Lo zar è nudo. Il grido ’nie vojne’, “no alla guerra” risuona dall’Arbat nel cuore di Mosca a San Pietroburgo ed Ekaterinburg fino alle lontane città siberiane. Il movimento per la democrazia Vesna (Primavera) e i sostenitori di Alexey Navalny sono scesi in piazza e in meno di un giorno hanno raccolto oltre 280mila firme per una petizione online contro la mobilitazione parziale decisa dal Cremlino per il conflitto in Ucraina. In serata l’ong Ovd-Info parlava di proteste in 39 centri, tutte puntualmente represse con decisione – cariche e fermi – dalle Omon, le truppe antisommossa del ministero dell’Interno.
Il bilancio stilato da Ovd-Info alle 22 ora di Mosca era di 1.233 fermi in tutto il Paese. La stima degli attivisti è che stamane si superi di molto quota 2 mila. Sono manifestazioni non estese, ma diffuse che segnano la fine di un’illusione. Il discorso mattutino di Putin è stato un pugno allo stomaco dei russi che sinora guardavano l’operazione militare speciale in tv come fosse un reality. E la reazione di molti è stata quella di vendere azioni (la borsa ha perso ieri il 3% dopo l’8,7% del giorno prima) per recuperare contante e cercare di far fuggire i familiari in età di coscrizione. Non a caso i voli aerei sono prenotati al completo per i giorni a seguire verso quelle destinazioni che non richiedono visto, Turchia, Georgia, Armenia, Eau, Qatar, Egitto, Serbia. I prezzi dei biglietti sono triplicati e oltre. Il più economico Mosca-Istanbul per domenica costa 2.800 euro. Uno per Belgrado domani vale 2.900 euro in economy. E ieri si sono toccati per Dubai picchi di 10mila euro per un viaggio di sola andata.
"I russi erano tutto sommati favorevoli all’espansione imperialista vista dal divano di casa – osserva la giornalista e analista di affari russi per lo IAI, Anna Zafesova –, ma adesso cambiano le cose. Per il momento la risposta non è tanto con la protesta di piazza quanto con la fuga all’estero o la ricerca spasmodica di trucchi per evitare la coscrizione: comprando certificati medici di esenzione e in futuro magari dando tangenti ai militari". "Una delle ricerche più popolari su Google oggi in Russia – prosegue Zafesova – era ’come rompersi un braccio’. E su Internet circolano liste dei paesi dove scappare".
Sui social sono girate anche immagini di colonne di auto – di 35 chilometri secondo il deputato finlandese Mikko Kärnä che l’ha rilanciate – ai confini con la Finlandia. Ma da Helsinki frenano e la guardia di frontiera, con il portavoce Taneli Repo, parla di file sì, ma normali. "Il grosso del paese – osserva il professor Aldo Ferrari, docente a Cà Foscari e responsabile Russia e Caucaso per l’Ispi – era ancora grossomodo con Putin, perché la guerra incideva relativamente poco sulla società russa. Adesso le cose cambiano, anche perchè la coscrizione è un segnale che la guerra non sta andando bene". "In questa partita – prosegue Ferrari – Putin ha alzato l’asticella e sta giocandosi tutto. Rischia, ma da qui a una protesta aperta la strada è lunga. Al momento questa prospettiva é possibile, anche se lontana".
Navalny, storico oppositore di Putin, ha parlato di "enorme tragedia e ha invitato a "qualsiasi forma di protesta". "Navalny ha perfettamente ragione – osserva Zafesova – ma la società russa, ad ogni giro di vite del putinismo, si è detta che la cosa non la riguardava e che era meglio dedicarsi alla vita privata. I russi hanno accettato di perdere la libertà di stampa, quella di voto, quella di manifestazione. Credevano di potersi isolare, adesso, però, la politica irrompe in casa loro, sfondando la porta e chiedendo di arruolare figli e mariti. Fare qualcosa non è però facile in una dittatura, soprattutto è difficile rendere la protesta incisiva".
"Non credo ci sano ancora le basi – osserva la professoressa Mara Morini dell’università di Genova – per parlare di una protesta di massa contro Putin, una protesta che possa destabilizzarne la figura dello zar. Manifestazioni ci sono e ci saranno, ma non su larga scala. Il contesto repressivo è compatto". "Una eventuale protesta – osserva Zafesova – potrebbe pero scoppiare se la campagna militare continuasse ad andare male e il sacrificio della popolazione fosse vano. Che cosa possa succedere in una guerra persa la Russia del resto lo sa dal 1917. Ma anche allora ci vollero anni e un partito bolscevico. Visto come si sono comportati sinora i russi con Putin, temo che non sia credibile una protesta tale da mettere a rischio il Cremlino. Discorso a parte quello di un colpo di stato, che rimane una possibilità fragile anche se non impossibile".
Ma non è detto che sia una buona notizia. "L’eventualità che in futuro, se la guerra dovesse continuare ad andare male, qualcuno all’interno del sistema di potere russo agisca per sostituire Putin con la forza – sottolinea la professoressa Morini – è possibile. Ma attenzione, una mossa del genere proverrebbe dalle forze nazionaliste. E il post Putin non sarebbe più democratico, ma l’opposto. Potremmo cascare dalla padella nella brace".
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