sabato 5 marzo 2022

Gergiev è presente nel cartellone del Festival di Ravello 2022 ( da Il Mattino.it, di Maria Pirro)

 Cancellato. Dalla Scala di Milano al Carnegie Hall di New York, dai Wiener alla Filarmonica di Parigi, al podio imponente di Monaco di Baviera fino alla apparizione nella piccola città sul lago di Lucerna, tra le montagne innevate della neutralissima Svizzera, che pure prende posizione. Otto date annullate per il divo Valery Gergiev, cui se ne aggiunge un’altra appena annunciata da Paolo Pinamonti, l’ex direttore artistico del teatro San Carlo. Sua l’edizione 2022 del «Macerata opera festival» allo Sferisterio che, il 20 agosto, rinuncia all’orchestra sinfonica del Mariinskij. «È evidente», dice il maestro Pinamonti, alla presentazione del cartellone, «che, di fronte alla violenta aggressione della Russia di Putin in Ucraina, questo concerto è inevitabilmente sospeso». Ravello, però, va controcorrente e conferma lo spettacolo per la prossima estate. Gergiev, il direttore senza bacchetta che fa uscire la musica dalle mani e si ostina a tenere la bocca chiusa e a non condannare il conflitto in corso, è di casa a Villa Rufolo: vi arrivò nel 1997, la prima volta, per un «Parsifal» con Placido Domingo. 

L’ultima esibizione, sei mesi fa. Con un applauditissimo «Prélude a l’après-midi d’un faune», struggente Debussy, voluto da Alessio Vlad, il direttore artistico già ad agosto scorso deciso a trasformare l’evento in appuntamento fisso. E, proprio Vlad, figlio di quel Roman a cui la kermesse deve tanto, è emotivamente coinvolto in questa situazione: suo padre era nativo di una città allora situata in Romania, oggi in territorio ucraino. «La fondazione Ravello, tutti i suoi collaboratori e gli artisti sono addoloratissimi per la guerra fratricida nel pieno dell’Europa», interviene il presidente Dino Falconio, per spiegare che «l’arte e la musica sono campi che, per loro natura, parlano un linguaggio che non ha distinzioni nazionali ma è universale. In particolare, la musica non ha bisogno di traduzioni per essere compresa ed è un patrimonio di tutti gli uomini della terra. A qualsiasi latitudine e longitudine». 

Il notaio alla guida dell’ente è un uomo colto, di riconosciuta sensibilità. E, a «Il Mattino», ribadisce: «Il maestro Gergiev e l’orchestra russa sono nel programma, sia pur provvisorio, del festival di Ravello 2022. Quello che a oggi ci tocca valutare è il profilo culturale e artistico e non gli aspetti politici. In ragione di una mera appartenenza nazionale, non si possono discriminare i musicisti. A meno che un artista non faccia un peana». 

Con il piglio del giurista, Falconio ammette in qualche modo il «diritto di tacere» per Gergiev invocato da Weiwei in un’intervista su «Il Corriere della Sera». Ammesso che si possa separare l’arte dalla vita, come invece non ha voluto fare la direttrice del teatro statale di Mosca, Elena Kovalskaya, pronta a dimettersi, subito definita la «Toscanini del nuovo secolo». 

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Certo, il discorso a Ravello sarebbe diverso «in caso di eventuali provvedimenti a titolo sanzionatorio o di embargo, che l’Europa e l’Italia dovessero adottare», puntualizza Falconio. «In tale circostanza dovremmo applicare le leggi che saranno vigenti, trattandosi anche di un rapporto giuridico-economico con le istituzioni e le imprese russe». La cancellazione del contratto, dunque, non può essere del tutto esclusa in futuro, ma non basta che Gergiev in passato abbia associato la sua immagine al presidente Vladimir Putin e al Cremlino, senza dubbio ottenendo più di qualche beneficio, e che il ministro della Cultura, Dario Franceschini, abbia dichiarato di condividere la scelta di sostituire lo «zar» del teatro Mariinskij. 

Sul tavolo del dicastero, è all’esame già da settimane il programma di massima presentato per il settantesimo anno della kermesse in costiera amalfitana. Con il concerto del direttore contestato accanto a quelli di Zubin Mehta e di Riccardo Muti che, invece, si è subito schierato per la pace. Così il dibattito resta aperto e si allarga. «Trovo pure assurdo che un’università abbia sospeso un corso su Dostoevskij per poi fare marcia indietro. Una cosa è Putin, altra è il popolo e la cultura russa», conclude Falconio, citando un gigante delle letteratura. Per dirla con Fedor: «La bellezza salverà il mondo. Chiudendole le porte, rischiamo di andare sempre peggio». 

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