Non ce l'abbiamo con Antonio Pappano, noi non ne avremmo le ragioni, nè lui, anche in quest'ultima uscita ce ne offre. Ce l'abbiamo, invece, con L'ESPRESSO
Perchè dopo averlo criticato per aver cancellato da settimane ogni traccia che rimandava alla musica, non possiamo accettare che a segnare l'avvio del nuovo corso sia un personaggio trito e ritrito, al quale il 'vecchio' Espresso ha dato spazio tante volte, a firma Riccardo Lenzi ( a proposito, che fa ora nella redazione dell'Espresso?), senza che, per alcune di esse,
vi fosse una vera ragione per tornare a farlo parlare e a parlarne.
L'Espresso non può tornare sul vecchio cavallo di battaglia del direttore italiano amatissimo ed acclamatissimo, a Roma come a Londra, che non sbaglia mai un colpo qualunque cosa faccia o dica (perchè parla molto e sempre a proposito improntando il suo discorso al buon senso ed alla civiltà del vivere civile), e che incarna il cittadino del mondo - questo magari è un tema di grande interesse al presente - e che si è fatto da sè. Potremmo chiosare: non come va vantandosi - IMMERITATAMENTE - Berlusconi che di 'aiutini' dalla politica amica ne ha avuti parecchi, senz'altro in quantità enormemente maggiore di quanti ne ebbe agli inizi della carriera Tony Pappano.
Dunque il 'nuovo' Espresso, torna al 'vecchio' Pappano, non nel senso che alla fine dell'anno compirà sessant'anni, senza che ve ne sia una ragione giornalistica intendiamo, per farlo. Non solo, messo da parte Lenzi, che non abbiamo ragione per rimpiangere, fa scendere in campo un 'graduato' della redazione romana, Sabina Minardi, la quale per far vedere che parte da zero ma va subito in quarta, e volta pagina, comincia la chiacchierata con il maestro, sbagliando i dati sul suo duplice impegno a Londra ( 2002) e a Roma ( 2005). E non il contrario, cara Minardi; Riccardo Lenzi sicuramente non avrebbe commesso un simile errore.
Ma Minardi, come Lenzi, nonostante che li si voglia far apparire come alfieri rispettivamente del 'nuovo' e 'vecchio' Espresso, si sfidano sul medesimo terreno, che è quella della inutilità. L'ennesima intervista a Pappano appare INUTILE non solo a noi che, avendo scritto la prima biografia di Pappano, nel 2007, di lui sappiamo già quasi tutto ciò che da allora ad oggi ci è stato raccontato e ripetuto di lui, senza che vi fosse mai nulla di nuovo veramente che potesse interessarci e che noi non sapessimo. Noi lo conosciamo così bene che, un giorno, essendoci lamentato per una intervista concessa ad un nostro collega che disistimiamo, ci rispose che noi eravamo autorizzati a scrivere e pubblicare, ogni volta che lo avessimo voluto, una intervista a lui, anche senza interpellarlo, perchè avremmo saputo cosa fargli dire su molte questioni.
Questa nuova ennesima intervista a Pappano risulterà INUTILE, oltre che a noi che ne abbiamo qualche ragione, anche al lettore comune dell'Espresso che già tante volte ha sentito dirgli le stesse cose: gli inizi, il primo lavoro a fianco del padre, l'emigrazione in America, dopo quella a Londra, il legame con la terra natia beneventana ecc... ecc...
Ora basta! Nei tantissimi anni dacché svolgiamo questo dannato e pur bel lavoro di cronista, non abbiamo mai disposto od accettato una nuova intervista ad un personaggio noto senza che ve ne fosse una ragione precisa, nuova, insomma senza una 'NOTIZIA', e solo perché famoso. Anche per evitargli di apparire - come spesso sono - banali ed anche noiosi. (Lo stesso discorso andiamo facendo su un pianista di origine persiana, Bahrani, intervistato un giorno sì e l'altro pure, per fargli raccontare sempre la stessa storia di Bach che l'ha salvato. Chi non la conosce ancora, alzi la mano; pubblicheremo una nuova intervista solo per lui. Per tutti gli altri, basta anche con Bahrani!).
Nè una vera notizia può considerarsi quella offertaci poche settimane fa dalla consorella dell'Espresso, cioè da Repubblica, che ha intervistato Pappano per l'ennesima volta, ed ha rivelato - in cambio di cena a base dipesce luculliana?- il nome del ristorante dove Pappano, quand'è a Roma, va molto spesso, e la strada dove da qualche mese ha preso casa, a due passi dall'Auditorium. Chissenefrega! Ma che era l'unica notizia. Era una notizia?
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