venerdì 24 maggio 2019
REBUS ITALIA ( AGI)
“Il limite massimo dei due mandati non è modificabile, abbiamo sempre detto che la politica non è un mestiere”. Così si esprime Davide Casaleggio, figlio ed erede di Gianroberto, fondatore con Beppe Grillo e gran guru del Movimento 5 Stelle scomparso nell’aprile del 2016, in un passaggio – quello principale – di un ritratto di ben due pagine dedicato dall’edizione cartacea del parigino Le Monde al Movimento grillino e all’Invenzione del populismo 2.0” in Italia, terza puntata d’una serie di sei dedicata all’Europa e alla “democrazia in crisi” alla vigilia del voto di domenica prossima. Passaggio che il quotidiano francese legge chiaramente come un messaggio diretto “destinato a Luigi Di Maio, che ha espresso la volontà di far saltare una limitazione che lo riguarderà in prima persona alla fine dell’attuale legislatura”.
Articolo ripreso anche dall’edizione cartacea de La Stampa di Torino, che così commenta: “Questa fase di caotica rissa quotidiana tra Luigi Di Maio e Matteo Salvini, ma non lo è. Sullo sfondo del conflitto sceneggiato a favore delle urne c’è sempre, sia nella Lega sia nel M5S, il retropensiero della regola aurea dei due mandati che rende i 5 Stelle azzoppati nella competizione con i leghisti”.
Per il quotidiano sabaudo, questa discrepanza sui mandati tra 5Stelle e Lega “è l’arma in più di Salvini”, ovvero quella che “potrebbe usare per scatenare la crisi, o per scongiurarla costringendo i grillini a subire la sua agenda. A seconda di quale sarà la convenienza. È un margine di vantaggio indiscutibile, che Di Maio ha ben presente. E nei calcoli che il capo politico sta facendo da mesi, in uno scenario fosco di probabile rottura della maggioranza, è un fattore che viene tenuto in grande considerazione”.
Nel passaggio del colloquio con Le Monde, Casaleggio ricorda anche che Di Maio “dovrà fare i conti con lui dopo la sicura sconfitta elettorale che si profila” mentre il quotidiano sottolinea “Casaleggio vuole poter nominare il successore di Di Maio mentre questi tenta di emanciparsi e di perpetuare il proprio potere”. Parole dure, se confermate, nella versione che ne dà il quotidiano parigino.
Osserva oggi La Stampa: “Quando dai vertici del M5S, a fine 2018, filtrò l’indiscrezione che si stava ragionando su possibili deroghe che avrebbero frantumato il divieto di andare oltre i due mandati, il ragionamento del leader era proprio questo: ‘Se Salvini vorrà capitalizzare il suo consenso lo farà sapendo che noi potremmo non avere la possibilità di ricandidarci e quindi che, a differenza loro, vogliamo restare a tutti i costi al governo’”.
Chiosa ancora il giornale sabaudo: “È, come si diceva, un punto debole, perché agli occhi dei grillini consegna a Salvini un potere di ricatto politico. Se il leghista decidesse di andare al voto sarebbe la decapitazione dei vertici M5S al governo. E ricordare, proprio oggi, a tre giorni dal voto, come ha fatto Casaleggio, che questa regola c’è ed è intoccabile, non è una mossa che avvantaggia Di Maio. Anzi”.
E in effetti, per il Movimento potrebbe essere un trauma. Ottantatre risultano all’Agi essere infatti, tra deputati e senatori, gli esponenti grillini già al secondo mandato che - secondo le regole e lo statuto del Movimento, che ora Di Maio vorrebbe cambiare -, non potranno ricandidarsi in parlamento su un plafond di 2.868 “politici eletti nel Movimento 5 stelle o nominati nelle giunte comunali” come si può leggere sul sito Open Polis secondo una ricerca che porta la data del 19 marzo scorso. Che azzarda un’ipotesi: “Eliminare la regola dei due andati può aiutare il M5S a formare una classe dirigente”. Ma se le regole cambiassero potrebbero correre invece per le elezioni locali. E tra questi ci sono figure di spicco del Movimento. Vediamole.
Cinquantasei sono pertanto i deputati già al secondo mandato che dovrebbero fare ritorno a casa lasciando lo scranno di Montecitorio. Tra i nomi più noti, il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, il viceministro per l’Economia Laura Castelli, lo stesso Luigi Di Maio, Manlio Di Stefano, sottosegretario agli Esteri, il Presidente della Camera Roberto Fico, il ministro senza Portafoglio Riccardo Fraccaro, la ministra della Salute Giulia Grillo, e poi Carla Ruocco, Giulia Sarti, Carlo Sibilia, sottosegretario agli Interni.
Ventisette sono invece i senatori che dovrebbero lasciare Palazzo Madama. Tra i nomi più in vista, il sottosegretario Vito Crimi, Elena Fattori, Michele Giarrusso, Elio Lanutti, la ministra per il Sud Barbara Lezzi, Paola Nugnes, la vicepresidente del Senato Paola Taverna, il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli.
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In Italia c'è un Governo che governa , e c'è anche un Governo che fa opposizione al Governo che governa, ma è lo stesso Governo. Fra le due forze che lo sostengono c'è intesa su tutto ciò che è scritto nel contratto, e dissenso su qualunque altra cosa, e anche sugli stessi punti sottoscritti col contratto.
Nel Governo che governa attualmente c'è un Premier che non è un Premier, per quanti sforzi faccia per affermare il contrario (e in queste ultime settimane turbolente più delle altre, lo ha fatto anche molto di frequente); mentre ci sono due vice Premier, che vice Premier di fatto non sono, in quanto essi rappresentano il Premier uno e bino, e tengono i fili del premier facente funzione in caso di rappresentanza.
Nelle ultime settimane con troppa evidenza uno dei due burattinai ha mollato i fili con i quali muoveva il burattino-Premier, sostenendo che non si muoveva in equilibrio fra i due manipolatori.
Uno dei due vice Premier, facente funzione di Premier, è l'uomo solo al comando del partito e del governo; non solo; lui si sente perfino l'uomo solo al comando dell' Italia: chiude porti ed aeroporti, sbarra strade; l'altro, anch'egli facente funzione di Premier come il suo compagno di contratto, è vice Premier per finta, perchè c'è qualcun altro che lo tiene per la collottola, esattamente come lui ed il suo socio tengono il Premier.
E' un 'grande fratello' extra televisivo, che prima agiva in coppia con uncomico, e che ora fa e disfa tutto da solo: comanda percepisce fondi nomina e dimette vice Premier ( P.A.)
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