da IL SOLE 24 ORE
Sembra che si sia calato lui in persona sotto il tombino davanti allo stabile occupato da 400 persone, in maggioranza migranti, nel quartiere Esquilino di Roma per staccare i sigilli ai contatori e riaccendere la luce staccata dallo scorso 6 maggio. E lo ha fatto, a nome del Vaticano, prendendosi la piena responsabilità dell'azione con Prefettura e Acea. Si chiama Konrad Krajewski, «Don Corrado» come piace farsi chiamare, ed è l’elemosiniere di Papa Francesco che lo ha creato cardinale nel 2018 della Diaconia di Santa Maria Immacolata all'Esquilino. Krajewski non è nuovo a iniziative clamorose, come nel 2017 quando rinunciò al suo appartamento personale per ospitare profughi e migranti.
Il suo intervento non poteva ovviamente passare inosservato. E oltre a scatenare le reazioni dei social, ha anche incassato la reazione quasi scontata del vice premier Matteo Salvini che durante un comizio elettorale vicino Cuneo è intervenuto sul fatto: «Conto che l'elemosiniere del Papa, intervenuto per riattaccare la corrente in un palazzo occupato di Roma, paghi anche i 300mila euro di bollette arretrate. E poi ha aggiunto rivolgendosi ai presenti: «Penso che voi tutti, facendo sacrifici le bollette le pagate. Se qualcuno è in grado di pagare le bollette degli italiani in difficoltà siamo felici...».
«Sono intervenuto personalmente, ieri sera, per riattaccare i contatori. È stato un gesto disperato. C’erano oltre 400 persone senza corrente, con famiglie, bambini, senza neanche la possibilità di far funzionare i frigoriferi», ha spiegato Konrad Krajewski che come elomosiniere del Papa ha il compito di svolgere «a nome del Santo Padre» il servizio di assistenza verso i poveri dipendendo direttamente da lui. Va considerata, quindi, una longa manus del Papa. «Non l'ho fatto perché sono ubriaco», ha aggiunto il cardinale che ha risposto all'appello di due giorni fa degli occupanti - 420 persone (tra cui 98 minorenni) - dello stabile ex Inpdap di via Santa Croce di Gerusalemme 55, nella zona dell’Esquilino a Roma, occupato dal 2013. La società di fornitura di energia, Hera, ha staccato la corrente per morosità, per un debito accumulato di oltre 300mila euro a cui il Campidoglio, sembra, non farà fronte.
Fu papa Francesco, appena asceso al Soglio di Pietro, ad incaricare proprio Krajewski di occuparsi, da Elemosiniere pontificio, dei bisognosi che vivono giorno e notte lungo le strade intorno al Vaticano, ordinandogli di«fare in modo che la cassa della Elemosineria sia sempre vuota perchè tutte le offerte che vi arrivano dal mondo intero devono essere subito utilizzate per aiutare i poveri». E fu così che nel giro di pochi mesi, sulla spinta del giovane monsignore polacco, sotto le colonne di Piazza S.Pietro è stato realizzato un ambulatorio medico, una barberia con servizio docce e cambio di biancheria e vestiti, servizi per la cura della persona attivati gratuitamente da medici, infermieri, barbieri, sarti che a turno si prendono cura dei poveri del Papa. Nel 2017 lo stesso Krajewski, spostandosi negli uffici, ha deciso di lasciare il suo appartamento per farlo usare ai profughi e ai senzatetto che vivono nei pressi del Vaticano.
«Passo veloce, sorriso perenne, sguardo fisso sugli ultimi. Don Corrado, come ama farsi chiamare monsignor Konrad Krajewski, Elemosiniere del Papa, è così: un uomo senza filtri aperto nell'accudire gli altri e deciso nel modo di fare le cose», raccontava in un suo ritratto la rivista «il mio Papa» a febbraio dell’anno scorso. Nato a Lodz, la terza città della Polonia, il 25 novembre 1963, don Corrado diventa sacerdote a 25 anni dopo la laurea in teologia presso l'università di Lublino. Le sue origini polacche gli fanno incrociare giovanissimo Papa Giovanni Paolo II, anche lui polacco. È nel giugno del 1987, durante il terzo viaggio di Wojtyla in Polonia, che questo giovane non ancora sacerdote e dai capelli neri e folti mostra le sue abilità nell'organizzare l'aspetto liturgico della visita del Papa a Lodz. Da lì a poco viene chiamato a Roma nell’Ufficio per le celebrazioni liturgiche. Ed è stato lui uno dei pochi ammessi nella camera di Giovanni Paolo II, che lui considerava già santo, al momento della morte, a vestirlo insieme a tre infermieri.
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