Questa mattina , aprendo La Repubblica, non potveamo credere a ciò che ci siamo trovati sotto gli occhi. Una intervista a Pereira, sovrintendente della Scala, fatta nientemeno che dal critico 'anziano' di Repubblica, Angelo Foletto, da quasi un quarto di secolo eletto e rieletto presidente dell'Associazione critici musicali , che mai, prima d'ora, si era sporcato le mani con la cronaca musicale. Il giornale, avendone evidentemente, in altre occasioni registrato netto rifiuto, le ha sempre affidate ai colleghi della 'cronaca'. A lui mai.
Nella pratica quotidiana, il critico presenta e recensisce spettacoli, e lascia che la cronaca, anche quella musicale, come nel caso presente, resti appannaggio di altri. Anche perchè - diciamola tutta - non sono pochi i critici musicali, compresi quelli iscritti all'associazione che Foletto presiede, che collaborano in vario modo con i teatri: presentazioni di opere, articoli sui libretti di sala - gli impieghi più comuni - retribuiti. Perciò...
Questa volta no, occorreva gettarsi nella mischia e Foletto, il temerario, non si è tirato indietro.
E sta dalla parte di Pereira; quantomeno gli fa dire qualunque cosa egli voglia a sua discolpa e per dimostrare che si è comportato, anche in questo caso, correttamente con tutti gli altri attori della Scala ( sindaco, presidente regione, CdA, governo).
E che, se poi qualcuno gli imponesse di rinunciare ai soldi sauditi, perchè sono sporchi di diritti umani calpestati, allora peggio per la Scala. Altri teatri di altri paesi sono pronti ad accogliere membri della monarchia saudita, o dirigenti della loro compagnia petrolifera di bandiera, con le valigie piene di soldi.
Si può andare in Arabia, esportando spettacoli , come in tanti altri paesi che certo mettono i diritti umani sotto i piedi - ve ne sono tanti nel mondo, oltre l'Arabia, a cominciare dalla Cina - ma non si può - anzi non si deve - avere rappresentanti di quei paesi negli organi di gestione delle nostre massime istituzioni . Questo no, per salvare la faccia.
Passi anche questa ipocrisia; ma dove non possiamo accettare ciò che invece Foletto sembra fare, è quando egli passa con leggerezza, senza accorgersi di non considerare la gravità della cosa, sull'altro corno del caso: la nascita di una Accademia della Scala a Riad.
Pereira vuol farci credere che non si è immischiato in questa storia perchè vuole restare alla Scala - chi non vorrebbe al posto suo? - e noi facciamo finta di credergli (tanto comunque resterà ancora dopo la fine del suo mandato) però...non può trasferire il marchio Scala a Riad, dove il teatro milanese avrebbe una 'succursale' o 'sezione staccata' - fatto ancora più grave, secondo noi, dell'ingresso nel CdA della Scala di un membro della famiglia reale.
Nulla vieta che dia il supporto organizzativo scaligero per far nascere in quel paese, che sembra volersi aprire alla cultura ed all'Occidente, una scuola o un'accademia di musica e balletto.
Anche i bambini di un paese di tiranni sanguinari hanno il diritto ad un' istruzione che li metta in condizione, in futuro, di cambiare radicalmente nel senso della civiltà, sorretti dalla cultura, perfino la storia del loro paese. Per far questo, però, non c'è bisogno che a Riad sorga una Accademia della Scala. Basta semplicemente una scuola o un'accademia.
Anche perchè nel caso dovesse esserci in futuro, in quel paese, un avvenimento tanto drammatico da costringere la Scala a fare i bagagli e tornare a Milano, quale giustificazione un futuro sovrintendente darebbe ai giovani che lì studiavano, anche pensando a costruirsi un futuro diverso, professionalmente, e migliore in tutti i sensi? Che la Scala li ha abbandonati?
Se Foletto non lo capisce è davvero grave! Il fatto poi che alla fine della carriera abbia deciso di sporcarsi le mani, gettandosi nell'agone con la maschera del cronista, appare come uno scherzetto al confronto. Uno scherzo di carnevale, giusto il giorno.
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