L'agenzia incaricata dal CdA scaligero di presentare una rosa di candidati alla successione di Pereira, il cui mandato scade nel 2020, sembra in alto mare. Doveva dare conto al CdA entro maggio, ma sembra che l'appuntamento sarà posticipato a giugno.
E dopo che il CdA ha approvato il cartellone della prossima stagione - che verrà presentato ufficialmente alla stampa entro breve - sembra entrato nella rosa anche un altro candidato, oltre quelli presenti da settimane, fra gli italiani - per i quali, per semplice ragione di passaporto tifano Micheli e Daverio, ambedue fan del salviniano 'prima gli italiani' - oltre Ortombina, candidato della prima ora, come anche Fuortes - per i miracoli che avrebbe fatto all'Opera di Roma, tanti ad eccezione del più importante, quello economico mancato, e Fonsatti - da poco nella rosa, proviene da Torino, dove è a capo dello Stabile.
Perchè non si fa mai il nome di Escobar, ora al Piccolo di Milano, che dai tempi di Carlo Fontana, mirava alla Scala, e che è anche passato dall'Opera di Roma, dove ha per qualche tempo amministrato la fondazione lirica - cosa che Fonsatti, amministratore di uno Stabile, non sa dove sta di casa?
Buon ultimo, in fatto di tempo, torna in pista anche Chiarot, ora a Firenze e prima a Venezia, già candidato alla Scala per il dopo Lissner, e candidato, assieme a Fuortes, per qualunque incarico nelle Fondazioni liriche, per due ragioni: innanzitutto,ambedue sanno poco, anzi niente di musica (dopo Lissner e Pereira, che sapevano sì di musica ma erano stranieri! ) - quindi hanno bisogno di un badante artistico, che vuol dire una poltrona in più per saziare gli appetiti dei politici che li sostengono; e poi anche perché accomunati dal fatto che, spediti a Roma e Firenze per colmare i profondi buchi di bilancio, verrebbero prelevati dalle rispettive sovrintendenze, per essere insediati alla Scala, avendo sul proprio petto la medaglia per l'obiettivo mancato.
E non è affare da poco, se anche a Pereira, che ha fama di saper trovare i soldi dove stanno e di farseli dare, è stato rimproverato dal CdA di aver sovradimensionato le entrate necessarie per mettere in atto il prossimo cartellone.
Quali e quante speranze ha Pereira di vedesi prolungato per un anno o addirittura un biennio l'incarico? Ne ha se si considera che dovrebbe lasciare contemporaneamente l'incarico anche la Di Freda, colonna portante della 'macchina' Scala e che Chailly terminerà il suo mandato nel 2021. Dunque nel giro di un anno, le caselle più importanti del massimo teatro italiano sarebbero vuote. Può la Scala correre il rischio di un vuoto effettivo di potere in così breve spazio di tempo? Non sarebbe più sensato prolungare l'incarico a Pereira, e farlo terminare assieme a quello di Chailly, pensando innanzitutto alla sostituzione della Di Freda che è una specie di ministro delle finanze nel governo scaligero?
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