Il giorno in cui le dissero che la sua carriera era finita e non sarebbe andata da nessuna parte, Katalin Karikò si guardò indietro. Rivide se stessa in fuga dall’Ungheria con pochi soldi cuciti dentro l’orsetto della figlia, gli sgambetti del mondo accademico, la battaglia vinta con il cancro e quell’ossessione scientifica inseguita per cinque anni che nessuno prendeva sul serio: continuare a studiare l’Rna messaggero, il copione genetico che trasporta le istruzioni del Dna alla macchina produttiva delle proteine di ogni cellula. Pensò che dopo tutta quella strada sarebbe stato un peccato fermarsi. Incassò lo scetticismo, tirò dritta e in qualche modo alla fine salvò il mondo. Il Nobel 2023 per la Medicina va a lei, tredicesima donna ad aggiudicarselo, e al collega immunologo americano Drew Weissman. Per avere gettato le basi del vaccino anti Covid.
E forse cambiato la storia dell’umanità. La Fondazione del premio riconosce che senza le loro intuizioni non sarebbe stato possibile fare uscire da un laboratorio quello che nel 2020, con il pianeta nel panico, apparteneva alla sfera dei miracoli. E applaude alla "rapidità senza precedenti" con cui è stata resa disponibile l’arma "contro una delle più grandi minacce alla salute umana dei tempi moderni". Ricapitola Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale Ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri: venti milioni di vite salvate solo nel primo anno di vaccinazione, delle quali 150mila in Italia, e mortalità praticamente azzerata fra gli operatori sanitari. La rivincita della ricerca, una strada aperta sul versante della prevenzione e della lotta contro i tumori, il secondo vaccino a prendere il Nobel dopo quello a Max Theiler nel 1951 contro la febbre gialla.
«Solo propaganda politica – è il commento di Barbara Balanzoni e Mariano Amici, dalla prima ora contro i vaccini anti Covid – Le invenzioni sono neutre, dipende dall’uso che se ne fa. Questa è una presa in giro alla medicina. Uno schiaffo in faccia". Sul fronte opposto esultano i virologi da combattimento. Roberto Burioni: "Il Nobel è la migliore risposta a chi avvelena l’opinione pubblica con pericolose bugie sui vaccini". Matteo Bassetti: "Questo premio, che speravo arrivasse già nel 2022, conferma la vittoria della scienza sul Covid e mette definitivamente a tacere i ciarlatani di casa nostra e di tutto il mondo". Fabrizio Pregliasco: "La migliore risposta a tante bufale su farmaci che non sono usciti dal cappello di un prestigiatore ma da anni di studio". Nel video dell’Università della Pennsylvania, dove a 68 anni non è più una profuga eccentrica ma una regina, la scienziata Kairikò ricorda la mamma, ostinata quanto lei. Sapeva che prima o poi sarebbe successo: "Ogni ottobre mi ripeteva: alla radio dicono che il Nobel tocca a te, è giusto, lavori così tanto. Le rispondevo ma no, non vincerò mai. Tanti scienziati lavorano allo stesso modo"...
Nessun commento:
Posta un commento