martedì 30 novembre 2021

Covid, variante Omicron. Europa verso l'obbligo vaccinale ( da Corriere della Sera, di Fabrizio Caccia)

 Il coordinamento tra i 27 Paesi sulle misure comuni anti Covid, faticosamente inseguito la settimana scorsa dalla Commissione Europea, rischia già di saltare. I singoli Stati, preoccupati dal progredire della variante Omicron, abbracciano sempre più numerosi l’idea dell’obbligo vaccinale. Germania in testa. Già oggi  il governo federale dovrebbe mettere a punto ulteriori restrizioni per i non vaccinati. Il prossimo cancelliere tedesco Olaf Scholz non avrebbe nascosto nella riunione di ieri con Angela Merkel di essere favorevole all’introduzione della vaccinazione obbligatoria e del divieto di accesso per i non vaccinati a tutti gli esercizi commerciali non essenziali. 

Austria e Grecia, dal canto loro, si sono portate già avanti. Il governo di Alexander Schallenberg sta studiando una legge che prevede multe fino a 7.200 euro per chi insiste nel rifiutare il vaccino dopo due solleciti ufficiali. La norma dovrebbe entrare in vigore già questo mese, ma gli importi potrebbero essere ritoccati in base al reddito di chi commette l’infrazione. A immunizzarsi dovranno essere tutti i cittadini austriaci maggiori di 14 anni e anche le persone residenti nel Paese. 

Sulla stessa linea la Grecia che, a partire dal 16 gennaio 2022, ha deciso di imporre l’obbligo vaccinale, ma soltanto ai cittadini che avranno compiuto i 60 anni. Anche in questo caso chi rifiuterà la somministrazione dovrà pagare una multa di cento euro al mese fino a che non accetterà di sottoporsi all’iniezione. I fondi raccolti dalle multe saranno devoluti agli ospedali greci contro la pandemia. «Non è una punizione — ha detto il premier Kyriakos Mitsotakis — la definirei una tassa sanitaria». 

Ma l’Europa non sembra più avere una posizione comune neppure sul divieto di bloccare i voli dai Paesi ad alto contagio: malgrado le parole del capo dell’Oms, Tedros A. Ghebreyesus, che ieri ha invocato una «risposta razionale» e «proporzionata» alla variante Omicron, il Portogallo ha già imposto un tampone a chiunque arrivi dalle zone rosse e rosso scure indicate dall’Ecdc (Olanda, Belgio, Irlanda e i Paesi dell’Est). 

Sulla variante Omicron sono tanti i dubbi e i pareri che divergono. I ministri della Salute del G7 hanno concluso che è «altamente trasmissibile». Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, invece, «non ci sono evidenze che sia più trasmissibile» di altre. Ma ieri la stessa Oms ha invitato «over 60 e persone fragili» a non intraprendere viaggi. E ancora: è bastata una frase dell’ad di Moderna, Stephan Bancel, intervistato dal Financial Times, per far andare giù i mercati (Milano -1,85, Londra -1,49, Francoforte e Parigi -1,53): «I vaccini esistenti sono molto meno efficaci contro Omicron». Vero? «Abbiamo una ragionevole fiducia nella protezione che l’attuale ciclo di vaccini può garantire con tre dosi», ha obiettato Scott Gottlieb, del Cda di Pfizer. E i dati in arrivo da Israele confermano l’efficacia della terza dose contro la variante. 

Andre Ammon, il responsabile del Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), ha detto che finora sono 42 i casi di contagiati Omicron, tutti asintomatici o con sintomi lievi. L’Italia per ora si specchia nelle parole del capo dello Stato, Sergio Mattarella: «La recrudescenza dei contagi ci ricorda di non abbassare la guardia e ci richiama alla massima responsabilità».

Buone feste di fine d'anno al posto di Buon Natale: una lezione di cultura e civiltà dall'Europa

Buon Natale no. Perchè  il Natale, una delle feste più care a tutto l'Occidente, seppure macchiato in tutto il mondo dal consumismo imperante, sarebbe divisivo. Perciò - avverte l' ufficio addetto alla comunicazione dell'Unione Europea che si atterrà a tale disposizione - meglio togliere  quell'accenno ad una festa che, ad esempio, per i molti profughi che vengono accolti nell'Occidente alla bell'e meglio, suonerebbe discriminatoria, o divisiva - come si preferisce dire.

 E pensare che proprio la storia del Natale di Gesù è una storia di accoglienza, di calore per una coppia di fuggiaschi - Maria e Giuseppe (anche i loro nomi si consiglia di evitarli, pur tacendo del Natale, perchè comunque rimanderebbero alla festa innominabile) - che hanno appresso solo quattro stracci, il minimo indispensabile,  che sono in attesa di un figlio e che non trovano rifugio  in nessun luogo, se non in una stalla. 

Differisce questa storia antica dalle tante dei nostri giorni che raccontano di uomini e donne, anche giovani, alcune incinte (che cosa hanno di diverso da Maria,  e che c'è di tanto blasfemo nella storia del Natale? ) che per fuggire da fame e persecuzioni non solo non riescono ad avere accoglienza anche fortunosa, ma ci lasciano la pelle fra le onde fredde del Mediterraneo?

 Il Natale dovrebbe essere raccontato a tutti  perché tutti lo comprendano. E' una storia che fa ricca l'umanità intera e che suona dolcissima e calda alle orecchie di tutti, cristiani ebrei musulmani.

Come appendice dall'Unione Europea ci viene un altro suggerimento teso ad evitare  che alcuni, con l'uso di aggettivi o sostantivi che indicano il genere delle persone, possano sentirsi discriminati.

 Noi ubbidienti, abbiamo immediatamente chiesto ai nostri interlocutori e corrispondenti di  chiamarci, d'ora i avanti, così: pietr. Nessuna finale che indichi l'appartenenza di genere, ma anche  l'omissione del signora/e, termini fortemente discriminatori, a dire della UE.   

Daje, con gli analfabeti di pregio

Ancora si sente in tv qualcuno pronunciare gli anni dal duemilaventi in avanti, alla maniera di coloro che, analfabeti manifesti, vogliono fare i fichi. E cioè 2020, pronunciato ventiventi; 2021 ventiventuno; 2022 ventiventidue. Si capisce che stanno già facendo gli esercizi di scioglilingua per gli anni a venire quando la pronuncia si farà un pò più complicata. E nonostante ciò, ancora non desistono.

Se pensate che sono soltanto gli analfabeti a cimentarsi in questo orrore linguistico, vi sbagliate. Ci ha provato anche Lucia Annunziata, calata napoletana certo, ma giornalista preparata; ed ora, non più tardi dell' altro ieri, la Cesaroni, giornalista di Sky, enunciando statistiche riguardanti il triennio in corso ha infilato uno dietro l'altro: ventiventi, ventiventuno, ventiventidue.

 Che cosa si deve fare per farli tornare alla ragione? Se non siamo riusciti a far dire agli italiani francesizzati Luigi quattordicesimo,  perchè loro si ostinano a blaterare Luigi quattordici; e neppure ad un'altra schiera di analfabeti italiani inglesizzati che chiamano il direttore d'orchestra 'conduttore',  con gli avventurieri del calendario riusciremo a farli rinsavire?   

lunedì 29 novembre 2021

Ormai si premiano anche, fra loro: ora Battistelli premia Fuortes

 

Nella motivazione che premia Carlo Fuortes, già sovrintendente dell'Opera di Roma ed oggi Amministratore delegato Rai, con il Premio Puccini, attribuito dalla Fondazione Festival Puccini di Torre del Lago, di cui è direttore artistico Giorgio Battistelli, si legge

Fuortes, oggi amministratore delegato della Rai, con un "importante passato nel mondo del teatro lirico, si riconoscono la competenza e la passione nel valorizzare la produzione e il sistema culturale del nostro Paese anche attraverso sperimentazioni che hanno avvicinato al teatro lirico le giovani generazioni".

Di colui che attribuisce il Premio, Battistelli, e di colui che lo riceve, Fuortes, si fa innanzitutto menzione del medagliere delle onorificenze. Il primo appena insignito del Leone d'Oro della Biennale, il secondo di un'alta onorificenza, Commendatore, della Repubblica italiana, e poi si pasa a motivare l'attribuzione del premio.

 Ma non si dice, nonostante le tante parole, l'antefatto di tale premio. 

Fuortes e Battistelli sono vissuti sotto il medesimo tetto dell'Opera di Roma per qualche anno. Fuortes, per compensare/risarcire Battistelli della sua mancata nomina proprio nel teatro della Capitale, lo volle come direttore artistico 'in seconda', accanto a quell'Alessio Vlad, da tutti eccetto che da noi considerato un genio, e gli diede l'incarico di programmare una stagione sinfonica, nella quale Battistelli, grande inventore organizzò programmi che mettevano insieme autori classici e contemporanei- una invenzione, una grande novità che non sfuggì a nessuno. E, come non bastasse, onde dare un senso alla sua presenza di direttore artistico 'in seconda' si fece inventore anche di un festival 'contemporaneo', ci pare di ricordare con il nome avveniristico di 'Fast Forward', l'equivalente musicale del diffusissimo Fast Food. Se ne fece una sola edizione, ridotta, dopo di che Fuortes a Battistelli diede il benservito e lui tacque. Allora non fece  come ha fatto pochi mesi fa quando sbattendo la porta e sbraitando  ha lasciato l'Orchestra della Toscana.  Solo di recente si è saputo che Fuortes gli aveva commissionato un'opera nuova. Per ripagarlo del silenzio?

 L'opera Battistelli l'ha scritta ed è stata presentata quando Fuortes era orami fuori dall'Opera, cioè alcuni giorni fa, dal titolo Julius Caesar, mandato in onda in diretta 'differita' da Rai 5, coprodotta da Rai Cultura, diretta da Silvia Calandrelli, fedelissima di Fuortes in Rai. Non abbiamo mai saputo come sono andati gli ascolti, che comunque non ci avrebbero fatto riflettere più di tanto perché sappiamo come vanno queste cose.

 Ma, forse, la recente audizione di Fuortes in Vigilanza potrebbe darci un 'aiutino'; quando ha ribadito che la Rai, servizio pubblico, in alcuni casi deve fottersene degli ascolti pensava forse a quelli relativi all'opera di Battistelli? 

 Ora Battistelli premia il suo ex datore di lavoro, motivandolo sia con la sua presenza nel mondo dell'opera sia anche - e qui sta la bugia, perchè non riusciamo a trovare elementi di questo tipo nella sua attività  di sovrintendente - perchè ha valorizzato la produzione e il sistema culturale del nostro Paese anche attraverso sperimentazioni che hanno avvicinato al teatro lirico le giovani generazioni. Non sarà che Battistelli pensava proprio a quel festival appena avviato e subito cancellato da Fuortes?

 Insomma prima si beccano e se possono si fanno le scarpe; poi al primo sgarbo, stanno zitti per paura di esplodere, ma perchè il loro silenzio viene compensato lautamente (inaugurazione di stagione con un'opera nuova, a Roma non accadeva da oltre un secolo, dal tempo di Mascagni) e poi si premiano. Tutto fatto in casa.

Infine, nel calendario del 'Mese pucciniano' leggiamo che Battistelli che ormai conta più opere che anni, discuterà sul destino dell'opera con Michele Girardi che, in Italia, è il maggior studioso pucciniano. Ma hanno dimenticato di invitare a partecipare al dibattito lo stesso Fuortes e Corrado Augias che  hanno, di recente, espresso sul teatro musicale idee illuminanti e rivoluzionarie: "se non si modernizza il melodramma muore!".

 Ai due consigliamo di andare a rileggersi, come 'prelectio' un dibattito di molti anni fa - metà anni Ottanta - che noi promuovemmo fra giovani compositori italiani che avevano all'attivo esperienze operistiche o di 'teatro musicale', sul destino dell'opera - argomento nuovissimo, come si vede. In quel dibattito si inserì con un lungo intervento anche Stockhausen. Il tutto fu pubblicato su Piano Time. Noi che promuovemmo quel dibattito, lo abbiamo di recente, ma solo in parte, riprodotto su Music@, il bimestrale edito dal Conservatorio aquilano, che è di facile reperimento e proficua lettura (n.31, gen-feb 2013. Si legge andando sul sito del Conservatorio e cercando nell'archivio della rivista) 

                                         *****

Il Giornale della Musica online, maggio 2017, a firma M.M. così diede notizia dell'uscita di Battistelli dall'Opera di Fuortes:

"Il 31 maggio, alla scadenza del suo contratto biennale, Giorgio Battistelli lascerà il Teatro dell'Opera di Roma, dove affiancava Alessio Vlad come altro direttore artistico, con competenze specifiche sulla stagione concertistica e sulla musica contemporanea. La nomina di due direttori artistici - un caso più unico che raro in Italia e nel mondo - aveva suscitato perplessità, ma Battistelli in un'intervista ha difeso questa decisione del sovrintendente Carlo Fuortes. Il suo è un addio senza contrasti e recriminazioni, anzi Battistelli sottolinea di aver lavorato in pieno accordo con tutto il teatro e in particolare col sovrintendente e rivendica i risultati della propria attività in questi due anni scarsi di permanenza all'Opera, specialmente per quanto riguardo lo sviluppo del progetto Fabrica per i giovani artisti, la creazione dell'Orchestra Giovanile e l'avvio di una stagione sinfonica che ha contribuito ad innalzare il livello dell'orchestra del teatro. Il progetto di maggior rilievo e quello cui Battistelli teneva di più era però il Fast Forward Festival, l'unico in Italia dedicato interamente al teatro musicale contemporaneo. Nel 2016 la prima edizione aveva avuto un ottimo esito e Battistelli aveva preparato il programma di massima per il 2017, ma il festival quest'anno non si è potuto svolgere. È venuta così meno una delle ragioni principali del suo incarico. Fuortes da parte sua ha precisato che la cancellazione del festival è stata causata esclusivamente dalla riduzione di un milione e cinquantamila euro del contributo del Comune e dalla conseguente necessità di fare dei tagli, per non mandare in rosso il bilancio del teatro. E ha concluso: "Ringrazio Battistelli per quello che ha fatto in questi due anni, che resterà nel patrimonio dell'Opera".

 

Mese Pucciniano al via da oggi e fino al 1 gennaio 2022. Premio Puccini a Cedolins e Fuortes ( da www. connessiallopera.it)

 Con il 29 novembre, anniversario della scomparsa di Giacomo Puccini prende il via il Mese Pucciniano, la rassegna invernale della Città di Viareggio e della Fondazione Festival Pucciniano che ricorda l’anniversario della scomparsa del Maestro e celebra con il Puccini Day l’anniversario della nascita. Una manifestazione che di anno in anno si presenta sempre più nutrita di eventi di prestigio per celebrare il Genius loci che elesse a sua dimora Torre del Lago prima e Viareggio poi. Un mese di eventi che è preludio alle grandi celebrazioni del 2024-2026 a cui l’Amministrazione Comunale e la Fondazione stanno da tempo già lavorando: proprio in questi giorni la Città di Viareggio sta formalizzando la richiesta al Ministero delle economia e delle finanze per l’emissione di una moneta commemorativa con l’effige del Maestro e al Mise per l’emissione di un francobollo celebrativo.

Il 28 novembre, alla vigilia dell’anniversario della scomparsa, la prima di Madama Butterfly al Teatro Nazionale di Belgrado nell’allestimento del Festival Puccini 2020 per la regia di Manu Lalli. Protagonisti il soprano Shoko Okada, il tenore Vincenzo Costanzo e il mezzosoprano Arianna Manganello sotto la direzione di Fabrizio Ventura Si rinnova così la collaborazione con il Teatro di Belgrado, grazie al contributo dell’Istituto italiano di cultura e al direttore Roberto Cincotta
Il 29 novembre, anniversario della scomparsa sarà ricordato con due momenti: la mattina nel Parco del Gran Teatro Giacomo Puccini con la messa a dimora di ulteriori tre alberi intitolati ai destinatari del 51° Premio Puccini, a cui parteciperanno le scuole cittadine, e il pomeriggio con un momento di preghiera sul piazzale Belvedere, la posa della corona d’alloro alla statua di fronte alla casa mausoleo e l’omaggio alla tomba. La giornata si concluderà con un Concerto pucciniano presso il nuovo Auditorium Simonetta Puccini che vedrà protagonisti il soprano Katerina Kotsou e il tenore Francesco Napoleoni, accompagnati al pianoforte da Emanuele De Filippis.

A chiusura dell’anno dantesco troviamo lo spettacolo A riveder le stelle (11 dicembre ore 17.00) con due protagonisti della vita culturale del nostro Paese: il giornalista Aldo Cazzullo guida il pubblico alla scoperta di Dante sia come maestro della lingua italiana che come personaggio fortemente attuale, mentre la rockstar fiorentina Piero Pelù si esibisce nella lettura di alcuni passi dalla Divina Commedia.

Non mancano occasioni di riflessione su temi attuali come quello drammatico del popolo afgano e soprattutto della condizione femminile: questo il tema del pomeriggio di dialogo e riflessioni in programma il 12 dicembre per far sentire la vicinanza della Città e sensibilizzare la comunità sull’acuirsi della crisi umanitaria in Afghanistan. Interverranno la presidente del Consiglio comunale Paola Gifuni e l’assessore alla cultura Sandra Mei in collaborazione con altri rappresentanti della Commissione pari opportunità del Comune di Viareggio, oltre alla musicista Rita Cucè da sempre promotrice di progetti di sensibilizzazione a favore delle donne afgane. A seguire il concerto che vede protagonisti Rita Cucè al pianoforte e il Quartetto d’archi femminile del Festival Puccini. In cartellone troviamo poi il Concerto del Coro Lirico toscano (18 dicembre) omaggio al presidente Cesare Bianchi scomparso lo scorso inverno, e la masterclass per studenti di Canto cinese che avrà come vocal coach il tenore Massimo Iannone (20-23 dicembre).

Due gli incontri: il 10 dicembre (ore 16:30) all’Auditorium Simonetta Puccini per la presentazione del libro Caruso & Friends, la nascita del re dei tenori di Maurizio Sessa, e il 21 dicembre alla Gamc (ore 17.00) una conferenza dal titolo Quo vadis opera? anno zero che vede protagonisti Giorgio Battistelli, direttore artistico del Festival Puccini, recentemente insignito del Leone d’oro per la musica alla Biennale di Venezia, e Michele Girardi uno dei massimi esperti di Puccini, docente di musicologia e storia della musica dell’Università Ca’ Foscari insignito lo scorso luglio del 49° Premio Puccini.

Spicca la consegna del Premio Puccini il 22 dicembre a Fiorenza Cedolins e Carlo Fuortes. La prima è uno dei soprani più importanti nel panorama operistico internazionale; interprete di riferimento per il repertorio pucciniano, ha calcato i palcoscenici dei più prestigiosi teatri del mondo, ed è stata acclamata interprete del ruolo di Mimì al Festival Puccini nel 2016. A Fuortes, oggi amministratore delegato della Rai, Commendatore dell’ordine al merito della Repubblica Italiana, con un importante passato nel mondo del teatro lirico, si riconoscono la competenza e la passione nel valorizzare la produzione e il sistema culturale del nostro Paese anche attraverso sperimentazioni che hanno avvicinato al teatro lirico le giovani generazioni.

La rassegna termina il 1° gennaio con l’atteso Concerto di Capodanno che in questa occasione si svolgerà nella insolita ma affascinante cornice del cantiere Codecasa 1 che accoglierà l’Orchestra del Festival Puccini diretta dal Maestro Alberto Veronesi.

Il 22 dicembre, anniversario della nascita di Giacomo Puccini, la Fondazione Festival Pucciniano propone uno sconto del 50% sui biglietti per le rappresentazioni del 68° Festival Puccini delle opere Madama ButterflyToscaTurandotLa rondine.

L’acquisto è possibile anche online sul sito del Festival e attraverso il circuito Viva Ticket e TicketOne.

Ulteriori informazioni: www.puccinifestival.it


domenica 28 novembre 2021

L'Aquila. Concerto del pianista Bacchetti e del quartetto d'archi dei Solisti aquilani, nell'Auditorium del Parco, questa sera

 Il pianista Andrea Bacchetti si esibirà lunedì 29 novembre ore 18,, nell'Auditorium del Parco dell'Aquila, con i Solisti Aquilani in Quartetto (Rocco Roggia e Daniela Marinucci ai violini, Margherita Di Giovanni alla viola e Simone De Sena al violoncello). In programma il Quintetto n.4 per pianoforte e quartetto d'archi di Lorenzo Perosi, il Quintetto per pianoforte e archi n.2 op.81 di Antonin Dvorak e i Preludi e fughe n.9, 14 e 15 dal "Clavicembalo ben temperato" (Vol. II) di Johann Sebastian Bach. 

Andrea Bacchetti è tra i massimi interpreti bachiani, nato nel 1977, debutta a 11 anni al Teatro alla Scala di Milano con i Solisti Veneti diretti da Claudio Scimone. Da allora suona in Festival Internazionali e nelle più prestigiose sale da concerto del mondo - Konzerthaus (Berlino), Salle Pleyel, Salle Gaveau (Parigi), Rudolfinum Dvorak Hall (Praga), Teatro Coliseo (Buenos Aires), solo per citarne alcune. In Italia è ospite delle maggiori orchestre ed enti lirici e di tutte le più importanti associazioni concertistiche. All'estero ha lavorato con numerose orchestre e ha inciso per Sony Classical. 

Nella sua ampia produzione discografica sono da ricordare il CD con le sonate di Cherubini e "The Scarlatti Restored Manuscript" vincitore dell'ICMA 2014 nella categoria "Baroque Instrumental". Di Bach le "Invenzioni e Sinfonie" , "The Italian Bach" e "Keyboard Concertos BWV 1052-1058" con l'Orchestra Nazionale della Rai. (ANSA).

Tanto per fare un esempio di eccellenza nel mondo musicale femminile italiano: ELENA SARTORI (da Corriere Romagna)

Non è che un esempio questo che  riguarda Elena Sartori , direttrice ravennate a capo dell' Ensemble Allabastrina, che ha ricevuto riconoscimenti importanti (oltre l'Abbiati, al quale noi personalmente non abbiamo mai attribuito il peso di altri, anche se non è detto che qualche rara volta non ci prenda) anche internazionali. 

  Quando l'altro giorno criticavamo la scelta della Casellati, e del suo  consigliere 'culturale e 'musicale', per l'invito, alla  manifestazione al Senato a sostegno della lotta contro la violenza sulle donne, della Women Orchestra intendevamo proprio questo. Eccellenze musicali femminili ve ne sono anche in Italia, non si capisce perchè le istituzioni si affidino a consulenti che non sanno, non capiscono,  e perciò mettono in vetrina  chi ancora non se lo merita.

La gestione da 'strapaese' che spesso vediamo messa in atto anche nelle nostre grandi istituzioni deve finire. Vogliamo che siano esaltate e premiate le vere eccellenze, non quelle che la Casellati decide che lo sono. Capito, cara presidente del Senato? ( P.A.)

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Il premio “Franco Abbiati” della critica musicale italiana, uno dei più prestigiosi in Italia, ha visto fra i protagonisti dell’ultima edizione una delle artiste di punta del panorama musicale ravennate: Elena Sartori, organista e direttore, docente al conservatorio di Bolzano. Sartori è stata premiata nella sezione “Premio Abbiati del disco”, insieme all’Ensemble Allabastrina, per la registrazione dell’opera Orfeo di Luigi Rossi, «per la coraggiosa e accurata riproposta in prima registrazione integrale dell’Orfeo parigino di Luigi Rossi, con le sue molteplici sfaccettature che trascolorano dal comico al tragico, e con il coinvolgimento di giovani interpreti che hanno reso fresca e viva una vicenda complessa e secolare».

Sartori, cosa rappresenta questo riconoscimento?

«È stata un’emozione fortissima, un grande riconoscimento e l’incontro con Angelo Foletto, presidente dell’Associazione dei Musicologi Italiani, si è svolto all’insegna del sorriso e della gratitudine. L’Abbiati è un premio molto importante, ormai quarantennale, intitolato a un grande musicologo bergamasco. Da tre anni Foletto ha pensato di aprire anche un premio Abbiati del disco, ed è stato un grande piacere essere fra i primi artisti, in fondo, a vincere questo premio».

Un disco frutto di un progetto importante: ce ne parla?

«Ci tengo anzitutto a ringraziare i produttori che lo hanno reso possibile, la Fondazione dei Monti Uniti di Foggia e la nostra etichetta, Glossa. Luigi Rossi era di Torremaggiore, una piccolissima frazione del foggiano. E nel 1600 in Puglia, all’ombra della scuola napoletana, c’era una scuola musicale viva, importante. Questo grande compositore poi andò a Roma, dove fece carriera, poi la corte francese di Luigi XIV lo volle a Parigi per fare un grande spettacolo. Glossa è una casa discografica spagnola e tedesca: abbiamo cominciato il nostro percorso artistico con loro nel 2017 con un disco che ha vinto tanti, tanti premi fuori dall’Italia. La cosa che ci fa piacere è che questo Orfeo invece abbia vinto un bel premio anche nella nostra Italia».

Uno dei temi a lei cari è la musica al femminile: che ruolo ha nel suo lavoro?

«È un tema per me molto importante. A mio avviso la rivalutazione del modo di vedere la donna al giorno d’oggi è ancora un problema emergenziale. Nel 2017 abbiamo iniziato il nostro percorso con la Alcina di Francesca Caccini, del 1628, la prima opera lirica scritta da una mano femminile: un grande capolavoro, sconosciuto, un po’ un corrispettivo di Artemisia Gentileschi per la pittura. Siamo rimasti davvero colpiti e molto sorpresi dal successo internazionale di questo disco e quindi Glossa ci ha proposto di pensare alla realizzazione di Orfeo di Luigi Rossi».

Anche qui ricorre il tema del femminile?

« Orfeo è una vicenda complessa, però i tre protagonisti sono tutti rappresentati da voci femminili: era la voce della donna, e in particolare il registro del soprano, che il pubblico voleva assolutamente ascoltare. L’opera sviluppa un intreccio drammatico amoroso, ora felice ora disperato, tra questi tre grandissimi ruoli di fatto femminili. Abbiamo raccolto questo testimone con una grafica particolare, rosa come la pelle, ispirata all’immagine del nudo femminile che ci ha aiutato a tratteggiare una sensazione fortemente femminile, anche erotica, la forte sensualità che si sente in questa musica».

A cosa sta lavorando?

«Stiamo adesso lavorando a un’operazione simile, con la Cassa di Risparmio di Firenze: il Seicento toscano è un po’ come una bella palude in cui sono caduta dentro con Alcina della Caccini. Abbiamo scoperto tutto un mondo: fra il 1625 e il 1648 la corte dei Medici di Firenze è stata retta tutta da donne, un potere completamente matriarcale, e Francesca Caccini ne è il primo frutto. Poi sono arrivati gli anni Cinquanta del Seicento, ci sono state altre conquiste e altri matrimoni, e le cose sono di nuovo virate al maschile. Ma a me interessa molto studiare quei vent’anni e abbiamo trovato un’altra opera molto interessante completamente inedita che si chiama La Flora”di Marco da Gagliano, un grandissimo nome del barocco toscano che ci sta riservando delle sorprese favolose. Debutteremo a “Early Music Vancouver” il prossimo anno».

Progetti a Ravenna?

«Sto lavorando al Festival d’organo di San Vitale 2022, l’edizione numero 61: la 60 è stata proprio bella, tutta dedicata alle donne, e abbiamo avuto un feedback davvero positivo. Personalmente non credo che si debbano porre barriere fra cultura e turismo, trovo questa una posizione snob che insterilisce. Io vado avanti, dopotutto, cercando di rivalutare il Festival di San Vitale anche come risorsa turistica. Il mio punto di vista è questo: porte aperte e tirare tutti dalla stessa parte. E anche tanto sorriso: adesso abbiamo tutti bisogno di un po’ di leggerezza e di apertura. Il mio sogno, inoltre, resta quello di dirigere almeno una volta nel teatro della mia città, un’opportunità che finora non mi è mai stata data, e questo mi procura un profondo dispiacere».

La variante OMICRON l'ho scoperta io. L'allarme è eccessivo ( da Huffpost)

 Da circa otto settimane non avevamo pazienti Covid. A metà novembre è arrivato un uomo di 33 anni. Presentava dei sintomi lievi ma diversi da tutti quelli che avevo visto fino ad allora. Ho deciso di fare il test perché comunque ci trovavamo davanti a un’infezione virale. Al quarto membro della sua famiglia risultato positivo, con gli stessi sintomi leggeri, mi si è accesa una lampadina”. La Repubblica intervista la dottoressa Angelique Coetzee, presidente della Associazione dei medici del Sudafrica, la scienziata che ha scoperto la variante Omicron che sta spaventando il mondo.

Sintomi come “stanchezza, mal di testa, prurito in gola, leggero raffreddore” riscontrati nel paziente e nei suoi familiari “non coincidevano con quelli della Delta che avevamo visto fino a dieci settimane prima”, spiega Coetzee, che rassicura però sul fatto che “finora nessun paziente affetto da Omicron è stato ricoverato. Non abbiamo mai riscontrato effetti gravi. La cosa interessante è che i pazienti con forti dolori alla gola sono poi risultati tutti negativi”. Non solo, ma “i sintomi sono molto lievi e sono uguali per entrambi, vaccinati e non”. E anche il grado di contagiosità ”è più o meno simile a quello della variante Delta. Non di più e non troppo severo”.

Serviranno due settimane probabilmente per aver risposte concrete sulla variante Omicron. La reazione internazionale, secondo Coetzee, è stata “esagerata”, perché “avrei capito la chiusura e la paura se avessimo assistito all’esplosione di effetti gravi. Ma non li abbiamo visti. Nessuno di loro è stato mai ricoverato”. Per questo, conclude, “non dovete farvi prendere dal panico. Se avvertite questo tipo di sintomi, come quelli descritti, per più di due giorni, fate il test. Vaccinatevi, indossate la mascherina e non state in posti affollati”.


Dove è finito il 'miracolo GIappone' del quale a sproposito parla spesso Massimo Cacciari

  Il Giappone chiuderà i suoi confini a tutti i visitatori stranieri, contro il rischio della variante Omicron del Covid-19. Lo ha annunciato oggi il governo nipponico, appena tre settimane dopo aver allentato alcune restrizioni per consentire l'ingresso nel Paese a viaggiatori d'affari, studenti e stagisti stranieri.

 "Vietiamo tutti i (nuovi) ingressi di cittadini stranieri provenienti da tutto il mondo dal 30 novembre", ha detto ai giornalisti il primo ministro Fumio Kishida. I giapponesi di ritorno da nove stati e paesi dell'Africa meridionale in cui sono state identificate infezioni con la nuova variante dovranno sottoporsi a "rigorose misure di isolamento basate sul rischio", ha aggiunto Kishida. Il Giappone, che ha messo in atto restrizioni alle frontiere dall'inizio della pandemia, a inizio di novembre aveva allentato le misure rimanendo però chiuso ai turisti. Il governo giapponese ha annunciato venerdì l'estensione a dieci giorni della quarantena in hotel per i visitatori provenienti da Sudafrica, Botswana, Eswatini, Lesotho, Namibia e Zimbabwe. Tokyo ha esteso tale misura questo fine settimana per i visitatori in arrivo da Malawi, Mozambico e Zambia. (ANSA).

sabato 27 novembre 2021

Nuovo Teatro del Maggio Musicale Fiorentino. E' servito pensare in grande? Pereira lamenta i troppi posti vuoti

 Il vecchio Teatro Comunale aveva reso a Firenze il suo servizio, occorreva pensare al futuro, e il futuro fu costruire un nuovo teatro che fosse, come il vecchio, anzi più di quello, emblema della città. In quegli anni, prima in Provincia e poi a Palazzo Vecchio, sedeva Matteo Renzi.

 Fu progettato un nuovo teatro, capienza 1900 posti, e poi una sala da concerti - che verrà inaugurata fra meno di un mese - di 1200 posti ed anche una cavea all'aperto di 2000 e passa posti.

 Abbiamo ancora davanti agli occhi le foto di quella serata in cui venne inaugurato il nuovo teatro; ritraevano l'allora sovrintendente milanese, ing. Colombo, e il 'grande & grosso' direttore generale del Ministero Nastasi, e c'era anche Bianchi, longa manus allora e sempre di Renzi ed anche la Boschi.

 Sono trascorsi alcuni anni da allora, e mentre ci si sta preparando all'inaugurazione della sala da concerti, alla presenza di Mattarella, fissata per la vigilia di Natale, Pereira lancia un allarme. Il teatro è troppo grande per una città come Firenze, per questo sono sempre troppo vistosi i vuoti nel pubblico. Colpa della pandemia - si chiede il sovrintendente? Forse anche, ma il problema è che forse un teatro come quello fiorentino è troppo grande per una città come Firenze, dove difficilmente  i fiorentini riempiono il teatro, come  non lo riempiono neanche i turisti che a Firenze non vanno a teatro. Come del resto non avviene neanche tanto a Roma, mentre invece avviene a Venezia e certamente a Milano.

 E allora valeva la pena costruire un teatro tanto grande? Forse è questa la vera domanda alla quale bisognerà dare la seguente risposta: non valeva la pena.

Firenze è una città dieci volte più piccola di Roma che ha un teatro, l'Opera, di circa 2000 posti ed una sala concerti, all'Auditorium, la più grande, da 2700.

Al di là dei problemi che una certa capienza crea per l'ascolto - più grande è una sala peggiore è l'acustica (e ciò vale anche per le sale del complesso di Renzo Piano a Roma) - forse  l'architettura contemporanea dovrebbe tenere presente nel progettare un nuovo luogo per la musica lo stretto rapporto che esso avrà con il territorio che lo ospita e cui è destinato. Sono sufficienti queste semplici riflessioni per farci concludere che quel teatro è eccessivamente grande per Firenze e che anche quando la paura  della pandemia sarà passata, si faticherà sempre peer riempirlo?

 Allora perchè costruirlo così grande? Bisognerebbe chiederlo ai politici fiorentini dell'epoca con manie di grandezza. E Pereira che si dispera  perchè non riesce a riempirlo, forse dovrebbe girare a loro la domanda, ed anche pretendere la risposta. Quantomeno quella relativa ai criteri fissati e imposti per valutare la capienza del nuovo edificio.

 Però ci viene da fare un'altra riflessione. 

Il vecchio Teatro Comunale noi lo conoscevamo bene per diverse ragioni. Negli anni Ottanta,  quando insegnavamo al Conservatorio di Firenze, quasi ogni settimana abbiamo assistito ad un concerto o spettacolo d'opera nel vecchio teatro fiorentino. Due in particolare li ricordiamo come fosse ieri. 

 Il concerto  della Caballè, indimenticabile. Cominciò a cantare accompagnata dal pianoforte, ma il pubblico era freddo, seguiva attentamente ma applaudiva poco. La Canballè si accorge di quetso clima quasi diffidente e se ne esce con una trovata che cambiò completamente il seguito e l'esito del concerto: 'mammamia che freddo stasera, ho i brividi'. Il pubblico capì, si scaldò, la Caballè riprese fiato ed il pubblico rispose calorosamente. 

 L'altra serata indimenticabile fu quella della prima assoluta dell'opera film di Bussotti, L'ispirazione', con la regia di Derek Jarman.  In sala c'erano molti giornalisti- se non ricordiamo male in sala c'era anche Massimo Mila, con il quale scambiammo qualche parola sull'opera, ed anche sulla rivista che allora dirigevamo, Piano Time - e la serata filò liscia.

 Quelle e tutte le altre volte che andammo al Comunale, non ricordiamo sale vuote  o con pochi posti occupati. Ricordiamo invece un gran trambusto nel foyer, signore vestite a festa, insomma tutto il contrario di ciò che ora ha denunciato Pereira, Eppure il vecchio Teatro Comunale, del quale non siamo riusciti a trovare oggi la capienza, non era poi tanto piccolo, comunque non molto più piccolo del nuovo. Avrà avuto intorno ai 1500 posti?

A noi quel vecchio teatro era molto caro, anche per una ragione che ci riguarda personalmente: lì regalammo al pubblico, nell'aprile del 1983, il primo numero di Piano Time.

E allora cosa deve fare Pereira, oltre a lamentare i posti vuoti? Innanzitutto avere un pò di pazienza, fino a quando la paura dei contagi non sarà del tutto finita. E, nel frattempo, non stare con le mani in mano. Fare molta attenzione alla programmazione, che deve andare incontro ai gusti ed alle attese del pubblico, e poi promuovere politiche che favoriscano l'accesso. A Milano, Meyer - e parliamo della Scala, dove il pubblico non manca - si è espresso chiaramente a favore di una politica dei prezzi che non dissuada il pubblico dal frequentare la Scala.

 Il predecessore di Pereira,  Cristiano Chiarot - di cui non si hanno più notizie, sembra essersi dissolto -  ha fatto qualche volta lamentele dello stesso tenore? Non ricordiamo. Fingeva di non vedere i posti vuoti, o posti vuoti così evidenti  durante la sua gestione non ve ne erano? Anche su questo Pereira dovrebbe riflettere.


Mascagni. 'Il piccolo Marat' in scena al Teatro Goldoni di Livorno, a dicembre ( da Quotidiano. Net)

 E’ stata presentata all’Hotel Palazzo a Livorno, proprio sul lungomare davanti la Terrazza intitolata a Pietro Mascagni, la nuova produzione ed il cast de “Il piccolo Marat”, l’opera lirica del compositore livornese di cui quest’anno ricorrono i 100 anni dalla sua prima rappresentazione (Roma, Teatro Costanzi, 2 maggio 1921).

Titolo della maturità artistica di Mascagni, “Il piccolo Marat” andrà in scena al Teatro Goldoni il 10 dicembre (ore 20.30) e il 12 dicembre (ore 16), nel nuovo allestimento della Fondazione Goldoni con la direzione d’orchestra di Mario Menicagli, sul podio dell’Orchestra della Toscana, la regia di Sarah Schinasi, scene e costumi di William Orlandi.

Il piccolo Marat, opera in tre atti di Pietro Mascagni su libretto di Giovacchino Forzano, ha cento anni: la prima rappresentazione, avvenuta il 2 maggio 1921 al Teatro Costanzi di Roma, fu salutata da un enorme successo di pubblico, addirittura superiore a quello colto quasi trent’anni prima nello stesso Teatro dal giovanissimo compositore livornese con Cavalleria rusticana. Trionfale il giro che ne seguì nei teatri in Italia ed all’estero, con oltre 90 produzioni negli anni ’20 ed ancora titolo acclamato e molto rappresentato negli anni successivi, per scomparire progressivamente dai palcoscenici nel secondo dopoguerra. 

Riproporlo oggi, nella città natale di Pietro Mascagni, con una nuova produzione ed un nuovo allestimento curato dalla Fondazione Teatro Goldoni di Livorno in occasione del centenario di quella trionfale première, non ha il sapore della riscoperta e della curiosità musicale fine a se stessa: è un atto alla conoscenza e valorizzazione di un compositore che per oltre 40 anni, dal finire dell’800 in poi, ha saputo con il suo Teatro e le sue capacità di direttore d’orchestra, scrivere pagine nuove nel modo di concepire ed eseguire il Teatro d’opera in Italia e nel mondo. 

Questa edizione del centenario segna una nuova tappa nella ricognizione effettuata nel tempo dal Teatro di Tradizione livornese, che ha saputo cogliere queste ricorrenze per proporre nuovi allestimenti per evidenziare la vitalità e l’interesse verso un Teatro quale quello mascagnano che meritava, e merita tutt’oggi, di essere conosciuto nella sua interezza.

Siena. In scena la Divina Commedia: 'Bestiario infernale' di Francesca Lazzeroni per coro a cappella ( da Quotidiano. Net)

 All’Accademia dei Fisiocritici il 30 novembre alle 18.30 la prima esecuzione a Siena dell’opera per coro a cappella ’Bestiario infernale’ di Francesca Lazzeroni su testi di Dante Alighieri nella serata spettacolo intitolata ’Mostri infernali tra scienza, letteratura e musica: l’universo naturalistico della Divina Commedia’ promossa dalle tre Accademie senesi, Intronati, Rozzi e Fisiocritici. Ai brani eseguiti dagli Unconventional Singers si alterneranno gli interventi di due esperti, lo storico Duccio Balestracci, già docente di storia medievale all’Università di Siena e lo zoologo Andrea Benocci, del Museo di Storia Naturale. Sarà anche possibile ammirare antichissime edizioni della Divina Commedia eccezionalmente esposte. Gli ’Unconventional Singers’ sono il gruppo vocale di Amat composto da artisti lirici con un repertorio che va dal madrigale del Cinquecento alla contemporaneità, con incursioni nell’operetta e musica da film: sono Costanza Renai, Cristina Rosa, Francesca Lazzeroni, Floriano D’Auria, Matteo Tavini, Marco Gallina, Tommaso Corvaja, Dielli Oxha. Dirige Concetta Anastasi.

Il Virus muta dove non c'è il vaccino ( da Avvemire, di Vito Salinaro)

 Stiamo studiando. Non è il caso di allarmarsi ma constatiamo che questa variante, Omicron, presenta differenze che interessano quattro “regioni” della proteina Spike. In ognuna regione ci sono mutazioni. Tradotto in soldoni, da una prima impressione non supportata da prove, dovremmo avere di fronte un virus ancora più bravo a contagiare, abile ad eludere qualche difesa anticorpale da vaccino, ma non a rendere la malattia più grave». Immunologo e virologo, Luca Guidotti, per 21 anni docente di Patologia sperimentale allo Scripps Research Institute di La Jolla (Stati Uniti), uno dei centri di ricerca biomedica più prestigiosi al mondo, è autore di studi ospitati da Cell, Nature, Nature Medicine e Science. Rientrato a Milano, è docente di Patologia generale nell’Università Vita-Salute San Raffaele e vicedirettore scientifico del San Raffaele.

Professore, non sembra sorpreso dalle ultime notizie.

Abbiamo un’altra variante che emerge. È un fatto normale. Ce ne saranno tante altre ancora.

Perché dice che potrebbe essere più contagiosa?

Sembra che in Sudafrica sia destinata a rimpiazzare la Delta piuttosto presto, non vedo perché questo effetto non dovrebbe verificarsi in altre parti. Succede quello che succede in tutte le infezioni. Come nell’influenza, il virus evolve. Per farlo ha bisogno di un serbatoio di non vaccinati, o di vaccinati poco rispondenti al vaccino, oppure di soggetti immunocompromessi. Alcune persone hanno anticorpi un po’ deficitari e questo aiuta il virus. Se salta fuori una mutazione che supera questa “barriera allentata” può risultare più vincente nell’eludere la protezione dei vaccini.

Potremmo trovarci a fronteggiare una variante capace di sfuggire a tutti i vaccini?

In questo momento è improbabile ma può accadere. Nel caso, tuttavia, ci vorrebbe poco a ricalibrare i nuovi vaccini. È una rincorsa.

Ci aiuti a capire di più.

Da un lato il virus “sente” la pressione dei vaccini nei Paesi più immunizzati, e tende a fuggire. Dall’altro, fuggendo, trova intere autostrade per replicarsi e mutare, grazie ai non vaccinati. Ora, buona parte degli esseri umani ha anticorpi, un’altra grande fetta non ne ha: in questa “macedonia” prima o poi varianti in grado di sfuggire ai vaccini emergeranno. Ecco perché dobbiamo far presto a vaccinare tutti.

L’Africa offre terreni di coltura enormi al Sars-CoV-2.

Come tutti i Paesi dove si è fatto meno ricorso alla profilassi. Il Sudafrica, inoltre, ha un numero consistente di persone immunodepresse perché sviluppano l’Aids dopo l’infezione da Hiv.

Che cosa succede in queste persone?

In un soggetto normale il virus “abita” circa una settimana, muta un centinaio di milioni di volte, poi non sopravvive. Ma se, invece che stare una settimana, restasse nell’organismo per 3 mesi a causa di una immunodeficienza, muterebbe anche miliardi di miliardi di volte. A fronte di questi rischi è triste avere persone che non si immunizzano, in aggiunta a quelle più sfortunate che non rispondono al vaccino.

Anche i bambini vanno vaccinati?

Sì, sono diventati un discreto serbatoio di propagazione. E il vaccino è sicuro.

Professore, lei ha contribuito alla scoperta dei nuovi ed efficaci farmaci che stanno eradicando le epatiti. Ieri si è appreso che l’antivirale orale di Merck, il Molnupiravir, è meno efficace rispetto ai dati preliminari: dal 48% iniziale si è passati al 30%. Con i nuovi risultati svaniscono molte speranze, non crede?

No. Intanto non è l’unico farmaco in dirittura d’arrivo. Ma sarebbe un errore limitarci a pensare solo a quelli in attesa di validazione. Si tratta solo dell’anticamera della prima generazione di farmaci antivirali, pensati, tra l’altro, per altri virus. Per l’epatite C, che ha causato milioni di morti, abbiamo trovato la quadra solo alla quarta, quinta generazione di farmaci, ci sono voluti 10 anni. È stato il più grande successo farmaceutico di sempre.

Ma quante molecole potenzialmente “vincenti” ci sono in giro?

In questo momento più di 300.

Anche in Italia?

Sì, anche al San Raffaele stiamo seguendo delle piste molto interessanti. Quando insegui un antivirale ne sintetizzi migliaia e alla fine ne selezioni uno.

Come funzioneranno?

L’azione degli antivirali dipende dal bersaglio molecolare che scelgono di colpire.

Voi a cosa mirate?

Noi, come Pfizer, abbiamo scelto come obiettivo una proteina del virus che si chiama proteasi principale.

Perché?

Gli antivirali sono molecole che si assumono per bocca. Passano poi nel sangue per arrivare nei vari tessuti dove il virus si colloca, in questo caso nell’apparato respiratorio. Entrano nel virus e “usano” le proteine che possiede per distruggerne il ciclo replicativo. Ebbene, la proteasi principale è una proteina non dissimile da quella dell’epatite C, per cui sappiamo come muoverci... L’altro vantaggio è che questa proteina è molto conservata in tutti i betacoronavirus. Cioè tutte le varianti ce l’hanno. Quindi, il virus potrebbe anche sfuggire a qualche vaccino ma non avrebbe scampo con gli antivirali perché, a differenza della molecola Spike, che muta, la proteasi principale è sempre identica.

Quanto tempo vi occorre?

Credo occorreranno 2-3 anni. Adesso lei mi dirà che è un tempo lungo.

Come se gliel’avessi detto.

Appunto. Ma quando quell’antivirale ci sarà, la possibilità che risulti molto efficace anche contro Sars-CoV-3, 4, 5, 6, e scelga pure lei il prossimo, sarà elevatissima. E non è neanche questo l’unico vantaggio.

Se mi dà altre buone notizie non la interrompo più.

L’antivirale non richiede l’ospedalizzazione e l’endovena, ed esce dal ciclo del freddo. Se il mondo decidesse di farsi carico dell’approvvigionamento nei Paesi poveri, sarebbe una manna dal cielo perché la distribuzione è molto più agevole rispetto ai vaccini. E coprirebbe anche l’ultimo villaggio sperduto nel Sud Sudan, dove non riusciremmo mai a portare il ciclo del freddo.

Tokio. Il mistero del virus scomparso ( da Avvenire, di Pio d'Emilia)

 Ieri, a Tokyo, 8 contagi, 95 in tutto l’arcipelago. «Appena» sei decessi dal 7 novembre, due proprio l’altro ieri, pazienti da lungo tempo ricoverati. In agosto, dopo le Olimpiadi, i contagi erano schizzati ad oltre duemila al giorno, e con un numero irrisorio (meno di 20mila) di tamponi. E se fino a qualche settimana gli ospedali – trovatisi fin dall’inizio inspiegabilmente impreparati a gestire la pandemia – erano ancora in affanno, specie nelle grandi città, ora si stanno “svuotando”. Nessun paziente in terapia intensiva, a Tokyo, 40 in tutto il Giappone. 

E questo proprio mentre la stampa locale si accorge finalmente del dramma dei «jitaku hochi», dei pazienti deceduti in casa perché rifiutati dagli ospedali e di fatto abbandonati a se stessi. Pare siano centinaia, i cui certificati di morte spesso non indicano il Covid-19. E i parenti si stanno organizzando per una “class action”, fenomeno pressoché sconosciuto, finora, in Giappone.

Ma tutto questo fa parte del passato. Perché mentre in Europa è di nuovo emergenza e torna l’incubo – più che giustificato – dei lockdown più o meno selettivi, qui in Giappone il virus sembra davvero sparito. «Johatsu shita», dicono qui, «evaporato». Alcuni, radicalizzando una teoria che per quanto bizzarra sta provocando accessi dibattiti sia sui media che tra “esperti”, parlano di «suicidio». Secondo Ituro Inoue, direttore dell’Istituto di Genetica Nazionale, il virus in Giappone si sarebbe «arreso» di fronte all’esistenza-resistenza di un particolare enzima, l’Apobec3A, di cui i popoli asiatici, e i giapponesi in particolari sarebbero muniti. Teoria tutta da dimostrare, ma che ricorda in effetti quanto successo ai tempi della Sars (2003). Anche in quella occasione, dopo un prima esplosione di contagi, il virus scomparve, più o meno all’improvviso. 

Più attendibile, forse, è invece la teoria che il Giappone – che fin dall’inizio vi aveva puntato senza annunciarlo ufficialmente, basta pensare alla vicenda della Diamond Princess, la nave a suo tempo bloccata a Yokohama ma i cui passeggeri “indigeni” vennero liberati e mandati a casa con i mezzi pubblici – abbia raggiunto l’immunità di comunità. Questo anche e soprattutto grazie all’improvvisa accelerazione della campagna vaccinale. Iniziata con grave e imbarazzante ritardo ( a settembre eravamo ancora attorno al 30% di vaccinati) ora la percentuale di vaccinati con doppia dose ha superato l’80%. Il Giappone, da ultimo che era, ora è al primo posto tra i Paesi del G7, seguito, a poca distanza, da Canada e Italia. E dal primo dicembre inizia la somministrazione della terza dose, aperta a tutti, da subito, senza limiti d’età. E questo in un Paese che tradizionalmente – e con qualche legittimo motivo – diffida da sempre dei vaccini, al punto che è l’unico Stato del mondo industrializzato a non imporre l’obbligatorietà dei vaccini di base ai bambini (polio, trivalente etce-ct). Una piroetta sociale e culturale improvvisa e inaspettata: pensate, qui i no-vax non esistono. O meglio, esistono in privato, ma non sono organizzati e non scendono in piazza. Quando alla Tv fanno vedere le immagini delle nostre manifestazioni lo stupore di conduttori e ospiti è totale: «Ma perché lo fanno» è la domanda che si pongono e alla quale nessuno sa rispondere. Grande interesse e apprezzamento invece per il Green pass, misura considerata giusta ed efficace. Qualcuno, a suo tempo, aveva anche proposto di adottarne una versione locale. Ma giunti a questo punto, con i numeri attuali della pandemia sembra davvero inutile. Il Giappone di fatto, è tornato alla normalità: nessuna restrizione particolare, mezzi pubblici e locali strapieni, distanza sociale, di fatto mai applicata seriamente, sparita. Resta la mascherina, anch’essa «raccomandata», ma non imposta. Ma i giapponesi ci sono abituati da sempre: un segno di civiltà che in certe stagioni (inverno e primavera, soprattutto) protegge da batteri e pollini. E ora arriva anche il “pacchetto” del premier Fumio Kushida. Quasi 500 miliardi di dollari per risarcire gli imprenditori e rilanciare l’economia, ferma da molto prima che arrivasse la pandemia. E perfino un bonus famiglia. L’equivalente di 1.000 euro ad ogni famiglia con figli minori. 

Basta che nessuno dei due genitori guadagni più di 90mila euro l’anno. Non insieme, sia chiaro. Ciascuno di loro. Basta che nessuno dei due superi i 90 mila euro, e avranno diritto al bonus. Praticamente, oltre l’80% delle famiglie. Serviranno a poco, dicono gli “esperti”: nel 2020, quando l’ex premier elargì un primo bonus, il 70% finì in risparmi. Nessun effetto sui consumi. Vedremo questa volta, se i giapponesi ricominceranno a spendere. La ripresa economica dipende solo da loro, perché le frontiere resteranno chiuse ancora a lungo. Troppo rischioso riaprire ai turisti questa isola felice.

Coronavirus. L'India sta meglio dell'Europa?

 Mentre Europa e Stati Uniti prendono provvedimento contro la nuova variante Omicron del Covid, l'India ha registrato il più basso aumento di nuovi casi in 541 giorni. Lo riporta il Guardian. Nelle ultime 24 ore sono stati segnalati dal ministero della Salute 'solo' 8.318 contagi. Resta altissimo il numero delle vittime, 465 in un giorno.

 I casi attivi sono al momento 0,311% del totale, la percentuale più bassa da marzo 2020, mentre il tasso di guarigione è del 98,34%, il più alto da marzo 2020, ha affermato il ministero della salute. (ANSA)

venerdì 26 novembre 2021

The Music Critic con John Malkovich agli Arcimboldi il 3 dicembre ( da Il Giornale, di Ferruccio Gattuso)

 Stroncare è facile, talvolta anche divertente. Soprattutto, lo è per chi legge. Poi però, stia attento il critico, può accadere che il tempo stronchi lui. Perché se la tua penna se la prende con un Beethoven o uno Chopin, la figuraccia da qui alla fine del mondo è assicurata. Su questo tema, con sapida ironia e tanta buona musica dal vivo, la star di Hollywood John Malkovich calca il palcoscenico in The Music Critic, scritto e diretto dal compositore, regista e comico russo Aleksey Igudesman, violinista, uno dei sei strumentisti al fianco dell'illustre narrattore. Concepito già dieci anni fa per il Julian Rachlin & Friends Festival di New York e ora in tournée internazionale, The Music Critic è atteso (in lingua originale con sovratitoli in italiano) il 3 dicembre al Teatro degli Arcimboldi di Milano: un'occasione per godersi la maestria dell'attor, indimenticabile Visconte di Valmont nel cult Le relazioni pericolose. A fare da colonna sonora, musiche di Bach, Mozart, Beethoven, Chopin, Brahms, Schumann, Debussy, Prokofiev, Ysaye, Kanchelli, Piazzolla e dello stesso Igudesman, mentre a Malkovich - villain professionista in tanti film di Hollywood - spetta il ruolo del critico cattivo.

«Negli ultimi vent'anni - spiega Malkovich - ho lavorato con molti musicisti, tra cui anche il maestro Riccardo Muti. La musica ha sempre svolto un ruolo importante per me, ma il segreto di questo spettacolo sta nel confronto tra questi grandi compositori, oggi sentiti come divinità, e i giudizi aspri, sempre passionali e dunque in qualche modo intellettualmente onesti, di alcuni critici loro contemporanei. L'umorismo del racconta nasce da questo scontro, che talvolta avveniva tra gli stessi musicisti. Tchaikovsky diede del bastardo senza talento a Brahms, i due si odiarono per tuta la vita, con una cocciutaggine quasi commovente». Sebbene racconti di musica, la sfida tra arte e critica coinvolge l'attore Malkovich: «Questo spettacolo - dice - non è una mia vendetta personale contro i critici, assolutamente. Ogni artista, soprattutto i creativi come i musicisti, deve farsi una ragione del fatto che il suo lavoro potrà non essere amato. Non deve esistere uno spazio sicuro, per le opere di un artista. Quanto a me, sappiate che c'è a Istanbul un critico per cui senza John Malkovich il mondo sarebbe migliore. Ne parlo nel finale dello show». E poi c'è Internet. «La rete ha democratizzato la critica - spiega Malkovich - e con essa le cattiverie e l'aggressività. Gli artisti devono accettare questi giudizi, e gettarseli alle spalle. Io, come attore, tengo ai giudizi costruttivi dei miei colleghi e, se lavoro sul set, devo fare tesoro delle critiche del regista».

La critica più cattiva ricevuta? «Ricordo la più folle. Per un mio spettacolo in teatro un critico scrisse: portatevi la vostra colla. Ancora oggi non so cosa intendesse». Tra i molti progetti di Malkovich all'orizzonte, ancora musica: interpreterà il tirannico direttore d'orchestra romeno Sergiu Celibidache. Inoltre, sarà lo stilista Karl Lagerfeld

Federculture informa:Master per la gestione del patrimonio e valorizzazione beni e attività culturali

 Master di I livello in

GESTIONE DEL PATRIMONIO MONDIALE

E VALORIZZAZIONE DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI

A.A. 2021/2022

Modalità di erogazione del Corso: Online e in presenza

 

 

UNINT- Università degli Studi Internazionali di Roma promuove l’edizione 2021/2022 del Master di I Livello in “GESTIONE DEL PATRIMONIO MONDIALE E VALORIZZAZIONE DEI BENI E DELLE ATTIVITÀ CULTURALI

Il master, organizzato in collaborazione con l’Associazione Beni Italiani Patrimonio Mondiale, mira a fornire tutti gli strumenti conoscitivi e gestionali necessari per la promozione e gestione di beni e attività culturali a livello internazionale, creando esperti che possano occupare ruoli di consulenza in istituzioni pubbliche o private.

Il master, che rilascia 60 CFU,  si rivolge a studenti che abbiano conseguito una laurea triennale e/o a professionisti del settore, in possesso di almeno una laurea triennale, che vogliano integrare le loro competenze professionali con quelle offerte dal master.

Il corso ha durata annuale, avrà inizio a gennaio 2022 e terminerà nel mese di ottobre 2022. All’insieme delle attività previste corrisponde un volume complessivo di lavoro di 1.500 ore. Il programma è articolato in sei moduli con verifica finale al termine di ciascun modulo.

Questi i temi dei moduli:

·        Riconoscimento e valorizzazione del patrimonio culturale nazionale e internazionale;

·        Politiche culturali internazionali;

·        L’UNESCO e i suoi programmi;

·        Comunicazione e scambi internazionali: profili geo-culturali;

·        Economia della cultura;

·        Geopolitica del cultural heritage: esperienze, strategie e opportunità professionali

 

Le lezioni si svolgeranno in modalità mista; da lunedì a giovedì, dalle ore 17 alle ore 20 in modalità telematica. Al termine di ogni modulo è previsto un weekend in presenza presso la sede di Roma dell’UNINT in via Cristoforo Colombo, 200 nei seguenti orari: venerdì dalle ore 9 alle ore 13 e dalle ore 14 alle ore 18 e sabato dalle ore 9 alle ore 13.

 

E’ possibile presentare domanda di iscrizione fino al 15 dicembre 2021.

 

Ulteriori informazioni: https://www.unint.eu/it/component/k2/item/8164-master-di-i-livello-gestione-del-patrimonio-mondiale-e-valorizzazione-dei-beni-e-delle-attivita-culturali.html

 

giovedì 25 novembre 2021

L'Operetta che apre la stagione del Regio di Parma avrà un musicista autore della musica? Perchè 'La Repubblica' nel darne notizia neanche lo cita?

 Gran Teatro Reinach è l’operetta in prima esecuzione assoluta commissionata dal Teatro Regio di Parma che debutterà sabato 11 dicembre alle ore 20 e domenica 12 dicembre 2021 alle ore 15.30, con la drammaturgia e i testi di Sergio Basile, la regia di Marco Castagnoli, le scene di Franco Venturi, i costumi di Lorena Marin, le luci di Andrea Borelli, le coreografie di Luisa Baldinetti.

                                                    ( da La Repubblica)


Ma forse una ragione c'è, bastava dirlo. Trattasi di una operetta cosiddetta 'centone', le cui musiche cioè sono tratte dal repertorio più trito dell'operetta. Ma qualcuno le avrà comunque scelte o si sono scelte da sole? ( P.A.)



Questa la locandina

GRAN TEATRO REINACH

Operetta in due atti su libretto di Sergio Basile

Musiche tratte da

La vedova allegra, Cin ci la,
Il paese dei campanelli, Al Cavallino bianco, Scugnizza,
Addio, giovinezza!, Il Paese del sorriso, Ballo al Savoy,
L’acqua cheta, Orphée aux Enfers

Date

Teatro Regio di Parma

sabato 11 dicembre 2021, ore 20.00
domenica 12 dicembre 2021, ore 15.30

Durata complessiva 2 ore circa, compreso un intervallo

Cast

Il SuggeritoreALFONSO ANTONIOZZI
MinoGIUSEPPE VERZICCO
CaterinaELEONORA BUCCARINI
AdalgisaLUCREZIA DREI
NataleVALENTINO BUZZA
AlbaCLAUDIA URRU
LazzaroMANUEL AMATI
AchilleMARCO BUSSI
MercedeCHIARA TIROTTA
Maestro BrustolonMASSIMO FIOCCHI MALASPINA
Attila BottazziFILIPPO LANZI
Maggiore KesslerTHOMAS RIZZOLI

 

Maestro concertatore e direttore
GIANLUCA MARTINENGHI

Arrangiamenti
ALESSANDRO PALUMBO

Drammaturgia e testi
SERGIO BASILE

Regia
MARCO CASTAGNOLI

Scene
FRANCO VENTURI

Costumi
LORENA MARIN

Luci
ANDREA BORELLI

Coreografie
LUISA BALDINETTI

ORCHESTRA RAPSODY

Nuova commissione del Teatro Regio di Parma