Il progetto “Un Organo per Roma” è nato per risolvere una questione che affligge la musica, la cultura, la città di Roma: il suo principale spazio concertistico, il bellissimo Auditorium Parco della Musica - a differenza di ciò che è di prassi in tutto il mondo - è sprovvisto di un organo da concerto.
Non esistono argomentazioni che possano giustificare questa situazione. È una vera anomalia nel contesto dei più importanti siti musicali della Terra, nessun continente escluso. Ed è anche un peccato, poiché l’Auditorium Parco della Musica sarebbe - se completato da questo “arredo” – un vero gioiello, orgoglio di una grande capitale quale è Roma.
Eppure l’organo c’era, eccome, nel primo progetto di Renzo Piano. A richiesta del professor Bruno Cagli, allora al primo mandato come presidente dell’Accademia, elaborammo il prospetto fonico e, dopo alcune riunioni, con la presenza di autorevoli esponenti del Comune di Roma e lo stesso architetto Piano, con il quale discutemmo anche sulla necessità di avvicinare i corpi dello strumento all’orchestra (e l’architetto acconsentì a togliere, di conseguenza, le poche file di poltrone previste dietro al coro), fu approvato e prese le vie formali per arrivare alla gara d’appalto.
Si trattava di uno strumento a quattro tastiere e sei corpi, di poco meno di un centinaio di registri, di impostazione sinfonica, dotato di due consoles: una a finestra e l’altra mobile, da sistemare nell’area dell’orchestra. La decisione di cancellare il progetto-organo provocò grande scandalo, apparvero molti articoli su quotidiani e periodici e si mobilitarono persino organizzazioni come Italia Nostra a cui rispose il nuovo presidente dell’Accademia di Santa Cecilia con la “Lettera aperta. Il progetto organo è solo sospeso” del 5 marzo 2002.
Paolo Isotta sul Corriere della Sera del 22 aprile 2002 a proposito del problema organo, dopo aver elogiato l’Auditorium e la sua acustica, replicò:
«Ma ecco un grave argomento. La “sala grande” sarà priva di organo! E di quell’organo monumentale che chiunque si aspetterebbe in un luogo siffatto. Ciò discenderebbe (uso il condizionale) da arrogante veto del presidente dell’Accademia, Luciano Berio. E sarebbe l’equivalente d’un salotto senza divano. Avrebbe l’enorme inconveniente di escludere dal repertorio quello organistico, il quale non solo è tra i fondamentali della Storia, ma, a partire dalle grandi composizioni “sinfoniche” di Bach e dei suoi predecessori, non ha più legami con la liturgia essendo pura musica “da concerto”. E poi, proprio nella “sala grande” avranno da esser eseguite quelle gigantesche opere sinfonico-corali, dalla Messa di Bach all’Ottava di Mahler, se proprio di questa non si vorrà fare a meno, che l’organo prevedono.»
Dopo qualche anno di attesa, arrivammo a formulare l’idea di una campagna culturale e civile che svegliasse le coscienze di artisti, di intellettuali e di tutte le persone sensibili ai fatti d’arte. Bisognava però creare un elemento che servisse da richiamo permanente. Ed è così che è nato il festival Un Organo per Roma, con il “numero zero” del dicembre 2011.
Già da questo concerto-test si andarono delineando le caratteristiche che oggi connotano la manifestazione. Era necessario rinnovare gli archetipi del concerto organistico tradizionale in pro di un interessamento da parte di un pubblico più vasto di quello degli intenditori che frequentano abitualmente gli eventi legati a questo strumento. Fu così adottato un principio determinante: l’organo come strumento universale, dialogante con altri strumenti - così come accade con il pianoforte, il violino, ecc. - in sintesi, uno strumento come un altro, senza limiti di repertorio, laico e non circoscritto nei vari ghetti in cui fu isolato da noi stessi organisti, come le cantorie oppure gli stretti recinti di un malinteso filologismo. In poche parole: uno strumento da concerto, senza rinnegare per questo l’altra grande vocazione dell’organo, cioè l’accompagnamento della funzione liturgica e soprattutto il suo impiego nelle grandi opere polifoniche. Per la programmazione dei concerti abbiamo interpellato ogni sorta di artisti - e non solo organisti – che hanno dato la loro adesione assolutamente gratuita a questa crociata, sentendosi protagonisti e pionieri di un’idea che alla lunga non può che essere vincente, basandosi essa su un postulato inattaccabile: una grande istituzione concertistica non può rinunciare ad una cospicua fetta della letteratura musicale e sinfonica oppure avvalersi di cloni elettronici per spodestare il consacrato “re degli strumenti”.
Sono sfilati così artisti diversissimi: cantanti, attori, percussionisti (marimba, vibrafono, timpani, tamburi, gong), clarinettisti, sassofonisti, pianisti, cori, compositori (prime esecuzioni assolute), la Banda dei Carabinieri, l’orchestra, tutti dialoganti con un organo desideroso di compagnia. E tutti rigorosamente gratis!
Il pubblico - eterogeneo - continua a ripagare con larghezza quest’impegno: sempre stracolma la gloriosa Sala Accademica del Conservatorio Santa Cecilia, sede del festival, grazie al risvegliato interesse dei Romani per il concerto organistico, interesse da anni assopito grazie a maldestre operazioni musicali. Siamo oggi arrivati alla sesta edizione del festival Un Organo per Roma, che attualmente vede impegnate quattro delle principali istituzioni musicali della Capitale: il Conservatorio Santa Cecilia, la IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti), l’Accademia Filarmonica Romana e da quest’anno l’Associazione Nuova Consonanza assieme all’Associazione Camerata Italica, coordinatrice del progetto.
La sesta edizione della rassegna presenta, accanto ai programmi più innovativi - come l’insolito abbinamento di due contrabbassi con l’organo, in cui abbiamo rivisitato due celebri e divertenti brani del Maestro per eccellenza del contrabbasso, Giovanni Bottesini, vissuto nel XIX secolo -, anche un classico, l’integrale delle sonate di Mendelssohn, che ascolteremo assieme ad alcune sue composizioni per soli e coro. I due appuntamenti dedicati a Mendelssohn si terranno, anziché nella sede storica, la Sala Accademica del Conservatorio Santa Cecilia, nell’antica Basilica dei Santi Cosma e Damiano, sito dall’eccezionale acustica, che ormai da qualche anno ospita alcuni dei nostri eventi. Torna la Banda Musicale dell’Arma dei Carabinieri. E questa volta con alcuni “esperimenti” che potrebbero sembrare azzardati, come l’esecuzione del concerto in sol minore di Poulenc, in cui l’organo dialoga non con gli archi, ma con flauti, clarinetti, ottoni, con tutta una banda! Alla fine dell’Ottocento la musica d’organo nelle chiese, soprattutto in Italia, era contaminata dal melodramma a tal punto che persino nel momento dell’Elevazione non era inusuale ascoltare marcette e arie d’opera. Fu dunque necessario procedere ad una pulitura, una “purificazione” del repertorio liturgico. Così nacque la riforma ceciliana, qui testimoniata dal concerto dedicato all’organo in Italia in cui si ascolteranno brani “riformati” accanto a composizioni contemporanee. “Mi Buenos Aires perdido: la doppia nostalgia” è un omaggio alla memoria di Luis Bacalov, in cui l’organo, assieme ad un vero complesso tipico, si cimenterà con stilemi propri del tango. Oltre alla Suite Baires 1 di Bacalov e ad un brano di Piazzolla, ascolteremo in prima esecuzione assoluta il melologo recitato da Andrea Giordana su testo di Cesare Mazzonis, che dà il titolo alla serata.
Parallelamente al festival abbiamo dato inizio ad una serie di azioni concorrenti a rafforzare l’iniziativa. Una di queste è stata l’incontro con i vertici dell’Accademia di Santa Cecilia per esporre i termini del progetto. Due furono le principali obiezioni che l’allora presidente dell’Accademia (dopo la presidenza Berio, di nuovo il professor Cagli) ci mosse: la prima, il problema del reperimento dei fondi necessari per la costruzione dello strumento e dei lavori di adeguamento della struttura, ormai edificata non prevedendo l’organo; la seconda - e più importante – l’impossibilità di fermare l’attività della sala, appunto, per l’esecuzione dei lavori. A queste obiezioni rispondemmo invitando (nel 2012) due dei più importanti organari europei: Philipp Klais, titolare dell’omonima ditta tedesca, e Wendelin Eberle, titolare della ditta austriaca Rieger, i quali vennero - a loro spese - ad effettuare studi di fattibilità in loco. Naturalmente sapevamo già che avevano risolto in passato situazioni simili e ne abbiamo avuto conferma da quanto espressero dai loro “referti”. Questi studi vanificano ogni obiezione sulla fattibilità dell’impresa: ora è solo questione di volontà. La volontà di risolvere una situazione che da anni clama soluzione. Per questo avremmo bisogno di un sostegno morale da parte di tutti quanti amino l’arte e siano sensibili ai beni culturali, sostegno che potrebbe manifestarsi attraverso dichiarazioni di solidarietà che possano contribuire alla formazione di un dossier atto a rinforzare una già importante pressione mediatica che ormai si fa sentire negli ambienti cittadini. Grazie alla forza di questa idea siamo riusciti a coinvolgere istituzioni di riconosciuta vocazione culturale come la Società Italiana Dante Alighieri con la quale abbiamo organizzato una tavola rotonda nel febbraio 2015 in cui è stato fatto il punto sulla “storia dell’organo al Parco della Musica”, rilanciato il problema e presentato il festival Un Organo per Roma, e l’Accademia Tedesca Villa Massimo, prestigiosa istituzione operante in Roma che appoggia di buon grado la nostra battaglia. Da questa “pressione” ci aspettiamo di cogliere parecchi frutti. Vorremmo coinvolgere più musicisti, artisti ed esponenti della cultura di tutta Italia per diffondere l’idea di un organo rinato: nuovi spazi musicali provvisti di strumenti sempre più importanti, nuove leve di concertisti rispettosi sì della tradizione ma aperti anche a forme musicali di ogni tipo. L’organo è anche questo.
di Giorgio Carnini
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