Negozi e centri commerciali chiusi la domenica in nome dell’austerity. La sospensione per un giorno della corsa agli acquisti sulla carta è una strada sostenibile per centrare l’obiettivo europeo del taglio dei consumi. Una razionalizzazione simile a quella ipotizzata per le scuole superiori con l’introduzione della settimana corta obbligatoria. L’ipotesi di una limitazione alla liberalizzazione delle aperture era stata al centro del dibattito politico nel 2019. Adesso torna d’attualità, anche nell’ottica di un recupero del "tempo per la famiglia" e di una tutela delle lavoratrici (la stragrande maggioranza degli occupati nel settore). Le bollette sono aumentate del 122% (dati Confcommercio), ieri a Venezia alcuni commercianti le hanno bruciate in piazza. La paura di non superare l’inverno per molti negozianti è reale.
«Nel corso di dieci anni sono cambiate la abitudini dei consumatori e delle imprese – sottolinea il segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni ricordando le battaglie fatte per "liberare" la domenica nel 2011 –. Faremo i sacrifici necessari e ci organizzeremo in modo diverso come abbiamo fatto durante la pandemia. Dire "chiudiamo tutto" la domenica oggi sarebbe anacronistico. Bisogna agire in modo equilibrato per evitare danni alle imprese e all’occupazione. Se ci saranno delle restrizioni vanno valutate in modo oggettivo». Fare delle razionalizzazioni sarà inevitabile secondo Bussoni, ma con chiusure domenicali mirate e una riduzione degli orari. Sulla stessa lunghezza d’onda Mario Resca presidente di Confimprese, associazione che unisce 450 brand commerciali. «Il sabato e la domenica sono i 2 giorni di punta in cui si realizza il 45% del fatturato settimanale. Se saremo costretti, proponiamo l’apertura dei negozi alle 11 della domenica e la chiusura anticipata».
Roberto Zoia, presidente del Consiglio Nazionale dei Centri Commerciali esordisce con una provocazione. «Se si tratta di ridurre i consumi perché non chiudere il martedì? La domenica vale il 15% del fatturato settimanale. Io Penso che il commercio debba avere la stessa dignità dell’industria, chiediamo che sia riconosciuto come settore energivoro e che non venga discriminato. Molte Diverse strutture sono pronte ad installare pannelli fotovoltaici e a trasformarci in comunità energetiche ma il regolamento di attuazione è fermo perché ci sono a causa delle elezioni».
Alberto Frausin, presidente di Federdistribuzione (che associa i supermercati) aggiunge una motivazione tecnica: risparmiare energia un giorno a settimana non si può. «Alcuni consumi di energia sono sostanzialmente incomprimibili, come tutto ciò che riguarda la catena del freddo e il mantenimento delle condizioni ambientali che salvaguardano i prodotti alimentari deperibili, che pesano per quasi il 50% delle vendite delle nostre insegne, assicurando sicurezza ed evitando sprechi».
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