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«Nel corso di dieci anni sono cambiate la abitudini dei consumatori e delle imprese – sottolinea il segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni ricordando le battaglie fatte per "liberare" la domenica nel 2011 –. Faremo i sacrifici necessari e ci organizzeremo in modo diverso come abbiamo fatto durante la pandemia. Dire "chiudiamo tutto" la domenica oggi sarebbe anacronistico. Bisogna agire in modo equilibrato per evitare danni alle imprese e all’occupazione. Se ci saranno delle restrizioni vanno valutate in modo oggettivo». Fare delle razionalizzazioni sarà inevitabile secondo Bussoni, ma con chiusure domenicali mirate e una riduzione degli orari. Sulla stessa lunghezza d’onda Mario Resca presidente di Confimprese, associazione che unisce 450 brand commerciali. «Il sabato e la domenica sono i 2 giorni di punta in cui si realizza il 45% del fatturato settimanale. Se saremo costretti, proponiamo l’apertura dei negozi alle 11 della domenica e la chiusura anticipata».

Roberto Zoia, presidente del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali esordisce con una provocazione. «Se si tratta di ridurre i consumi perché non chiudere il martedì? La domenica vale il 15% del fatturato settimanale. Io Penso che il commercio debba avere la stessa dignità dell’industria, chiediamo che sia riconosciuto come settore energivoro e che non venga discriminato. Molte Diverse strutture sono pronte ad installare pannelli fotovoltaici e a trasformarci in comunità energetiche ma il regolamento di attuazione è fermo perché ci sono a causa delle elezioni».

Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione (che associa i supermercati) aggiunge una motivazione tecnica: risparmiare energia un giorno a settimana non si può. «Alcuni consumi di energia sono sostanzialmente incomprimibili, come tutto ciò che riguarda la catena del freddo e il mantenimento delle condizioni ambientali che salvaguardano i prodotti alimentari deperibili, che pesano per quasi il 50% delle vendite delle nostre insegne, assicurando sicurezza ed evitando sprechi».