Bruciando i tempi, e con un accento polemico su un 'feudo' tolto alla sinistra, è stato un parlamentare veneziano a rivelare che ci sarà un nuovo presidente della Biennale di Venezia, designato oggi dal ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano.
Si tratta di Pietrangelo Buttafuoco, il cui nome era già stato accostato alla storica e internazionale istituzione culturale, che sostituirà Roberto Cicutto, alla scadenza naturale del mandato quadriennale.
"È stato infranto un altro tetto di cristallo", ha commentato Speranzon, vicecapogruppo vicario dei senatori di Fdi, aggiungendo che "la Fondazione La Biennale è stata considerata dalla sinistra un feudo in cui collocare amici e accoliti. Buttafuoco, finalmente, afferma un cambio di passo che il governo Meloni vuole imprimere in ogni sede culturale e sociale della nazione: solo personalità scelte per lo spessore, la competenza e l'autorevolezza". Dal ministero della Cultura è stato subito precisato che Cicutto resterà in carica fino al termine del mandato, precisamente il 2 marzo 2024, "al fine di garantire la necessaria continuità istituzionale e un graduale e ordinato passaggio di consegne". La proposta di nomina di Buttafuoco prevede infatti il parere consultivo delle commissioni Cultura di Camera e Senato, che poi informeranno il decreto di nomina ministeriale. A Venezia i commenti sono stati improntati ai complimenti per il nuovo futuro presidente e al ringraziamento all'attuale: il presidente del Veneto Luca Zaia sottolinea che la Biennale è "una macchina imbattibile nell'anticipare tutte le novità e innovazioni nel campo culturale internazionale"; il sindaco Luigi Brugnaro ricorda gli "importanti progetti che hanno contribuito a fare di Venezia, nell'accezione metropolitana, un luogo proiettato verso il futuro, con particolare attenzione alle giovani generazioni". Per il presidente della commissione Cultura alla Camera, Federico Mollicone (Fdi), la nomina di Buttafuoco conta perché "la Biennale non è solo il cinema, ma anche teatro, danza, architettura. Quindi ci voleva una visione di insieme e lui sicuramente la ha". Per Irene Manzi, capogruppo Pd in commissione "oggi la destra ha fatto un ulteriore passo in avanti nella concezione dello stato come cosa di proprietà. È davvero preoccupante l'assalto della destra alle istituzioni culturali del Paese".
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