I passi falsi di carattere artistico nei quali è incappato all’Arena di Verona a fine agosto aprono nel controverso finale di carriera di Plácido Domingo un nuovo capitolo. Forse, quello conclusivo. Vicino ormai agli 82 anni (li compirà il 21 gennaio 2023), il cantante madrileno, uno degli artisti che possono dire di avere fatto la storia delle esecuzioni operistiche nel secondo Novecento, rischia di vedere compromessa anche la sua ultima immagine, quella di fenomeno del canto sul quale il passare del tempo non ha effetto alcuno. Un “Highlander” della lirica, come pochissimi altri nella storia. La cui leggenda, paradossalmente, si allargherebbe se trovassero conferma i dubbi talora avanzati – anche da parte di studiosi autorevoli – sulla sua data “ufficiale” di nascita, che sarebbe da retrocedere di qualche anno.
Il declino artistico del divo è tema ormai sdoganato (ma non in Italia)
A giudicare dalle reazioni, le due recenti serate areniane hanno incrinato forse irreparabilmente questa favola. Mediaticamente, il tema del declino artistico di Plácido Domingo appare ormai sdoganato. Anche nella parte del Pianeta che finora non ha cessato di aprirgli le porte dei teatri e di acclamarlo nonostante i pesanti incidenti di percorso extra-musicali – leggi le numerose e circostanziate accuse di “comportamenti sessualmente inappropriati” – che dal 2019 hanno portato al suo bando dai palcoscenici americani. Ancora fino a pochi mesi fa, in Italia il discorso critico su Domingo appariva se non sempre entusiasta, quanto meno evasivo. Il suo passaggio dai ruoli tenorili (che ne avevano fatto la fama per mezzo secolo) a quelli baritonali aveva sì sollevato a partire dal 2009 sparse perplessità e qualche riserva, ma non tali da incrinare il giudizio complessivo sul divo.
Il flop delle due serate all’Arena
Il mutamento di narrazione è parso evidente dopo la Verdi Opera Night del 25 agosto in Arena. Lo spettacolo consisteva nell’esecuzione di tre atti di opere verdiane (Aida, Don Carlo e Macbeth). La prova di Domingo, che verso la fine ha dato forfait per un dichiarato abbassamento di voce, è stata recisamente bocciata da molti addetti ai lavori. «La voce non esiste più», ha chiosato Alessandro Cammarano, direttore del magazine on line Le Salon Musical, in un articolo intitolato “Quel che resta di Domingo”. Ventiquattr’ore più tardi, il musicista madrileno ha diretto la Turandot di Puccini, secondo il format spesso adottato in Arena: un’esibizione come cantante e una come direttore. Uno dei critici presenti l’ha definita la peggiore serata del festival 2022, ma bastano le cronache a dare il senso di un evento sconcertante, salvato solo dalla professionalità dei cantanti, dell’orchestra e del coro, che hanno mandato in porto lo spettacolo nonostante la guida incerta e confusa di chi stava sul podio. E le cronache raccontano che alla fine l’orchestra, per protesta, ha rifiutato l’invito di Domingo ad alzarsi per ricevere l’applauso del pubblico. Sono seguiti adirato comunicato sindacale della Cgil e prese di posizione di altre sigle sindacali, con ampio risalto mediatico. L’attenzione è stata posta specialmente sul già annunciato ingaggio di Domingo in Arena per il 2023. La proposta di “mediazione” della Cgil, viste le controversie non solo artistiche sul personaggio, appare quanto meno singolare. L’idea sarebbe che se proprio non si può farne a meno, la serata-Domingo diventi un “tributo” nei suoi confronti, ma senza il suo personale intervento come cantante e/o direttore. Viene da chiedersi se il cantante accetterebbe una simile soluzione.
La sovrintendente Gasdia fedelissima del mito-Domingo nell’occhio del ciclone
Per Damiano Tommasi, neo-eletto sindaco di centrosinistra di Verona e in quanto tale presidente del Consiglio di indirizzo della Fondazione Arena, è la prima gatta da pelare in un “asset” strategico come quello del festival lirico, che garantisce ogni estate un indotto superiore al mezzo miliardo di euro (parlando della situazione pre-pandemia). La sovrintendente Cecilia Gasdia, vicina a Fratelli d’Italia, ormai prossima alla scadenza del suo incarico quinquennale (è stata nominata da Franceschini nel gennaio 2018, su indicazione dell’allora sindaco di destra Federico Sboarina), rischia di finire nell’occhio del ciclone per la sua irremovibile fedeltà al mito-Domingo, ormai a rischio di bassa qualità anche se finora la risposta del pubblico è sempre stata rilevante. Una fedeltà che ha visto il cantante spagnolo diventare negli ultimi anni, al netto della pandemia, una presenza fissa del festival estivo, mentre in precedenza le sue partecipazioni, dopo lo storico debutto del 1969 proprio in Turandot, erano molto meno frequenti.
Gli scandali sessuali e la chiusura del mondo operistico Usa
Domingo era una delle stelle in Arena anche nell’estate del 2019, quando infuriava lo scandalo per i suoi presunti “comportamenti sessualmente inappropriati” e con “abuso di potere” nei confronti di numerose cantanti. Una vicenda rispetto alla quale resta agli atti il risultato di un’inchiesta condotta dal sindacato American Guild of Musical Artists, secondo la quale 27 persone hanno confermato le accuse nei confronti del cantante. Che prima aveva ammesso, scusandosi, poi aveva negato, e comunque aveva dovuto subire la drastica chiusura nei suoi confronti da parte del mondo operistico americano, dov’era in posizione preminente specialmente a Washington e a Los Angeles. A Verona, Gasdia aveva definito «chiacchiere» queste accuse. E tale posizione era ed è comune fra le istituzioni musicali italiane: nel Belpaese il suo glamour è sempre andato oltre le questioni del cosiddetto Me too, con applauditissime presenze in numerosi e importanti cartelloni, Scala inclusa.
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