Qualche giorno fa, cercando fra le riviste nella mia libreria, mi è capitato sotto gli occhi un numero di Piano Time - la gloriosa rivista di musica, con una attenzione particolare rivolta anche al pianoforte strumento, che ho inventato e diretto per un settennato, dal 1983 al 1990.
Si tratta di quello ( n.69, dicembre 1988) che reca in copertina una foto diciamo 'osée' che riproduce un nudo integrale apparso nella messinscena della Santa Susanna di Hindemith al Teatro dell'Opera di Roma; e, all'interno, un lungo preziosissimo saggio di Quirino Principe, dal titolo 'Note sulla sintassi del nudo nel teatro d'opera', seguito da un secondo, di pari interesse, a firma Francesco Marchioro, psicanalista, dal titolo 'L'arte e il nudo'.
All'interno, altri articoli votati all'attualità musicale ( Guglielmo Tell alla Scala, a firma Bruno Cagli; L'organizzazione musicale in Italia, secondo Carlo De Incontrera) e, infine, un dossier di una cinquantina di pagine dedicato interamente al 'Digital Piano' - a dimostrazione della seconda anima, altrettanto presente, del mensile Piano Time, quella destinata al pianoforte come strumento, ed alle sue evoluzioni tecniche.
Bene. In quello stesso numero, ci sono due rubriche che proseguiranno, con cadenza mensile, sino alla fine della mia direzione; la prima, avviata anni prima, è intitolata Lettera da Genazzano', a firma Sylvano Bussotti; e la seconda - che è poi la ragione di questo mio post - dal titolo La voce degli studenti, con la spiegazione: :"Comincia da questo numero il filo diretto tra la nostra rivista e l'Accademia pianistica di Imola, fondata dal M. Franco Scala".
La rubrica era affidata agli studenti dell' Accademia di Imola, interamente autogestita, attraverso la quale avevano l'opportunità di raccontare la loro attività, gli studi, i progetti e tutto quello che ritenevano interessante per i numerosi lettori di Piano Time.
L'Accademia, per chi non lo ricorda più, ebbe inizio negli stessi anni Ottanta, con sede nell'abitazione del maestro. Appena ne ebbi notizia, contattai Scala per offrirgli gratuitamente, una vetrina prestigiosa quale era Piano Time. Non solo, l'anno appresso ci fu una inaugurazione pubblica ufficiale dell'Accademia, venne ad Imola Ashkenazy, nominato presidente onorario, e per l'occasione sempre Piano Time dedicò all'avvenimento la copertina della rivista, corredata all'interno da una lunga intervista al celebre pianista, e, preziosissima, una sua attestazione di qualità dell'Accademia e del lavoro svolto da Scala.
Perchè feci tutto questo? Perchè mi convinsi della preziosa intelligente iniziativa di Franco Scala e della utilità di essa per gli studenti che avevano modo, dapprima in maniera semiclandestina, e poi alla luce del sole, di incontrare notissimi musicisti e pianisti; ma anche per i lettori della rivista.
Nessun altro scopo mi spinse ad assumere tale decisione. Io, naturalmente, continuai a fare il mio lavoro di direttore di Piano Time, Scala quello di direttore dell'Accademia pianistica.
Riscontrai, successivamente, senza che ne avessi fatto richiesta, che Scala aveva inserito, bontà sua, il mio nome nel Comitato d'onore dell'Accademia, in riconoscimento della grande utilità che la rubrica da me voluta recava all'Accademia, accrescendone il prestigio e la notorietà.
Perché me ne sto per lamentare? Semplicemente perché il mio nome si è perso nelle nebbie di Imola e della memoria di Scala, cui ora fa difetto anche la riconoscenza che, come mi tocca constatare anche in questa occasione, non cresce sovente nei giardini di questo mondo.
Questo nè aggiunge nè toglie nulla a me, al mio lavoro soprattutto passato; semmai getta una qualche ombra di sbadataggine e soprattutto di colpevole e volgare utilitarismo sull'anziano maestro.
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