in questi giorni ha effettuato Tony Pappano, con l'Orchestra di Santa Cecilia.
Nel 2001 esordì un nuovo finale, sotto la direzione di Riccardo Chailly, scritto da Luciano Berio, immaginiamo su richiesta di Ricordi, ma ben accetta al musicista che sperava così avesse a soppiantare definitivamente quello di Alfano. La qual cosa non è accaduta, nonostante che musicologi dal fiuto finissimo, si siano sgolati a dire che quello di Berio è il finale che l'opera di Puccini attendeva da quasi un secolo.
Non è un mistero per nessuno che simili completamenti vengono sollecitati dagli editori innanzitutto alla vigilia della fine della protezione del diritto d'autore. E non sempre, anzi quasi mai, per ragioni musicologiche; gli interessi economici prevalgono quasi sempre, specie quando si tratta di un'opera molto eseguita e che quindi potrebbe fruttare all'editore, anche dopo i 70 anni di protezione, ancora entrate consistenti.
Diversamente da Pappano, per la Turandot, che martedì prossimo debutta all'Opera di Roma- in uno spettacolo firmato interamente dal dissidente cinese Ai Weiwei, la direttrice Oksana Lyniv, ucraina, ha deciso di fare come fece Toscanini alla prima scaligera del 1926. Farà cioè terminare l'opera con la morte di Liù, e perciò senza nessun completamento né di Alfano né di Berio.
Chissà che non prenda la palla al balzo Chailly che ha diretto la versione completata da Berio, per una Turandot particolare, senza il finale e con tutti e tre i finali, nel 2024, a cent'anni dalla morte di Puccini, presentando una sera dopo l'altra; prima la versione come diretta da Toscanini, e quindi fino alla morte di Liù; la sera successiva, la prima versione del completamento di Alfano - il finale più lungo adottato da Pappano; la sera successiva la versione più breve comunemente eseguita, ed infine la quarta sera, con il finale di Berio.
La Scala potrebbe fare un simile sforzo produttivo, trattandosi in fondo di 'finali' - più o meno consistenti - che lasciano la gran parte dell'opera così come la scrisse Puccini e come la si ascolta ogni volta. Il pubblico potrebbe convincersi e giudicare la versione più aderente e soddisfacente, a dispetto di quel che pensano i critici, che in molti casi non sono giudici i più attendibili e disinteressati.
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Quale che sia l'esito di questa nuova edizione di Turandot, rimandata di due anni a causa della pandemia, e fissata per martedì 22 marzo al Teatro dell'Opera di Roma - direzione di Oksana Lyniv, regia scene costumi di Ai Weiwei - la nuova produzione verrà ricordata per il suo alto costo: si è letto (sul Messaggero) che il suo costo sarà di 1 milione di Euro circa. Una esagerazione, come del resto esagerata fu anche la Traviata di qualche anno fa ( con la regia della giovane Coppola, e i costumi di Valentino) che costò altrettanto, e che, per rientrare dell'enorme costo, ha dovuto attendere qualche anno di riprese ed imprestiti, per il pareggio, non per i ricavi.
Allora come ora era proprio necessario, sapendo che il Teatro dell'Opera di Roma siede su una montagna di debiti che sta ripagando negli anni? Traviata come Turandot furono programmati da Carlo Fuortes, il lungimirante amministratore che ora siede a Viale Mazzini. Ripagare il debito facendo altri debiti fu buona politica?( P.A.)
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